Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24729 del 14/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/09/2021, (ud. 15/07/2021, dep. 14/09/2021), n.24729

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4345-2021 proposto da:

K.I., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FRANCESCO SAVERIO DEL FORNO;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI ROMA;

– intimata –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso l’ordinanza n. a R.G. 2461/2020 del GIUDICE DI PACE di ROMA,

depositata il 24/11/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FIDANZIA

ANDREA.

 

Fatto

RILEVATO

– che K.I., cittadino della Costa d’Avorio, ha proposto, affidandolo a due motivi, ricorso per cassazione avverso il provvedimento con cui il Giudice di Pace di Roma, con provvedimento del 24.11.2020, ha rigettato il ricorso avverso il decreto di espulsione del prefetto della provincia di Roma in data 7.04.2020.

– che l’intimato si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. che con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2 per difetto assoluto di motivazione e/o di pronuncia da parte del Giudice di Pace in ordine alla giustezza o fondatezza del decreto prefettizio;

che, in particolare, da un lato, l’ordinanza impugnata non ha considerato, ai fini della valutazione della tendenza a delinquere, che il ricorrente, in un lungo periodo di permanenza in Italia, ha commesso un solo reato, dall’altro, non ha preso posizione rispetto ai fatti introdotti dal ricorrente ed alle correlate domande attoree, con conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c.;

2. con il secondo motivo è stata dedotta l’omessa valutazione di fatti essenziali ex art. 360 c.p.c., n. 5 e la violazione del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, per essere stata ritenuta la pericolosità sociale del ricorrente per effetto della commissione di un unico

3. che entrambi i motivi, da esaminare unitariamente in relaziore alla stretta correlazione delle questioni trattate, sono manifestamente infondati e, per taluni profili, inammissibili;

– che, in particolare, dall’esame dell’ordinanza impugnata non emerge affatto un difetto assoluto di motivazione;

che, infatti, il Giudice di Pace ha ben evidenziato – con una motivazione che soddisfa il requisito del “minimo costituzionale” secondo i parametri della sentenza delle S.U. n. 8053/2014 – che il ricorrente, entrato in Italia in modo irregolare nel 2009, per un certo periodo, fino al 2014, ha fruito del permesso per motivi umanitari, scaduto il quale è nuovamente divenuto irregolare e non più rintracciabile, e ciò fino al 2017 quando è stato fermato per il reato di spaccio di stupefacenti, permanendo nel territorio italiano sempre in modo irregolare anche all’esito del periodo di carcerazione subita;

che, pertanto, dalla precisa ricostruzione del giudice di Pace, emerge in modo implicito che il ricorrente è stato espulso, a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), per essersi trattenuto nel territorio dello stato senza permesso di soggiorno o con permesso scaduto, e non, invece, a norma della citata legge, art. 13, comma 2, lett. c), per l’appartenenza a una delle categorie indicate nella L. n. 1423 del 1956, art. 1 e successive modifiche (attualmente D.Lgs. n. 159 del 2011); che, tenuto conto che il decreto impugnato non fa alcun cenno alla dedotta appartenenza del ricorrente alla categoria dei soggetti socialmente pericolosi o comunque alla eventuale intervenuta espulsione del medesimo in quanto soggetto costituente un pericolo per l’ordine pubblico – essendosi limitato a riportare come mera circostanza fattuale il suo essere stato fermato per spaccio di stupefacenti – lo stesso ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza, avrebbe dovuto allegare e dimostrare che il tema d’indagine sottoposto all’esame del giudice di pace ha avuto ad oggetto la sua espulsione ex art. 13, comma 2, lett. c), e la conseguente sussistenza o meno delle condizioni per la sua operatività, indicando il punto esatto e le modalità con cui nel ricorso del giudizio di primo grado aveva svolto le proprie censure, onde consentire a questa Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass., 13/06/2018, n. 15430);

che, al contrario, il ricorrente non ha adempiuto a tale onere di allegazione, dolendosi della mancata presa di posizione del giudice di Pace sui fatti dallo stesso allegati (e della conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c.), senza, tuttavia, avere avuto cura di indicarne il contenuto, con conseguente inammissibilità per genericità delle sue censure;

5. che non va provveduto sulle spese, stante l’inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero dell’Interno;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2021

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