Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24730 del 14/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/09/2021, (ud. 15/07/2021, dep. 14/09/2021), n.24730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33393-2019 proposto da:

NUOVA EUROCAR SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA JACOPO DA

PONTE 49, presso lo studio dell’avvocato DONATIVI VINCENZO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROMA COSIMO,

SILVESTRE FRANCESCO, SILVESTRE FERDINANDO;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, N.V.,

L.B.F., C.V., S.O.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 27/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 03/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FIDANZIA

ANDREA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. ricorso avverso la sentenza n. 27/2019, depositata il 3/10/2019, con cui la Corte d’Appello di Lecce ha rigettato il reclamo ex art. 18 L. Fall. proposto dalla odierna ricorrente contro la sentenza n. 13198 del 14.5.2019 del Tribunale di Brindisi che ne ha dichiarato il fallimento;

– che la Corte di merito ha evidenziato che la documentazione prodotta dalla Nuova Car, sia in fase prefallimentare che nel giudizio di reclamo, non consentiva di escludere che nei tre esercizi commerciali anteriori alla proposizione del ricorso per la dichiarazione di fallimento (2015, 2016 e 2017, essendo il fallimento stato dichiarato nel 2018) fosse stata superata anche una sola delle soglie stabilite dall’art. 1 L. Fall.;

che, in particolare, nonostante risultasse che la società debitrice aveva cessato l’attività a partire dall’anno 2015 era inverosimile che il dato relativo all’attivo patrimoniale, pari a Euro 619.639 (appostato nel bilancio al 31.12.2014) potesse essersi più che dimezzato già nell’esercizio 2015, scendendo al di sotto della soglia di Euro 300.000,00, non essendo stato documentato nessun atto di dismissione delle immobilizzazioni materiali, né di vendita delle merci residue;

che il curatore del fallimento (OMISSIS) s.r.l. e i creditori istanti N.V., L.B.F., C.V. e S.O. non hanno svolto difese;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 15 L. Fall. nonché degli artt. 2727 e 2729 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.;

– che, in particolare, lamenta la ricorrente che il rigetto del reclamo si fonda su una non attenta lettura delle risultanze processuali e su un uso non corretto delle presunzioni, atteso che la mancanza di un “atto di dismissione delle immobilizzazioni materiali” o “di vendita di merci residue” non abilitava il giudice del reclamo a dedurre la ricorrenza del dato relativo all’attivo patrimoniale ed era comunque privo dei caratteri della gravità, della precisione e della concordanza richiesti dagli artt. 27257 e 2729 c.c. per il legittimo ricorso dalle presunzioni;

– che analogamente non vi era prova del superamento delle altre soglie e che, ove fossero stati ritenuti insufficienti gli elementi di prova offerti, il giudice del reclamo ben avrebbe potuto dare ingresso alla prova testimoniale richiesta dalla ricorrente con i capitoli di prova articolati nell’atto di reclamo (trascritti nel ricorso per cassazione in ossequio al principio di autosufficienza) ingiustificatamente non ammessa – che verteva sulla mancanza di ricavi e di attivo patrimoniale della società poi fallita a partire dall’anno 2014;

3. che il motivo è manifestamente infondato nonché, per altri profili, inammissibile;

– che, va, preliminarmente, osservato che è orientamento consolidato di questa Corte che è l’imprenditore fallendo onerato della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità (vedi Cass. n. 30516/2018 e 24548/2016) – e quindi, sul punto, la sentenza impugnata deve essere integrata – con la conseguenza che è destituito di fondamento il dedotto mancato assolvimento dell’onere della prova da parte della curatela in ordine alla sussistenza di tali requisiti, essendo, appunto, proprio l’imprenditore tenuto a fornirne la prova positiva;

– che le doglianze della ricorrente in ordine alla mancata ammissione della prova per testi dedotta dalla ricorrente nell’atto di reclamo e finalizzata proprio a fornire la prova della mancanza dei requisiti di fallibilità (prova astrattamente ammissibile, vedi Cass. n. 24138/2019) sono inammissibili;

– che, infatti, l’omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’assenza di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito (Cass. n. 27415 del 29/10/2018);

– che, nel caso di specie, la ricorrente non ha neppure dedotto la mancanza di una motivazione del provvedimento adottato dalla Corte di appello di rigetto della prova testimoniale, così che la censura in oggetto si appalesa come una critica all’esercizio di un potere discrezionale che compete al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità;

– che, in ogni caso, la ricorrente non ha neppure illustrato che la prova non ammessa fosse idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, essendo stata, peraltro, quanto all’attivo patrimoniale, genericamente formulata con il richiamo non a fatti storici specifici, ma a nozioni di natura contabile (immobilizzazioni, attivo circolante, attività finanziarie);

3. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione ed erronea applicazione dell’art. 5 L. Fall. e degli artt. 2727 e 2729 c.c. sul rilievo della scarsa valenza degli indici valorizzati dalla Corte per affermare la sussistenza dello stato di insolvenza;

4. che per tale parte il motivo è inammissibile;

che, infatti, il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto incensurabile in Cassazione, ove – come nel caso di specie – sorretto da motivazione adeguata e giuridicamente corretta (vedi, in motivazione, Cass. n. 9151/2020; Cass. 25474/2019; Cass. 17105/2019, tutte n. m.);

5.sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2021

 

 

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