Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24730 del 02/12/2016

Cassazione civile sez. II, 02/12/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 02/12/2016), n.24730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 14490/14) proposto da:

T.M.C. (c.f.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa

dall’avv. Prof Andrea Di Porto, con domicilio eletto presso lo

studio del predetto, sito in Roma, via Giovanni Battista Martini n.

3, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Consiglio Notarile di Bari, (c.f.: (OMISSIS)) In persona del suo

presidente pro tempore notaio S.B.F.;

Presidente del Consiglio Notarile di Bari rappresentati e difesi

dall’avv. Giuseppe Macchione; con domicilio eletto in Roma, alla via

Cosseria 2 presso il dr. Alfredo Placidi, giusta procura a margine

del controricorso;

e nei confronti di:

– Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di

Bari;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 1301/13,

pubblicata il 27 novembre 2013; non notificata;

uditi gli avv.ti Andrea Di Porto per la ricorrente e Giovanni

Vittorio Nardelli – munito di delega dell’avv. Giuseppe Macchione –

per i controricorrenti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il notaio T. è stata sottoposta a procedimento disciplinare sia per aver praticato tariffe non conformi ai minimi; sia per aver levato protesti in località non facenti parte della sede assegnatale, sia perchè in due mesi – (OMISSIS) – aveva rogitato la maggior parte degli atti fuori sede: di questi atti, alcuni anche in giorni in cui avrebbe dovuto assicurare la presenza obbligatoria in sede.

La Commissione Regionale di Disciplina – CO.RE.DI. – della Puglia l’ha dichiarata responsabile della violazione degli artt. 26 e 147 Legge Notarile e dell’art. 6 del Codice Deontologico e dell’art. 147, lett. C) Legge Notarile, comminando la sanzione di Euro 11.000,00 di cui – secondo la sentenza della Corte di Appello che viene qui impugnata – 10.000,00 per la sanzione della violazione dell’obbligo di assistenza personale presso la sede di assegnazione ed Euro 1.000,00 per la continuazione della violazione dei minimi tariffari.

Il notaio ha proposto reclamo, che è stato parzialmente accolto dalla Corte di Appello di Bari, che ha annullato il provvedimento disciplinare nel capo in cui aveva ritenuto sussistente la violazione dei minimi tariffari – oramai non più esistenti dopo la c.d. riforma Bersani sulla libera determinazione dei compensi professionali (L. n. 248 del 2006, ribadita dal D.L. n. 1 del 2012 e da provvedimenti sanzionatori adottati dall’ANTITRUST).

Per il resto, la Corte distrettuale ha invece giudicato irrilevante la circostanza che l’attività esercitata nei giorni di presenza obbligatoria, non avesse determinato alcun disservizio evidente, all’uopo sottolineando il differente ambito applicativo dell’art. 6 codice deontologico (che prescrive che nei giorni ed ore prescritti per la personale assistenza allo studio, il notaio è tenuto a limitare le proprie prestazioni fuori della sede a singoli e particolari casi) messo a raffronto con l’art. 26 Legge Notarile (che prevede che per assicurare il funzionamento regolare e continuativo dell’ufficio, il notaio deve tenere nel Comune o nella frazione di Comune assegnatogli, studio aperto con il deposito degli atti, registri e repertori notarili e deve assistere personalmente allo studio stesso almeno tre giorni a settimana ed almeno uno ogni quindici giorni per ciascun Comune o frazione di Comune aggregati): secondo il giudice del reclamo, mentre la seconda disposizione identifica genericamente l’inadempimento ai doveri dell’ufficio, la prima implica che, all’infuori di casi specifici da giustificare partitamente, la mancata presenza in ufficio nei giorni prestabiliti, continuativa e quindi non eccezionale, ricade nell’ambito sanzionatorio di cui all’art. 147, lett. b) della legge professionale (che, appunto, sanziona con la censura o con la sospensione sino ad un anno o, nei casi più gravi, con la destituzione, tra l’altro, la violazione non occasionale delle norme deontologiche elaborate dal Consiglio nazionale del notariato), in luogo dell’art. 137, comma 2, Legge Notarile, che applica la sanzione pecuniaria alla generica violazione dell’ obbligo di presenza in studio nei giorni prefissati.

Per la cassazione di tale pronuncia la T. ha proposto ricorso, affidandolo a tre motivi; il Consiglio notarile di Bari ed il suo Presidente hanno notificato controricorso; il Procuratore Generale ha concluso come da verbale; la ricorrente ha depositato memorie e documenti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1 – Con in primo motivo viene denunciata la violazione e/o la falsa applicazione della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 26, commi 1 e 2; art. 147, comma 1, lett. b) (c.d. Legge Notarile); dell’art. 6, comma 3 del codice deontologico approvato il 5 aprile 2008 n. 2/56 dal Consiglio Nazionale del Notariato; dell’art. 2697 c.c., comma 1 e art. 2729 c.c., comma 1; dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4; viene altresì dedotta la nullità della sentenza per manifesta illogicità della motivazione.

p. 1.a – La ricorrente sostiene che sia stata fornita un’erronea lettura delle norme sopra richiamate della Legge Notarile e del codice deontologico, con specifico riguardo all’ipotesi contemplata nell’art. 26 della legge ed a quella disciplinata dall’art. 6 codice deontologico: a tal fine indaga quale sia la ratio dell’obbligo di assistenza alla sede, suggerendo che essa sia funzionale a non determinare un disservizio per l’utenza e, quindi ad assicurare una sufficiente continuità di svolgimento della funzione notarile, dirimendo preventivamente potenziali conflitti tra clienti appartenenti alla sede notarile e quelli che chiedano la stipula: ricondotta tale interpretazione alla fattispecie, evidenzia il numero limitato degli atti rogati fuori sede nei giorni di presenza obbligatoria (rispettivamente: 10 nel mese di giugno 2010 e 17 nel mese successivo) e l’assenza di lamentele da parte dell’utenza, da ciò ricavando l’insussistenza dei presupposti dell’incolpazione.

p.1.b – La ricorrente trae conforto per la sopra riportata interpretazione dalla lettera stessa dell’art 26 – commi 1 e 2 Legge Notarile (nella formulazione anteriore alla modifica introdotta dal D.L. n. 1 del 2012, convertito nella L. n. 27 del 2012) che introduce, tra le altre, anche la prescrizione della quale si discute, con l’avvertenza “Per assicurare il funzionamento regolare e continuo dell’ufficio”.

p. 1.c – Denuncia altresì la formulazione, da parte della Corte di Appello, di una valutazione presuntiva di disservizio, allorchè assume che il numero degli atti rogati ed il conseguente numero di assenze dalla sede nei giorni di assistenza obbligatoria, farebbero ritenere che l’ufficio notarile non abbia funzionato (a prescindere da specifiche lamentele a riguardo), atteso che tale funzionamento sarebbe collegato strettamente alla presenza del notaio in sede.

p.1.d – Il motivo non merita accoglimento.

p.1.d. 1 – Va innanzi tutto messo in evidenzia che non è stato riportato se nei giorni di presenza obbligatoria in sede vi sia stata un’attività di rogitazione in sede o comunque la presenza del notaio negli orari indicati nel decreto del Presidente della Corte di Appello: non è dunque dato di conoscere se in quei giorni l’attività professionale si fosse concretata in un temporaneo allontamento dalla sede o non piuttosto – come pare di ricavare dalla motivazione della sentenza di appello – in una assenza totale dallo studio: la non specificità del ricorso sul punto priva di rilevanza alla dedotta interpretazione “funzionale” dell’obbligo imposto dall’art. 26 della legge professionale.

p. 1.d.2- In secondo luogo, come correttamente messo in rilievo dalla Corte di Appello, la funzione pubblicistica del notaio impone dei doveri di condotta “formali” il cui rispetto cioè non è influenzato dalla eventuale non incidenza in concreto, sull’esercizio della funzione notarile, della condotta censurata: come statuito da questa Corte (sentenza n. 9358/2013) è la sede notarile a costituire il perno attorno al quale deve ruotare – e su cui va deontologicamente commisurato- l’operato del professionista; va aggiunto che proprio nel caso in esame si è assistito ad un sovvertimento di tale principio, atteso che, come emerge dalla incolpazione disciplinare, il notaio aveva fatto assumere alla propria attività un carattere itinerante, (qualificazione che, per come riportato nel controricorso, è stata impiegata dalla stessa T. innanzi alla Commissione amministrativa di disciplina) di tal chè nel mese di giugno 2010 la professionista aveva rogato 75 atti, di cui 61 fuori sede (e 10, come visto, nei giorni di presenza obbligatoria); nel successivo mese di luglio poi aveva rogitato 97 atti, di cui 77 fuori sede (e 17 nei giorni di presenza obbligatoria), segno questo, come appresso si vedrà, di una precisa organizzazione di lavoro che privilegiava la rogitazione esterna allo studio (soprattutto presso banche).

p.1.d.3 – Posta la questione in tali termini, non è condivisibile la conseguenza argomentativa che la ricorrente trae dalla pretesa funzionalizzazione dell’obbligo di presenza presso lo studio, vale a dire che sarebbe stata la Commissione Regionale a dover provare che, per ricevere quegli specifici atti fuori sede e nei giorni di presenza obbligatoria, si sarebbe creata una ingiustificata interruzione o rallentamento dei servizio esigibile dal notaio.

p.1.d.4 – Per altro verso la valutazione “presuntiva” fatta dalla Corte di Appello non prestava il fianco a critiche perchè, all’evidenza, era il frutto della delibazione complessiva della attività fuori sede che lasciava appunto presumere che quella fosse l’attività prevalente e che quindi non fosse affidabile una opposta presunzione di disponibilità, in sede, nei giorni di presenza obbligatoria.

p. 1.d.5 – Il profilo attinente alla motivazione si appalesa del tutto negletto e quindi va considerato inammissibile.

p. 2 – Con il secondo motivo – subordinato al rigetto del precedente – la ricorrente nuovamente denuncia la violazione o la falsa applicazione dell’art. 26, commi 1 e 2, art. 137, comma 2 e art. 147, comma 1, lett. b) Legge Notarile, nonchè dell’art. 6, comma 3 codice deontologico: assume in proposito che la condotta censurata avrebbe dovuto essere disciplinata e sanzionata dagli artt. 26 e 137 Legge Notarile, non trovando invece applicazione la diversa “coppia” di norme (l’art. 6 codice deontologico e l’art. 147 Legge Notarile) in quanto l’art. 6 sarebbe assorbito – anche in ragione della natura sottordinata della fonte di produzione- dalla norma dell’art 26..

p. 2.a – Il motivo è fondato.

p. 2.a.1 – Ai fini interpretativi deve essere tenuto presente il principio della tipicità delle fattispecie di illecito disciplinare il quale a sua volta deve trovare regolazione rispettando la necessaria gerarchia delle fonti: se dunque la condotta tipica prevista nella legge ordinamentale è sovrapponibile a quella disciplinata dal codice deontologico, occorre rinvenire un criterio di compatibilità tra le due discipline che impedisca l’applicazione della sanzione prevista nella seconda in luogo di quella che sanziona la prima.

p. 2.a.2 – La contemporanea previsione – nella legge professionale e nel codice deontologico – di condotte analoghe non crea dubbi interpretativi laddove nel testo di rango sovraordinato nell’ordine delle fonti sia contenuta tutta la disciplina sanzionatoria (nella fattispecie: precetto: art. 26; e sanzione: art. 137, comma 2); la previsione dunque di analoga condotta anche nel codice deontologico non assume valore di precetto autonomamente sanzionabile; non congruo allora appare il richiamo all’integrazione precettiva (norma in bianco) che è contemplata dall’art. 147, lett. b) per il sol fatto della reiterazione delle condotte censurate.

p. 2.a.3 – Nello specifico non appare condivisibile il criterio enunciato dal CO.RE.DI. Puglia – che aveva rinvenuto la differente area applicativa delle due norme in questo: che l’art. 26 avrebbe sanzionato la condotta del professionista che, nei giorni di presenza obbligatoria, non avesse prestato assistenza in istudio (indipendentemente dal fatto quindi di prestare la sua opera aliunde) mentre l’art. 6 avrebbe previsto la condotta del notaio che nei suddetti giorni, avrebbe svolto la propria attività fuori dello studio) – ciò in quanto sia l’art. 26 Legge Notarile che l’art. 6, comma 3, regolamento deontologico prevedono il medesimo obbligo di presenza in istudio, differenziandosi in questo, che il regolamento disciplina un regime di eccezione all’obbligo di presenza, laddove la prestazione fuori dello studio nei suddetti giorni ed orari, sia giustificata per “singoli e particolari casi” ma non costituisce una fattispecie autonoma di incolpazione.

p. 2.a.4 – Sebbene la ricordata distinzione adottata dal CO.RE.DI. non sia stata poi esplicitamente richiamata nel decreto della Corte di Appello, appare evidente che solo presupponendola il giudice dell’impugnazione ha potuto pervenire alla conferma della precedente decisione.

p. 3 – Rimane assorbito il terzo motivo con il quale viene dedotta la violazione o la falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 8, comma 2 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, come pure la censura di “omessa” motivazione, in cui sarebbe incorsa la Corte di Appello, nel rideterminare la sanzione pecuniaria.

p. 4 – Il decreto va dunque cassato nei termini sopra esposti; pur essendosi ravvisata, in via interpretativa, una fattispecie in astratto oblabile (ed avendo la ricorrente dimostrato il pagamento dell’oblazione) non può procedersi nella presente sede, alla declaratoria di estinzione, come prevista dall’art. 145 bis Legge Notarile, involgendo la stessa la delibazione di elementi di merito (inesistenza di precedente recidiva; rideterminazione in concreto della sanzione); tale scrutinio verrà dunque compiuto dal giudice del rinvio – che si designa nella Corte di Appello di Bari, in diversa composizione -, il quale provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo; dichiara assorbito il terzo; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile della Cassazione, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2016

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