Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24730 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/11/2020, (ud. 10/02/2020, dep. 05/11/2020), n.24730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 20540/2018 proposto da:

GARLISI COSTRUZIONI s.r.l. (CF (OMISSIS)) in persona del legale

rapp.te p.t., rapp.to e difeso per procura a margine del ricorso

dall’avv. Salvatore Lo Giudice, con il quale elettivamente domicilia

in Roma alla via Arno n. 38 presso l’avv. Moncada Gianluca;

– ricorrente –

contro

RISCOSSIONE SICILIA s.p.a. (già SERIT SICILIA s.p.a.), Agente della

Riscossione per la Provincia di Agrigento (CF (OMISSIS)), in persona

del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa per procura in calce

all’atto di costituzione in giudizio dall’avv. Antonio Maiorana, con

il quale elettivamente domicilia in Roma alla via Pasubio n. 11;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4935/01/17 depositata il 13 dicembre 2017

della Commissione tributaria regionale della Sicilia;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 10 febbraio 2020 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Umberto De Augustinis che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il resistente l’avv. Simone Becchetti per delega dell’avv.

Maiorana.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 13 dicembre 2017 la Commissione tributaria regionale della Sicilia rigettava l’appello proposto da Garlisi Costruzioni s.r.l. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Agrigento che ne aveva rigettato il ricorso avverso due cartelle di pagamento con le quali Riscossione Sicilia s.p.a. aveva intimato il pagamento di Euro 8.674,35, oltre accessori e diritti, richiesti a seguito di controllo formale effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, per imposta fabbricati per l’anno 2008.

Osservava la CTR che prive di pregio erano le censure della società appellante circa la mancata chiamata in causa dell’Ente impositore da parte di Riscossione Sicilia s.p.a.: già in primo grado, infatti, la ricorrente aveva evocato in giudizio l’Ente impositore, impugnando il prodromico avviso di accertamento e, non diversamente da quanto rappresentato dalla stessa ricorrente, la chiamata in causa costituiva un obbligo per la Riscossione Sicilia, la quale, ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39, nell’ipotesi di soccombenza, è solo chiamata a rispondere delle conseguenze della lite.

Infondate dovevano, inoltre, considerarsi le ulteriori censure riguardanti il difetto di notifica ed il difetto di corrispondenza con l’originale: da un lato, infatti, la procedura di notifica dei provvedimenti in contestazione risultava legittima; dall’altro, quanto alla difformità tra la relata di notifica apposta sull’originale e quella apposta sulla copia in possesso del destinatario, ai fini dell’individuazione del soggetto nelle cui mani è avvenuta la consegna, rileva unicamente quanto attestato dall’ufficiale giudiziario nella relata apposta sulla copia notificata, salvo che il notificante l’abbia impugnata con la querela di falso, mancante nel caso in esame.

Infondata era anche l’eccezione riguardante il difetto di motivazione della sentenza di primo grado, nella quale, al contrario, i giudici di prima istanza avevano compiutamente argomentato gli elementi di fatto e di diritto posti a base della decisione.

Priva di pregio era l’eccezione riguardante il difetto di sottoscrizione delle cartelle, venendo in rilievo un requisito non essenziale ai fini della legittimità dell’atto.

La CTR disattendeva, infine, i motivi riguardanti il difetto di potere e di qualifica di agente in capo a Riscossione Sicilia s.p.a..

Avverso tale sentenza Garlisi Costruzioni propone ricorso per cassazione affidato a nove motivi. Riscossione Sicilia s.p.a. ha depositato atto di costituzione in giudizio, anche per la partecipazione all’udienza di discussione. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39 e dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), in quanto l’omessa chiamata dell’ente impositore, da parte del concessionario, oltre a comportare la responsabilità di quest’ultimo per l’esito sfavorevole della lite, determinerebbe in via automatica tale esito sfavorevole per la Parte Pubblica, e dunque sia l’illegittimità del provvedimento impositivo sia la conseguenziale ed automatica caducazione della cartella esattoriale, giacchè, non risultando contestati dal soggetto legittimato i fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, questi ultimi dovrebbero automaticamente considerarsi provati.

1.1 Il motivo è infondato.

1.2 In materia di impugnazione della cartella esattoriale, le questioni concernenti la validità o la tempestività della notificazione della cartella non costituiscono vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio (Cass. n. 10019/18). La legittimazione passiva spetta, pertanto, all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale però, se è fatto destinatario dell’impugnazione, come nel caso in esame, incombe unicamente l’onere di chiamare in giudizio l’ente predetto, se non vuole rispondere all’esito della lite, non potendosi ulteriormente ricavare, dall’omessa chiamata in causa dell’ente impositore, alcuna illazione circa l’insussistenza del titolo sottostante.

1.3 Per altro il principio di non contestazione, invocato dal ricorrente, potrebbe operare solo rispetto ai fatti costitutivi, modificativi o estintivi del diritto azionato (Cass. 21460/19) e non anche in relazione ad elementi concernenti il rapporto tributario sottostante, del tutto estraneo alla materia del contendere, limitata, nel caso in esame, alla regolarità o meno della notifica della cartella esattoriale.

2. Il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, commi 1 e 5, della L. n. 890 del 1992, artt. 3, 4,12,14 e dell’art. 156 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), essendo la notifica delle cartelle avvenuta mediante un servizio di posta privata.

2.1 Il motivo è infondato.

2.2 Lo stesso ricorrente ha espressamente ammesso che, nella fattispecie in esame, Riscossione Sicilia s.p.a. ebbe ad affidare alla società postale privata TNT Post Notifiche la raccomandata informativa ex art. 140 c.p.c., la quale, a sua volta, si rivolse a Poste Italiane per effettuarne materialmente la consegna al destinatario (cfr. pag. 13 del ricorso).

2.3 Trova allora applicazione il principio, condivisibilmente affermato da Cass. n. 15347/15, secondo il quale “In tema di notificazione a mezzo posta, la riserva in via esclusiva prevista dal D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, comma 5, a favore del fornitore del servizio universale, volta a garantire l’attestazione fidefacente della puntualità e regolarità degli adempimenti, è rispettata allorquando il plico, inizialmente affidato ad un’agenzia postale privata, sia da quest’ultima veicolato all’Ente Poste, il quale provveda all’integrale esecuzione della procedura ed in particolare alla consegna, con attestazione, sulla cartolina di ricevimento, della relativa data, sicchè la notifica non può considerarsi inesistente o omessa” (conf. Cass. n. 21251/17).

3. Il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), giacchè, avendo il ricorrente contestato la notificazione a mezzo messo e reiterato una richiesta di produzione documentale ex art. 26, comma 5, cit., in entrambi i giudizi di merito, all’inadempimento da parte dell’agente della riscossione doveva conseguire l’omesso raggiungimento della prova del perfezionamento della notificazione.

3.1 Il motivo è infondato.

3.2 Il ricorrente evidenzia che all’inosservanza dell’obbligo di esibizione della cartella, su richiesta proveniente dal contribuente, dovrebbe automaticamente conseguire l’omesso raggiungimento della prova della notificazione, laddove, invece, la CTR ne ha espressamente affermato la piena validità ed efficacia.

3.3 La prospettazione del ricorrente non può essere condivisa, in quanto la validità o l’invalidità della notifica dipende dal riscontro di fatti oggettivi e non dal mancato assolvimento dell’obbligo di cui all’art. 26, comma 5, cit..

3.4 Ed infatti delle due l’una: indipendentemente dall’inosservanza di questo obbligo, ove il ricorrente contesti radicalmente che la notifica sia avvenuta, tale contestazione si porrebbe in stridente contrasto sia con quanto accertato dalla CTR, sia con il fatto che l’avvenuta impugnazione della cartella avrebbe in ogni caso sanato ogni vizio a cagione del raggiungimento dello scopo (cfr. Cass. n. 6417/19); oppure il ricorrente ammette che la notifica della cartella è avvenuta, ed allora il semplice inadempimento del dovere di esibizione resterebbe, nella prospettiva del perfezionamento della notifica, del tutto irrilevante.

4. Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, dell’art. 148 c.p.c., e l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), in quanto la CTR, accertando una discordanza reale e non solo apparente, tra le indicazioni della relata apposta sull’atto restituito al soggetto istante e quelle emergenti dalla copia dell’atto notificato al contribuente, avrebbe dovuto dichiarare l’inesistenza della notificazione, per essere le due retate sprovviste di ogni indicazione circa l’identità, la qualifica e la sottoscrizione di colui che ha effettuato la notificazione.

4.1 In realtà, esaminando più precisamente il contenuto dell’atto di appello e delle memorie depositate innanzi alla CTR, secondo le indicazioni rese nel ricorso, emerge come il contribuente abbia fin dall’origine contestato: l’omessa indicazione della qualifica dell’agente notificatore; la mancata indicazione delle sue generalità; la presenza, nella copia della relata di notifica in possesso dell’agente di riscossione, di artificiose manomissioni, riportando “un timbro apposto sopra una sigla illeggibile del notificatore che così riproduce “(OMISSIS)””, aggiungendosi che “si vede chiaramente che gli estremi identificativi del notificatore (nome e cognome) e la sua sottoscrizione risultano essere incomprensibili e pertanto omessi”.

4.2 Il motivo è infondato.

4.3 La questione della illeggibilità della sottoscrizione va superata seguendo le condivisibili osservazioni esposte da Cass. n. 2327/03, secondo cui “Non sussiste violazione della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 7, correlato all’art. 160 c.p.c., se l’avviso di ricevimento della notifica di un atto giudiziario a mezzo posta è sottoscritto con sigla, anzichè con firma per esteso, dall’agente postale, perchè l’identificabilità – normalmente difficile attraverso la sigla, di solito non facilmente leggibile – di chi esegue le formalità richieste dalla norma, è irrilevante, salvo che il destinatario dell’atto dimostri, vincendo la presunzione contraria, l’assenza della necessaria qualifica del notificante” (conf. Cass. n. 3737/04).

4.4 Quanto all’ulteriore questione riguardante la mancata indicazione del nome e della qualifica dell’agente notificatore, lo stesso ricorrente ha ammesso che tali indicazioni erano presenti nella copia della relata in possesso dell’Ufficio, sicchè le contestazioni riguardanti la genuinità di tali indicazioni andavano fatte valere dalla parte interessata attraverso la querela di falso.

5. Il quinto motivo riguarda la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5, degli artt. 2712 e 2719 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), in quanto, in presenza di una reiterata contestazione e disconoscimento da parte del ricorrente della valenza probatoria dei documenti prodotti dalla controparte (“informazioni carico iscritto a ruolo” e le copie delle relate di notifica), depositati in sostituzione della documentazione prevista dall’art. 26, comma 5 cit., la CTR avrebbe dovuto disporre il deposito dei documenti in originale, in assenza dei quali avrebbe dovuto dichiarare non provata la notificazione e disconosciuta la conformità delle copie agli originali.

5.1 Il motivo è infondato.

5.2 Il ricorrente ha disconosciuto la conformità delle copie prodotte dall’Agente ad originali che egli stesso dichiara esplicitamente di non aver mai visto, tanto è vero che, nell’esposizione del quinto motivo dell’atto di appello (trascritto nel ricorso), ha dichiarato di disconoscere “ora per allora” tutta la documentazione, “contestandone la difformità di quanto sarà versato ai documenti originali”.

5.3 Trova pertanto applicazione il principio secondo il quale “In tema di prova documentale il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’art. 2719 c.c., impone che, pur senza vincoli di forma, la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti nè il ricorso a clausole di stile nè generiche asserzioni. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha escluso che il contribuente avesse disconosciuto in modo efficace la conformità delle copie agli originali, in quanto, con la memoria illustrativa, si era limitato a dedurre la mancata produzione degli originali delle relate di notifica e la non conformità “a quanto espressamente richiesto” con il ricorso)” (Cass. n. 16557/19).

5.4 Ed ancora, più esplicitamente, secondo Cass. n. 16232/04 “In tema di prova documentale, l’onere, stabilito dall’art. 2719 c.c., di disconoscere “espressamente” la copia fotografica (o fotostatica) di una scrittura, con riguardo sia alla conformità della copia al suo originale, che alla sottoscrizione o al contenuto della scrittura stessa, implica che il disconoscimento sia fatto in modo formale e specifico, con una dichiarazione che contenga una non equivoca negazione della genuinità della copia. Pertanto, la relativa eccezione non può essere formulata in maniera solo generica, ma deve contenere specifico riferimento al documento ed al profilo di esso che venga contestato, sicchè, ove venga dedotta preventivamente, a fini solo esplorativi e senza riferimento circoscritto al determinato documento, ma con riguardo ad ogni eventuale produzione in copia che sia stata o possa essere effettuata da controparte, la contestazione non preclude l’utilizzazione della copia come mezzo di prova, a meno che non venga ribadita successivamente alla produzione del documento e con espresso riferimento ad esso”.

6. Con i motivi sesto, settimo ed ottavo, il ricorrente si duole dell’assenza di poteri certificativi in capo all’Agente della riscossione, in quanto i documenti denominati “informazioni carico iscritto a ruolo” e le copie delle relate di notifica, sarebbero stati resi conformi agli originali dall’Agente di riscossione, privo del potere di autenticazione degli atti dallo stesso formati (sesto motivo); evidenzia, inoltre, che, se pure si dovesse riconoscere in capo all’Agente di riscossione il potere di certificare la conformità delle copie agli originali, tale potere non è stato esercitato in modo conforme a quanto previsto dal D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18, in tema di rilascio della conformità delle copie autentiche (settimo motivo); sostiene, infine, che riconoscere validità all’attestazione di conformità proveniente proprio dalla parte interessata, equivarrebbe ad eludere il divieto del giuramento (di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4) ed a creare un vulnus nella parità delle parti innanzi alla legge (ottavo motivo).

6.1 Tali motivi, in quanto presuppongono la validità del disconoscimento delle copie agli originali, sono assorbiti alla luce delle considerazioni svolte in relazione al precedente motivo: se infatti il disconoscimento opposto dal ricorrente non può considerarsi efficace, per le ragioni indicate al quinto motivo, le copie devono considerarsi idonee a tutti gli effetti (in quanto non efficacemente disconosciute) e dunque ogni questione riguardante la loro conformità all’originale deve ritenersi superata.

7. Con il nono motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 7 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), in quanto, contrariamente a quanto affermato della CTR, le cartelle impugnate non riportavano in alcuna parte l’indicazione del tasso applicato nè alcuna spiegazione circa il conteggio degli interessi, con le indicazioni del capitale, del termine iniziale e finale del periodo preso a fondamento, nè le singole aliquote prese a base delle varie annualità, limitandosi ad esporre solo la cifra globale e gli interessi dovuti.

7.1 Il motivo è infondato.

7.2 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “La cartella esattoriale, che non sia stata preceduta da un avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dalla L. n. 241 del 1990, art. 3 e recepiti, per la materia tributaria, dalla L. n. 212 del 2000, art. 7 (Affermazione relativa ad una cartella esattoriale concernente il pagamento di interessi ove non erano menzionati nè la decorrenza nè il tasso)” (cfr. Cass. n. 17767/18 e n. 9799/17).

7.3 Nel caso in esame il ricorrente ha trascritto a pag. 41 del ricorso il contenuto della cartella nella parte relativa agli interessi (“IRAP interessi per ritardata iscrizione a ruolo – omesso o carente versamento”) e se è vero che effettivamente manca ogni indicazione sulle modalità di calcolo, va ulteriormente precisato che la questione attiene ad interessi dovuti a seguito di accertamento automatizzato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, riguardo ai quali è sufficiente il riferimento alla dichiarazione dalla quale deriva il debito di imposta (riferimento esplicitato dalla cartella di pagamento impugnata, tramite il rinvio alla Dichiarazione modello IRAP/2009 presentata per il periodo di imposta 2008).

7.4 Trova applicazione, pertanto, il principio affermato da Cass. n. 6812/19 che ha giustamente precisato che “Nell’ipotesi di liquidazione dell’imposta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, effettuata sulla base degli elementi indicati nella dichiarazione dal contribuente, la cartella di pagamento è congruamente motivata con riguardo al calcolo degli interessi mediante il riferimento alla dichiarazione dalla quale deriva il debito di imposta, in quanto, essendo il criterio di liquidazione predeterminato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 20, esso si risolve in una mera operazione matematica, mentre, quanto alle sanzioni, è sufficiente il riferimento alla norma di legge che ne prevede i criteri di calcolo o alla tipologia della violazione da cui è possibile desumere gli stessi”.

8. Le ragioni che precedono impongono il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, avendo il difensore di Riscossione Sicilia s.p.a. partecipato e rassegnato le conclusioni in udienza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Pone le spese del giudizio di legittimità a carico del ricorrente, liquidandole in Euro 1.500,00, oltre ad Euro 200 per esborsi e 15% per spese generali ed altri oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

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