Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24733 del 04/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24733 Anno 2013
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: GIACALONE GIOVANNI

CC

ORDINANZA
sul ricorso 25472-2012 proposto da:
TAGLIAVENTO FLORIANO TGLFRN55E07E012B, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA BRUXELLES 59, presso lo
studio dell’avvocato ABBATI BUSSETTI GIORGIO, che lo
rappresenta e difende giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

2013
8024

ROSSI FRANCA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato
SINOPOLI VINCENZO, che la rappresenta e difende
giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n.

2739/2012 della CORTE

v:T C(-

Data pubblicazione: 04/11/2013

1.

D’APPELLO di ROMA del 4/05/2012, depositata il
22/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 10/10/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. GIOVANNI GIACALONE;

del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE
PRATIS che conferma la relazione.

udito l’Avvocato Abbati Bussetti Giorgio difensore

47) R. G. n. 25427/2012
IN FATTO E IN DIRITTO
Nella causa indicata in premessa. é stata depositata la seguente relazione:
“I. — La sentenza impugnata (Corte d’Appello Roma, 22/05/2012) ha, per
quanto qui rileva, dichiarato inammissibile l’appello proposto da Floriano
Tagliavento avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma, che aveva

per il risarcimento dei danni subiti dallo stesso che, avendo ricevuto incarico
di curare le pratiche burocratiche necessarie a consentire l’apertura di un
esercizio commerciale da parte dell’attore, si era visto negare tale
autorizzazione per l’accertata presentazione, al Comune di Roma, di un
falso certificato di iscrizione al R.E.C.. La Corte Territoriale dichiarava
l’inammissibilità dell’appello perché non rinvenibili specifici motivi di
impugnativa delle motivazioni contenute nella sentenza di primo grado, così
violando l’art. 342 c.p.c., in quanto il Tagliavento indicava i motivi di
impugnazione elencandoli con una serie di punti di svolgimento contenenti
dei semplici richiami dei passaggi della vicenda, senza esporre le ragioni su
cui di basava la censura rivolta alla sentenza di primo grado.
2. — Ricorre per cassazione il Tagliavento con due motivi di ricorso; resiste
con controricorso la Rossi. Le censure lamentate dal ricorrente sono:
2.1 — Violazione dell’art. 342, primo comma, c.p.c., in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3 c.p.c., per avere i giudici di secondo grado dichiarato
inammissibile l’appello nonostante l’onere di cui all’art. 342 c.p.c. sarebbe
adempiuto con la mera denuncia dell’ingiustizia della decisione perché
fondata su una non corretta valutazione degli elementi di prova,
accompagnata dalla volontà di sottoporre l’intera controversia al giudice
dell’impugnazione; peraltro, a fronte della generica motivazione del
Tribunale, i motivi di appello sarebbero stati adeguatamente specifici e
idonei a contrastare la motivazione della sentenza impugnata.
2.2 — Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto
decisivo della controversia (o nullità della sentenza in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 4 per omessa pronuncia?), in quanto la sentenza sarebbe
nulla per omessa pronuncia in merito alle risultanze istruttorie e alla realtà
3

respinto la domanda avanzata dal medesimo nei confronti di Franca Rossi

documentale emersa nel primo giudizio, che ha portato il giudice di prime
cure ad emettere una sentenza sulla base di semplici presunzioni dalle quali
ne ha fatto scaturire una presunzione di conoscenza da parte del Tagliavento
dell’avvenuta falsificazione e del conseguente venir meno dell’ingiustizia
del danno.
3 — Il ricorso è manifestamente privo di pregio.
3.1 – Si deve ribadire che nel giudizio d’appello – che non è un iudicium

dall’appellante attraverso specifici motivi, e tale specificità esige che alle
argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte
quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico – giuridico
delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle
argomentazioni che le sorreggono. Ne deriva che nell’atto d’appello ossia
nell’atto che, fissando i limiti della controversia in sede di gravame consuma
il diritto potestativo di impugnazione, alla parte volitiva deve sempre
accompagnarsi, a pena di inammissibilità del gravame, rilevabile d’ufficio e
non sanabile per effetto dell’attività difensiva della controparte, una parte
argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, al
qual fine non è sufficiente che l’atto d’appello consenta di individuare le
statuizioni concretamente impugnate, ma è altresì necessario, pur quando la
sentenza di primo grado sia censurata nella sua interezza, che le ragioni
sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di
specificità da correlare peraltro con la motivazione della sentenza impugnata
(Cass. n. 6630/2006; n. 11673/2008).
11 principio della specificità dei motivi di impugnazione – richiesta dagli artt.
342 e 434 c.p.c. per la individuazione dell’oggetto della domanda d’appello e
per stabilire l’ambito entro il quale deve essere effettuato il riesame della
sentenza impugnata – impone, in altri termini, all’appellante di individuare
con chiarezza le statuizioni investite dal gravame e le censure in concreto
mosse alla motivazione della sentenza di primo grado, accompagnandole
con argomentazioni che confutino e contrastino le ragioni addotte dal primo
giudice, così da incrinarne il fondamento logico-giuridico (Cass. n.
2217/2007; Cass. n. 4214/2006; Cass., Sez. Un., n. 16/2000).
Nel caso concreto, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che l’appello
facesse difetto del principio di specificità, attesa la genericità dei motivi di
4

novum – la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte

gravame (e mancando, in pratica, la puntuale censura delle argomentazioni
del giudice di primo grado, così da incrinarne il fondamento logicogiuridico). 11 ricorrente denunzia, in questa sede di legittimità, tale
argomentazione della sentenza gravata, opponendo, che l’atto, con il quale
in grado di appello era stato dedotta l’erroneità della pronuncia di rigetto
della pretesa risarcitoria, non era generico, ma rispettoso dei principi di cui
all’art. 342 c.p.c..

L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito,
riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in
procedendo come nella specie, in cui si lamenta la violazione dell’art. 342
c.p.c. da parte del giudice di secondo grado, infatti, presuppone comunque
l’ammissibilità del motivo di censura. Il ricorrente, pertanto, non è
dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, d’inammissibilità) il
contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche
specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato. Tale
specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per
il principio di specificità — a sua volta – di esso (art. 366 n. 4 c.p.c.).
Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione d’inammissibilità, per
difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di puntualizzare, nel
ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di
appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame
sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello,
ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la
pretesa specificità (Cass. n. 12664/2012; Cass. n. 86/2012; n. 23420/2011;
Cass. n. 21621/2007; Cass. n. 20405/2006; Cass. n. 6225/2005).
Nel caso di specie, non avendo il ricorrente – come pure era suo preciso
onere – trascritto in ricorso il contenuto dei motivi dichiarati inammissibili
dal giudice di appello come formulati in detta sede e non avendo, quindi, lo
stesso, posto questa Corte nelle condizioni di valutare se le censure spiegate
in grado di appello avevano i requisiti voluti dell’art. 342 c.p.c. ai fini della
specificità dei motivi di appello è palese l’inammissibilità dei motivi di
ricorso per cassazione ora in esame.
3.2 — Senza considerare che il secondo motivo di censura implica
accertamenti di fatto e valutazioni di merito precluse in questa sede di
5

3.2 Pacifico quanto precede è evidente l’inammissibilità della censura.

legittimità, in quanto occorre tener conto che i vizi motivazionali
denunciabili in Cassazione non possono consistere nella difformità
dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto
a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le
fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne
l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle
ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o

cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. n. 6064/08; nonché Cass.
n. 26886 /08 e 21062/09, in motivazione).
4. — Il propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli
artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. e la dichiarazione d’inammissibilità dello
stesso.”
La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai
difensori delle parti costituite.
Non sono state presentate memorie né conclusioni scritte;
Ritenuto che:
a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il Collegio ha
condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo;
visti gli arti. 380-bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2500,00=, di cui Euro
2300,00= per compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013
Il P idente

all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in

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