Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24728 del 19/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 19/10/2017, (ud. 17/05/2017, dep.19/10/2017),  n. 24728

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al n.r.g. 22882/13) proposto da:

A.G., (c.f.: (OMISSIS)) Erede di S.V.

rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso,

dall’avv. Carmine Giovine; con domicilio eletto presso lo studio

dell’avv. Angelo Segreto in Roma, via Dei Gracchi n. 151;

– ricorrente –

Contro

P.G., (c.f.: (OMISSIS));

L.L. (c.f.: (OMISSIS));

L.C. (c.f.: (OMISSIS));

L.F. (c.f.: (OMISSIS));

L.A. (c.f.: (OMISSIS))

Eredi di L.S. parti tutte rappresentate e difese, in

forza di procura a margine del controricorso, dall’avv. Gianfranco

Scarpa; con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ilario

D’Apolito in Roma, via Lago Tana n.16;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 587/2012 della Corte di Appello di Salerno del

15 marzo – 12 luglio 2012, non notificata;

udita la relazione di causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17 maggio 2017 dal consigliere dr. Bruno Bianchini.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.V., con citazione notificata il 21 aprile 1978, premesso di essere proprietario di un fondo rustico in (OMISSIS), denominato (OMISSIS) e che il confinante L.S., nel corso di lavori di dissodamento e trasformazione del proprio terreno, nel 1977, avrebbe occupato una vasta zona della proprietà di esso esponente, convenne il predetto L. dinnanzi al Tribunale di Vallo della Lucania chiedendo che fosse accertata la consistenza del proprio immobile, con ordine di rilascio al convenuto della porzione di terreno illecitamente occupata.

Il convenuto si costituì contestando la fondatezza della domanda, sostenendo di aver acquistato il fondo a corpo e con una confinazione ben precisa, giusta gli atti di provenienza.

Il Tribunale rigettò la domanda, qualificata come diretta al regolamento di confini incerti; tale decisione fu impugnata a A.G., erede universale dello S.; resistettero gli eredi dell’originario convenuto: la moglie P.G. ed i figli L., C., F. ed L.A.. La Corte di Appello di Salerno, pronunciando sentenza pubblicata il 12 luglio 2012, rigettò il gravame, condividendo gli approdi interpretativi della precedente decisione.

Per la cassazione di tale pronuncia ha proposto ricorso l’ A., sulla base di due motivi; hanno resistito con controricorso i P./ L. depositando altresì memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Questioni pregiudiziali.

p. 1 – Le parti ricorrenti hanno eccepito la inammissibilità del ricorso in quanto proposto tardivamente rispetto al termine annuale ex art. 327 c.p.c., ponendo il dies a quo di decorrenza al momento del deposito della minuta di sentenza – avvenuto il 17 aprile 2012 -; osservano in proposito che, giusta certificazione rilasciata da un funzionario della Cancelleria della Corte di Appello di Salerno, depositata in atti, la sentenza stessa, pur se risultando iscritta nel “registro deposito minute”, doveva ritenersi a tutti gli effetti una decisione oggetto di deposito ai fini della pubblicazione, recando la sottoscrizione dell’estensore e del presidente.

p. 1.1 – L’eccezione è priva di fondamento atteso che assume valore prevalente rispetto alla constatazione della doppia sottoscrizione sulla minuta, il carattere meramente interno – rilevante ai fini della tempestività della redazione della sentenza stessa- della iscrizione nel registro minute secondo l’iter procedimentale descritto nell’art. 119 disp. att. c.p.c.; ne consegue che il successivo deposito dell’originale della decisione, avvenuto il 12 luglio 2012, era l’unico momento di emergenza della decisione nei confronti del pubblico.

p. 1.2 – Non correttamente dunque le parti eccipienti hanno fatto riferimento a Cass. Sez. Un.2 agosto 2012 n. 13794 – che, risolvendo un contrasto creatosi nella interpretazione della portata applicativa dell’art. 133 c.p.c. ha statuito che “A norma dell’art. 133 c.p.c., la consegna dell’originale completo del documento-sentenza al cancelliere, nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, avvia il procedimento di pubblicazione, il quale si compie, senza soluzione di continuità, con la certificazione del deposito mediante l’apposizione, in calce al documento, della firma e della data del cancelliere, che devono essere contemporanee alla data della consegna ufficiale della sentenza, in tal modo resa pubblica per effetto di legge. E’ pertanto da escludere che il cancelliere, preposto, nell’espletamento di tale attività, alla tutela della fede pubblica (art. 2699 c.c.), possa attestare che la sentenza, già pubblicata, ai sensi dell’art. 133 c.c., alla data del suo deposito, viene pubblicata in data successiva, con la conseguenza che, ove sulla sentenza siano state apposte due date, una di deposito, senza espressa specificazione che il documento contiene soltanto la minuta del provvedimento, e l’altra di pubblicazione, tutti gli effetti giuridici derivanti dalla pubblicazione della sentenza decorrono già dalla data del suo deposito” – atteso che nella fattispecie attualmente in esame il preteso “contrasto” sarebbe stato tra una certificazione avente carattere meramente interno – registro delle minute – ed una successiva, diretta al pubblico: conferma l’assunto anche la constatazione che le parti eccipienti, per superare tale incongruenza argomentativa, hanno sentito il bisogno di attribuire ad un errore della Cancelleria la iscrizione della minuta nel registro apposito in luogo di quello – a loro dire- deputato a far emergere la data di deposito dell’originale della pronuncia (vedi fol 5 del controricorso).

p. 1.2.1 Ininfluente è poi il tentativo di valorizzare la presenza, nella minuta, della sottoscrizione anche del presidente del Collegio in quanto la stessa ha il solo valore di condivisione di massima dell’iter argomentativo esposto dall’estensore e presuppone una nuova sottoposizione al presidente per la definitiva sottoscrizione.

1.2.2 – Inconducente è infine l’osservare che con i moderni mezzi di elaborazione elettronica del testo la copia della decisione, sottoposta al presidente del Collegio per la preliminare valutazione – e quindi a tutti gli effetti, da considerare come minuta- se non necessiti di correzioni, a volte può essere utilizzata anche a mò di originale per la pubblicazione: nella fattispecie infatti non si ha notizia che sia stato eseguito tale modus procedendi: anzi, proprio il notevole lasso di tempo intercorso tra la iscrizione dell’elaborato in bozza nel registro delle minute e la sua successiva pubblicazione, fa propendere per l’esclusione della ricordata ipotesi.

p. 2 Sostengono altresì le parti contro ricorrenti che si sarebbe superato il termine di cui all’art. 325 c.p.c.: alla base dell’assunto però pongono, dichiaratamente, una notifica della sentenza che non si è perfezionata in quanto indirizzata ad un domicilio professionale del procuratore dell’ A., avv. Giuseppe Vitale, non corrispondente a quello dichiarato nell’atto di appello.

Ricorso.

p. 3 – Con il primo motivo viene denunciata la violazione e, ad un tempo, la falsa applicazione dell’art. 950 c.c. nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso: sostiene parte ricorrente che, non essendo più controvertibile la qualificazione della domanda come diretta al regolamento del confine, la Corte di Appello non sarebbe stata conseguente a tale qualificazione – che prescinde dalla valutazione dei titoli di proprietà – portando al contrario la propria indagine proprio sull’estensione dei terreni oggetto dei titoli remoti di provenienza, così da giudicare che una porzione di terreno – la particella (OMISSIS) del fondo (OMISSIS) -, pacificamente esclusa dalla descrizione dei confini, chiaramente indicati nei titoli, in realtà avrebbe dovuto essere ricompresa nella proprietà dei controricorrenti, giusta una non condivisa analisi dei titoli remoti di provenienza.

p. 3.1 – Il mezzo presenta dei profili di inammissibilità là dove intende far valere un vizio di motivazione secondo la formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anteriore alla riforma portata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012, senza però operare alcun approfondimento argomentativo che, quanto meno, consenta alla Corte di apprezzare: ove il giudice dell’appello avrebbe omesso completamente la valutazione di un elemento determinante per la decisione; ove il suo percorso logico non sarebbe stato ricostruibile; ove infine non sarebbe stato consequenziale nel trarre determinati esiti argomentativi da poste premesse.

p. 3.2 – La insistita differenza tra l’azione di revindicazione e l’actio finium regundorum, consistente nella insussistenza di un conflitto tra titoli nel secondo caso, è male interpretata dal ricorrente che ne trae – tranne che per il terzo motivo che però assume carattere subordinato ai due precedenti – una preclusione dell’esame dei titoli che invece è determinante anche per l’intrapresa domanda (assumendo rilievo, per la determinazione del confine, la verifica dell’estensione dei terreni – vedi Cass. Sez. 6 – 2 ord. 24 febbraio 2016 n.3559- o la loro conformazione geometrica – vedi Cass. Sez. 2, 5 aprile 1984 n. 2211 – come pure le vicende susseguenti al frazionamento di un immobile in origine appartenuto ad un unico proprietario: vedi Cass. Sez. 2, 4 febbraio 2016 n. 2241-) va anche sottolineato che il motivo non rispetta i canoni di specificità, là dove non riporta l’iter logico seguito dalla consulenza tecnica di ufficio – poi fatto proprio dalla corte di Appello – al fine di valutare la corrispondenza tra la lettera dell’ultimo titolo di acquisto degli originari convenuti che dichiaratamente richiamava il contenuto degli atti di trasferimento che lo avevano preceduto.

p. 4 – Con il secondo motivo – strettamente connesso in termini di spunti argomentativi al primo- parte ricorrente lamenta che, come conseguenza della erronea valutazione dei confini applicativi dell’art. 950 c.c., la Corte distrettuale avrebbe deciso su un oggetto sul quale non vi sarebbe stata domanda, vale a dire la proprietà di una porzione della particella (OMISSIS) sopra citata.

p. 4.1 – Il mezzo non merita accoglimento: dal momento che la pronuncia di primo grado, poi confermata in appello, si era limitata rigettare la domanda attorea, affermando dunque che il confine doveva essere posto ove già il L. esercitava la signoria sul fondo, appare evidente che entrambi i giudici di merito non hanno attribuito al L. stesso alcun “bene della vita” non richiesto.

p. 5 – Con il terzo motivo viene denunciata la violazione dei criteri di interpretazione negoziale dell’atto di acquisto del 1 febbraio 1975 dell’originario attore S. – in cui, come detto, vi sarebbero indicati i confini, corrispondenti a quelli catastali, senza accenno alcuno alla porzione della particella (OMISSIS) compresa tra il confine naturale dei due fondi ((OMISSIS)) e la strada comunale -; viene altresì denunciato un triplice vizio di motivazione in una formulazione che, però, soffre della medesima indeterminatezza illustrata al p. 3.1

p. 5.1 Il mezzo è inammissibile perchè, pur censurando la interpretazione di un atto negoziale, non ne riporta il contenuto e si limita a non condividere gli esiti interpretativi della Corte di Appello.

p. 6 – Il ricorso va dunque respinto e le spese regolate secondo la soccombenza, in base a quanto indicato in dispositivo, tenuto conto della complessità dell’opera professionale prestata e dell’oggetto della controversia. p. 6.1 – Stante l’esito del procedimento e considerato che l’atto introduttivo del giudizio di legittimità è stato notificato l’11 ottobre 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo, pari a quello versato a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna Giancarlo A. al pagamento delle spese di lite, liquidandole in complessivi Euro 2.500 (duemilacinquecento) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200 (duecento) ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda della Corte di Cassazione, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017

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