Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24729 del 02/12/2016


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Cassazione civile sez. II, 02/12/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 02/12/2016), n.24729

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al n.r.g. 9441/16) proposto da:

B.G. (cf: (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avv.

Monica Carena, giusta procura margine del ricorso domiciliato ex

lege presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

– CONSIGLIO NAZIONALE DEI GEOLOGI (c.f.: (OMISSIS)) In persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore dr. P.F.;

rappresentato e difeso dagli avv.ti Daniela Jouvenal ed Otello

Emanuele; con domicilio eletto presso lo studio dei predetti, sito

in Roma piazza Di Pietra n. 26, giusta procura in calce al

controricorso

– controricorrenti-

nonchè nei confronti di:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova;

Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Genova;

– intimati –

avverso il decreto n. 437/2015 della Corte di Appello di Genova;

udita la relazione di causa, svolta all’udienza del 14 settembre 2016

dal consigliere dr. Bruno Bianchini;

uditi l’avv. Monica Carena per il ricorrente e l’avv. Daniela

Jouvenal per il controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ordine dei Geologi della Liguria, rilevato che un proprio appartenente, il dr. B.G., aveva conseguito un numero di crediti formativi inferiore a quello previsto dall’art. 10 del regolamento per l’aggiornamento professionale continuo, per il triennio 2008-2010, approvato con delibera del dicembre 2007, applicò la sanzione disciplinare della censura; tale provvedimento fu confermato dal Consiglio Nazionale dei Geologi; il B. impugnò tale decisione innanzi al Tribunale di Genova che, con decreto del 12 aprile 2015 accolse la prospettazione difensiva del professionista, ritenendo insussistente la denunciata violazione del regolamento, in quanto avvenuta nel periodo di sperimentazione del meccanismo di aggiornamento in esso previsto, in mancanza di espresso rinvio alla disciplina sanzionatoria ordinaria.

L’ordine impugnò tale decisione innanzi alla Corte di Appello di Genova che accolse il reclamo, sulla considerazione che la natura “sperimentale” del regolamento per l’aggiornamento professionale e il mancato richiamo nelle nuove disposizioni sull’aggiornamento delle sanzioni in caso di loro inosservanza, non toglievano la necessità di una lettura integrata delle due disposizioni regolamentari, al fine di applicare la sanzione anche alle infrazioni compiute nel periodo di “sperimentazione”.

Il B. ha proposto ricorso per la cassazione di tale decisione; il Consiglio dell’Ordine ha risposto con controricorso, eccependo preliminarmente la inammissibilità del ricorso; il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova ed il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di quella città, pur se raggiunti da notifica del ricorso, non hanno svolto attività argomentativa.

Diritto

p. 1 – Parte controricorrente ha eccepito la tardività del ricorso avversario in ragione del fatto che esso sarebbe stato notificato solo il 7 aprile 2016 e dunque tardivamente rispetto al termine di sessanta giorni previsto dalla L. n. 339 del 1990, art. 6, comma 8 (“decentramento dell’Ordine Nazionale dei Geologi”) – oltre che dell’art. 325 c.p.c. – decorrente, secondo l’assunto, dalla notifica del decreto per esteso eseguita dalla Cancelleria della Corte di Appello al procuratore del B., avvenuta il 12 ottobre 2015, la quale sarebbe stata idonea – trattandosi di procedimento in camera di consiglio e per effetto del sopravvenire della L. n. 179 del 2012 sulle notifiche in via telematica della copia integrale del provvedimento da impugnare

p. 1.a – L’eccezione è infondata.

E’ fermo il principio dell’applicabilità ai procedimenti camerali c.d. contenziosi (con più parti, come recita l’art. 739 c.p.c., comma 2) della necessità che la notifica del provvedimento impugnato, per far decorrere il termine breve, debba essere compiuta ad istanza di parte (v. in proposito Cass. Sez. 1, 16619/2002; Cass. Sez. 1 n. 18047/2003; Sez. 1, n. 13166/2005); la sopravvenuta L. n. 179 del 2012 non ha disciplinato gli effetti della notifica telematica ai fini della impugnazione bensì solo le modalità della sua esecuzione, rimanendo dunque ferma la interpretazione sopra riportata, la quale ha, peraltro, trovato successivamente una conferma normativa nella nuova formulazione dell’art. 133 c.p.c., comma 2, a seguito dell’entrata in vigore, il 19/8/2014, del D.L. n. 90 del 2014, art. 45, comma 10, lett. b), convertito con modifiche nella L. n. 114 del 2014, che stabilisce che la trasmissione da parte della cancelleria del testo integrale del provvedimento depositato non è idonea a far decorrere il temine breve di impugnazione di cui all’art. 325 c.p.c.; la ratio di tale precisazione si rinviene nel fatto che la notifica del provvedimento impugnabile contiene in sè una provocatio ad agendum significativa della volontà di non sottostare ai termini lunghi delle impugnazioni e quindi è espressione di una facoltà riconosciuta alle sole parti del processo. A riprova di ciò sta la constatazione che anche di recente si è riconosciuta l’esistenza di uno specifico regime di esonero – dunque solo nei casi espressamente previsti dalla legge – dall’ambito applicativo dell’art. 133, comma 2, come novellato, – ritenendo idonea a far decorrere il termine breve per impugnare, la comunicazione di cancelleria del testo integrale del provvedimento impugnato (v. Cass. Sez. 1 n. 10525 del 2016 in materia di impugnazione di sentenze dichiarative di fallimento L. Fall., ex art. 18, comma 13).

p. 2 – Con l’unico motivo di ricorso viene denunciata la violazione o la falsa applicazione dell’art 10 del Regolamento professionale continuo, sostenendosi che l’interpretazione datane dalla Corte di Appello contrasterebbe con l’ambito applicativo degli artt. 7 ed 8 medesimo testo regolamentare..

p. 2.a – Sul punto la Corte territoriale ha innanzi tutto messo in rilievo che detto regolamento stabilisce i principi generali in materia di aggiornamento professionale, ne individua il contenuto ed i destinatari; prevede gli organi deputati a promuovere ed organizzare gli eventi di aggiornamento, i criteri di definizione dei crediti, le modalità di verifica, le sanzioni per gli inadempienti; ha altresì precisato che l’art. 10, il quale prevede che i primi tre anni sono considerati “periodo di aggiornamento sperimentale” presuppone necessariamente la vigenza della intera disciplina posta dai precedenti articoli, alla quale apporta, in via transitoria, delle modifiche riguardanti l’art. 5 – che regola la durata dei periodi di aggiornamento ed il numero dei crediti da conseguire – e l’art. 7 – in materia di verifica e certificazione dell’attività svolta dagli iscritti; ha infine statuito che il detto art. 10 non ha motivo di richiamare – a disciplina del “periodo di aggiornamento sperimentale”- le disposizioni degli altri articoli (ivi compresa dunque la disciplina sanzionatoria) essendo sufficiente il richiamo alle sole disposizioni oggetto di deroga nel periodo transitorio e, quindi, ad indicare la disciplina provvisoriamente applicabile.

p. 2.b – Parte ricorrente, riproponendo impugnativamente la tesi difensiva opposta nei pregressi gradi di giudizio e nella fase amministrativa, assume invece che proprio la mancata menzione delle altre norme renderebbe evidente la volontà di disciplinare il periodo transitorio solo riguardo alla materia trattata e quindi al numero delle attività che danno origine ai crediti formativi, riducendo il numero dei “crediti” obbligatoriamente conseguibili nel triennio 2008-2010, risultando altrimenti superflua la precisazione contenuta nell’ultima parte della norma in esame, che sancisce che, al termine del periodo transitorio, e cioè dal 2011, la durata del periodo di aggiornamento sarebbe diventata biennale e avrebbe seguito l’iter descritto nell’articolo che precede.

p. 2.c – Tale linea interpretativa non può essere condivisa.

p. 2.c.1 – Va innanzi tutto sottolineato che l’applicazione del brocardo ubi lex voluit dixit ubi noluit tacuit è subordinata alla impossibilità a far ricorso ad altri criteri ermeneutici che permettano di dar ragione del mancato richiamo ad altre disposizioni – del medesimo testo normativo – di generale applicazione: nel caso di specie, appare chiaro che la regolamentazione derogatoria – in quanto transitoria – è limitata alla materia trattata, non senza omettere di osservare che la sperimentazione – ed il relativo regime facilitativo – non avrebbe avuto senso se, oltre a diminuire il numero dei crediti formativi da conseguire, si fosse esclusa per implicito, con l’omesso richiamo all’art. 8 del regolamento – ogni sanzione in caso di inadempienza, dovendo esser tenuto fermo il binomio precetto-sanzione, in ispecie qualora si tratti di infrazioni agli obblighi deontologici.

p. 2.c – La condivisibilità della soluzione interpretativa della Corte di Appello non è messa in dubbio neppure dalla necessaria applicazione del principio di determinatezza e tassatività delle norme sanzionatorie in quanto quest’ultimo non esclude che la sanzione del precetto rimasto inosservato, sia rinvenibile all’esito di una operazione ermeneutica del dato letterale della norma, che faccia emergere la ineluttabilità logica del risultato ermeneutico: va all’uopo sottolineato che la interpretazione non ha ad oggetto, in questo caso, la sussistenza della sanzione bensì, più in generale, l’area di applicazione della speciale disciplina transitoria nell’ambito di quella generale sugli obblighi deontologici.

p. 2.d -. Va altresì sottolineato che è rimasto al di fuori delle argomentazioni difensive l’accenno, contenuto nel decreto impugnato, al perdurante inadempimento da parte del professionista della “riapertura dei termini” operata dall’Ordine, al fine di consentire agli iscritti inadempienti di completare, sia pure al di fuori dei termini richiamati, il percorso formativo: ciò sta a significare che, anche per il consiglio dell’Ordine, tale “sanatoria” presupponeva una sanzione di cui all’evidenza si è voluta mitigare l’applicazione nel periodo “sperimentale”, assumendo dunque valore asseverativo di una voluntas di ritenere sanzionabile anche nel periodo transitorio l’inosservanza degli obblighi di formazione professionale.

p. 3 – La ripartizione dell’onere delle spese segue la soccombenza; la liquidazione delle stesse è effettuata secondo quanto indicato in dispositivo; sussistono altresì i presupposti per porre a carico del ricorrente l’ulteriore somma, pari al contributo unificato, giusta quanto disposto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 200 per esborsi; dà altresì atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dello stesso ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, giusta quanto disposto dall’art. 13, comma 1 quater medesimo D.P.R..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione seconda civile della Corte di Cassazione, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2016

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