Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24732 del 02/12/2016


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Cassazione civile sez. II, 02/12/2016, (ud. 12/10/2016, dep. 02/12/2016), n.24732

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7632-2013 proposto da:

D.M.T., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GERMANICO 211, presso lo studio dell’avvocato FABIO CRISCUOLO,

rappresentata e difesa dagli avvocati DOMENICO CALDERONI, SALVATORE

FRANCESCO RIVERSO;

– ricorrente –

contro

D.S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DEGLI STROZZI N.26, presso lo studio dell’avvocato SIMONE LAMARRA,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO ARNO’;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2929/2012 del TRIBUNALE di CATANZARO,

depositata il 27/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/10/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito l’Avvocato CRISCUOLO Fabio, con delega orale dell’Avvocato

CALDERONI Domenico, difensore della ricorrente che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato LAMARRA Simone con delega depositata in udienza

dell’Avvocato ARNO’ Vincenzo, difensore della resistente che ha

chiesto l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto 13.9.2004 D.M.T. convenne la sorella S.A. davanti al Giudice di Pace di Davoli per ottenerne la condanna al pagamento della somma di Euro 2.500,00 a titolo di rimborso quota spese per lavori eseguiti sulle parti comuni dell’edificio condominiale (di proprietà delle due sorelle) in via (OMISSIS).

La convenuta contestò la fondatezza della pretesa.

2 Il Giudice di Pace di Davoli accolse parzialmente la domanda condannando D.S.A. al pagamento della somma di Euro 1.289,00, oltre le spese di lite, ma il Tribunale di Catanzaro, accogliendo l’appello della convenuta, ha ribaltato l’esito del giudizio e, con sentenza 27.9.2012, in riforma della sentenza, ha respinto la domanda.

Per giungere a tale soluzione il Tribunale ha considerato che le spese per la manutenzione delle parti comuni devono essere autorizzate dall’assemblea del condominio, anche nel caso di c.d. condominio minimo, quale era quello di cui si discute, sicchè, in mancanza di detta deliberazione, il condomino che sostenga di propria iniziativa spese per le cose comuni ha diritto al rimborso da parte degli altri condomini, ai sensi dell’art. 1134 c.c., solo ove si tratti di spese urgenti, circostanza però non rinvenibile nel caso di specie.

3. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione D.M.T. con unico motivo.

Resiste con controricorso D.S.A..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con l’unico motivo la ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione ed omessa applicazione dell’art. 1126 c.c., nonchè ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ossia che i lavori di manutenzione non riguardavano parti comuni dell’edificio condominiale.

A suo dire, il giudice di appello non ha considerato che i lavori da lei eseguiti avevano riguardato solo gli immobili di sua proprietà ed uso esclusivo, non anche parti comuni dell’edificio, come risulterebbe dall’elaborato del C.T.U.; di conseguenza, questa erronea valutazione sul fatto, avrebbe condotto il Tribunale a non applicare erroneamente la disciplina prevista dall’art. 1226 c.c., norma che invece si attagliava benissimo al caso di specie, ove non era necessaria alcuna autorizzazione da parte degli altri condomini, non essendo interessati ai lavori parti comuni dell’edificio, ma si imponeva comunque un rimborso delle spese affrontate a carico degli altri condomini che traevano un beneficio dalle opere di manutenzione.

Il motivo è inammissibile.

Secondo un generale principio costantemente affermato da questa Corte, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata nè indicata nelle conclusioni ivi epigrafate, il ricorrente che riproponga la questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (tra le varie, v. sez. 1, Sentenza n. 25546 del 30/11/2006 Rv. 593077; Sez. 3, Sentenza n. 15422 del 22/07/2005 Rv. 584872 Sez. 3, Sentenza n. 5070 del 03/03/2009 Rv. 606945).

Nel caso di specie, l’applicabilità dell’art. 1126 c.c. (con tutte le conseguenza in tema di contribuzione alle spese), nucleo centrale della censura oggi sottoposta alla Corte di Cassazione ed implicante evidenti accertamenti in fatto, non risulta abbia mai formato oggetto di dibattito nei giudizi di merito, come si evince agevolmente non solo dal silenzio della ricorrente, ma anche dalla sentenza impugnata che, anzi, in narrativa a pag. 1, dà atto della proposizione di una domanda di rimborso spese per “lavori eseguiti sulle parti comuni del’edificio”.

A questo punto, a fronte di una motivazione sicuramente adeguata (v. sopra, in narrativa), la censura, introdotta per la prima volta dal nuovo difensore davanti alla Corte di Cassazione (che è bene precisarlo – non è “giudice delle leggi”, ma giudice di legittimità), perde ogni consistenza e determina il rigetto del ricorso con inevitabile addebito delle ulteriori spese alla parte ricorrente, in base alla regola della soccombenza.

Considerato che il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 -quater al testo unico cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidandole, in complessivi Euro 1.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2016

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