Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24728 del 08/10/2018

Cassazione civile sez. II, 08/10/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 08/10/2018), n.24728

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10956/2014 proposto da:

F.C., F.M.G., P.R.,

P.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4,

presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che li rappresenta

e difende unitamente agli avvocati LUIGI COCCHI, AUGUSTO TORTORELLI;

– ricorrenti –

contro

CARENA IMPRESA DI COSTRUZIONI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA COLA DI RIENZO 162, presso lo studio dell’avvocato LUCIA SCALONE

DI MONTELAURO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRANCO VIGOTTI;

– controricorrente –

e contro

ANAS AZIENDA NAZIONALE AUTONOMA STRADE SPA;

– intimata –

nonchè

sul ricorso 10956/2014 proposto da:

ANAS AZIENDA NAZIONALE AUTONOMA STRADE SPA, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente incidentale –

contro

P.R., F.M.G., P.P.,

F.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4,

presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che li rappresenta

e difende unitamente agli avvocati LUIGI COCCHI, AUGUSTO TORTORELLI;

CARENA IMPRESA DI COSTRUZIONI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA COLA DI RIENZO 162, presso lo studio dell’avvocato LUCIA SCALONE

DI MONTELAURO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRANCO VIGOTTI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 59/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 17/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

P.R., P.P., F.C. e F.M.G., con atto notificato il 23 aprile 2014, hanno proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova n. 59/2014, depositata il 17 gennaio 2014. Resiste con controricorso Carena s.p.a. Impresa di Costruzioni, mentre rimane intimata l’A.N.A.S. s.p.a..

Con atto notificato il 28 aprile 2014 A.N.A.S. s.p.a. ha proposto proprio ricorso avverso la stessa sentenza articolato in due motivi, cui resistono con controricorso P.R., P.P., F.C. e F.M.G., nonchè Carena s.p.a. Impresa di Costruzioni.

Il ricorso notificato per primo (da P.R., P.P., F.C. e F.M.G., notifica 23 aprile 2014) assume caratteri ed effetti d’impugnazione principale, in quanto esso ha determinato la costituzione del procedimento, nel quale debbono confluire, con natura ed effetti di impugnazioni incidentali, le successive impugnazioni proposte contro la medesima sentenza dalle altre parti soccombenti (art. 335 c.p.c.). Ne consegue che il ricorso per cassazione notificato il 28 aprile 2014 dall’A.N.A.S., autonomamente proposto dopo che il primo ricorso era stato già notificato, si converte, riunito a questo, in ricorso incidentale.

I ricorrenti principali hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

1. Con distinti atti di citazione del febbraio 1994 F.C. e M.G., P.P. e R. convennero davanti ai Tribunale di Genova l’ANAS Azienda Nazionale Autonoma delle Strade (poi ANAS s.p.a.) e la Carena Impresa di Costruzioni S.p.a., quale mandataria dell’A.T.I. costituita con Carriero e Baldi S.p.a. e Strade S.p.a., al fine di essere risarciti da queste dei danni causati nell’esecuzione dei lavori di sistemazione della strada statale n. 45 appaltati dall’ANAS all’A.T.I.. La Carena s.p.a. chiamò in causa la Valtrebbia s.c.a r.l., quale autrice materiale dei lavori in questione, al fine di essere manievata; la terza chiamata chiese di essere garantita a propria volta dall’ANAS. Riuniti i giudizi, il Tribunale di Genova con sentenza n. 3144/2005 accolse le domande degli attori e condannò in solido le convenute al risarcimento dei danni, dichiarando nei rapporti interni la responsabilità dell’ANAS pari a un terzo e quella della Carena s.p.a. pari a due terzi; il Tribunale condannò altresì la Carena s.p.a. a rifondere nella misura di due terzi l’ANAS per quanto fosse stata costretta a pagare in forza della sentenza agli attori e dichiarò ANAS tenuta a rifondere nella misura di un terzo quanto la Carena s.p.a. fosse stata costretta a pagare agli attori; condannò, poi, la Valtrebbia s.c.a r.l. a rifondere alla Carena quanto questa fosse stata tenuta a pagare agli attori. Carena s.p.a. propose appello principale, contestando la responsabilità ad essa attribuita e invocando, in subordine, la garanzia dell’ANAS, mentre gli originari attori e l’ANAS proposero appello incidentale. La Corte di Appello di Genova, con sentenza del 1 giugno 2007, dichiarò inammissibili l’appello principale e conseguentemente inefficaci gli appelli incidentali, rilevando che l’appellante principale Carena s.p.a. era stata convenuta in giudizio quale mandataria dell’a.t.i. e nella medesima qualità era stata condannata dal Tribunale, ma aveva proposto appello in proprio e in tale veste doveva ritenersi priva di legittimazione processuale. Avverso la sentenza di secondo grado la Carena s.p.a., in proprio e nella qualità di mandataria dell’a.t.i., propose ricorso per cassazione in via principale per due motivi, mentre l’ANAS propose ricorso incidentale per un motivo. Con sentenza n. 12422 del 20 maggio 2010 venne respinto il primo motivo del ricorso principale, con cui si lamentava che i giudici di secondo grado avessero negato che la Carena aveva proposto l’impugnazione anche in rappresentanza dell’a.t.i., esplicitando il principio per cui, in tema di associazione temporanea di imprese, il potere di rappresentanza, anche processuale, di cui al D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, art. 23, comma 9 (“ratione temporis” vigente), spetta all’impresa mandataria, o “capogruppo”, esclusivamente nei confronti della stazione appaltante, per le operazioni e gli atti dipendenti dall’appalto e non si estende anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto; inoltre, non essendo automatica la rappresentanza processuale, l’impresa capogruppo, per poter proporre un appello anche a nome delle imprese rappresentate, è tenuta a spenderne il nome, essendo priva di legittimazione processuale qualora come nel caso di specie – lo abbia proposto in proprio. Venne invece accolto il secondo motivo del ricorso principale, che lamentava che la Corte di appello avesse negato la valenza dell’atto di appello quale impugnazione proposta nel suo solo nome dalla Carena s.p.a., condannata in primo grado sia pure unitamente alle imprese mandanti, affermandosi dalla Corte di cassazione che non vi era ragione di escludere che la Carena s.p.a. potesse appellarsi in proprio sia nei confronti degli originari attori, sia nei confronti dell’ANAS. L’unico motivo del ricorso incidentale dell’ANAS, che censurava la statuizione di inammissibilità del proprio appello incidentale, venne dichiarato inammissibile, per mancata impugnazione della seconda della due distinte rationes decidendi (quali, rispettivamente, la tardività del gravame e il difetto di legittimazione passiva della parte appellata).

Riassunta la causa dinanzi la Corte di appello di Genova da parte di Carena, i giudici di rinvio hanno preliminarmente ritenuto inammissibile l’appello incidentale riproposto da P.R., P.P., F.C. e F.M.G. in quanto gli stessi non avevano precedentemente proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia n. 684/2007 della Corte di Appello di Genova. E’ stato invece accolto l’appello proposto dalla Carena s.p.a. in proprio e, per l’effetto, è stata parzialmente riformata la sentenza n. 3144/2005 del Tribunale di Genova, respingendo la domanda proposta nei confronti di detta società dagli originari attori, nonchè dall’ANAS, condannando gli stessi in solido al rimborso delle spese di tutti i gradi di giudizio in favore della Carena s.p.a.. La Corte di Genova ha escluso che vi potesse essere una responsabilità della Carena stessa nei confronti degli attori, in quanto, essendo pacifico che l’esecuzione dei lavori era stata effettuata dalla subappaltatrice Valtrebbia s.c. a r.l., ha ritenuto che la subcommittente Carena non avesse esercitato alcuna concreta ingerenza sull’attività di quella, tale da renderla mera esecutrice dei suoi ordini. Ancora, essendo pacifico che la Carena s.p.a. avesse assunto la veste di appaltatrice nei confronti dell’ANAS, ma essendo altresì emersi non la mancata o difettosa esecuzione delle opere appaltate, quanto piuttosto l’incompletezza e i difetti del progetto esecutivo imputabili alla medesima committente ANAS, come accertato dalla Ctu, i giudici di rinvio hanno negato qualsiasi responsabilità della Carena anche nei confronti di quest’ultima.

1. Il primo motivo del ricorso principale (proposto da P.R., P.P., F.C. e F.M.G.) denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. La Corte di Genova si sarebbe limitata a rigettare la domanda risarcitoria avanzata dai ricorrenti nei confronti della Carena s.p.a., omettendo di rilevare che, avendo il Tribunale condannato in solido la Carena e l’ANAS, al detto rigetto sarebbe dovuta seguire la condanna esclusiva dell’ANAS a risarcire i danni sofferti dagli attori.

1.1. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile per difetto di un interesse attuale ad ottenere la rimozione di una pronuncia sfavorevole. La sentenza del Tribunale di Genova aveva condannato in solido ANAS e Carena al risarcimento dei danni subiti dagli attori, mentre la sentenza della Corte d’Appello ha accolto soltanto l’appello proposto al riguardo dalla società Carena, il che ha determinato evidentemente la conferma della condanna relativa all’ANAS. E’ noto come l’obbligazione solidale, pur avendo ad oggetto un’unica prestazione, dà luogo non ad un rapporto unico ed inscindibile, ma a rapporti giuridici distinti, anche se fra loro connessi, e, potendo il creditore ripetere da ciascuno dei condebitori l’intero suo credito, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, il quale può utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati, con la conseguenza che la mancata impugnazione, da parte di un coobbligato solidale, della sentenza di condanna pronunciata nei confronti di tutti i debitori solidali – che pur essendo formalmente unica, consta di tante distinte pronunce quanti sono i coobbligati nei confronti dei quali essa è stata emessa -, così come il rigetto dell’impugnazione del singolo, comporta il passaggio in giudicato della pronuncia riguardante il debitore non impugnante (o il cui gravame sia stato respinto) e solo nei confronti di lui, anche nel caso in cui lo stesso sia stato convenuto nel giudizio di appello ex art. 332 c.p.c., mentre il passaggio in giudicato di detta pronuncia rimane, poi, insensibile all’eventuale riforma od annullamento delle pronunce inerenti agli altri coobbligati (Cass. Sez. 2, 30/05/1990, n. 5082; Cass. Sez. 1, 25/05/1995, n. 5738).

2. Il secondo motivo del ricorso principale lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1655 e 2043 c.c.. La Corte di Genova avrebbe errato nell’escludere la responsabilità della Carena per i danni sofferti dagli attori, ritenendola “in via del tutto aprioristica e apodittica” nudus minister di ANAS, tenuto conto che l’accertata incompletezza e la carenza del progetto esecutivo consegnato dalla committente non potevano escludere la corresponsabilità dell’appaltatrice Carena, sia per lo specifico obbligo contrattuale di approfondita indagine geognostica, sia per il generale dovere di verifica e controllo di fattibilità del progetto.

Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1655 e 2049 c.c.. La Corte di merito, rigettando la domanda di condanna della Carena al risarcimento dei danni sofferti dai ricorrenti e limitandosi ad affermare che i lavori non erano stati eseguiti direttamente da quest’ultima, avrebbe violato la responsabilità ex lege dei subcommittenti per i danni cagionati dall’operato dei propri ausiliari e subappaltatori, nonchè il principio secondo cui dei danni arrecati a terzi da una società consortile (quale, nella specie, la Valtrebbia s.c.a r.l.), nell’esecuzione dei lavori commissionatile da un A.T.I., risponde anche quest’ultima.

2.1. Secondo e terzo motivo del ricorso principale vanno trattati congiuntamente perchè connessi e sono infondati.

La Corte d’appello di Genova ha accertato in fatto, sulla base delle risultanze peritali, che i danni agli originari attori derivavano non dalle modalità esecutive delle opere, ma dagli errori di progettazione e dalla mancanza di soluzioni alternative o di tracciati diversi predisposti sin dall’insorgenza dei primi movimenti franosi, negligenze attribuibili alla committente ANAS e rimediate solo grazie alla redazione di perizie di variante (pagine 11 – 17 della sentenza impugnata). La sentenza impugnata ha perciò fatto corretta applicazione della uniforme interpretazione di questa Corte, secondo cui, in tema di appalti di opere pubbliche, la responsabilità per i danni causati a terzi deve ascriversi al committente laddove questi progetti l’opera ed eserciti ampi poteri di indirizzo e sorveglianza nella relativa esecuzione. L’appaltatore incaricato della realizzazione di una strada, il quale realizzi l’opera attenendosi alle previsioni del progetto fornitogli dal committente, è esente da responsabilità anche quando non possa escludersi nel lungo termine la possibilità di deformazioni dell’opera stessa a causa del lento movimento franoso connesso alla natura argillosa del terreno. In questo caso, infatti, resta nell’area esclusiva di governo del committente la scelta degli interventi funzionali al conseguimento delle finalità dell’opera ed all’impiego delle risorse finanziarie, in relazione alla previsione di interventi successivi nel tempo, diretti alla conservazione al potenziamento ed alla eventuale sostituzione dell’opera stessa.

E’ stato apprezzato in fatto dai giudici del merito che l’attività di progettazione dei lavori di sistemazione della strada statale era stata controllata e vigilata dalla committente ANAS e che a quest’ultima facevano capo ampi poteri di verifica e di redazione degli elaborati progettuali, rimanendo a carico della stessa, pertanto, gli errori di progetto posti alla base del danno procurato nell’esecuzione dell’opera commissionata all’ATI (cfr. Cass. Sez. 3, 29/08/2011, n. 17697; Cass. Sez. 1, 12/06/2007, n. 13764). I giudici del merito hanno altresì accertato che l’esecuzione dell’opera avesse formato oggetto di subappalto in favore di Valtrebbia s.c.a r.l., ed hanno escluso ogni concorrente responsabilità di appaltatrice e subappaltatrice per i danni causati a terzi, avendo riguardo alle modalità con le quali si è verificato l’evento dannoso e negando ogni concreta ingerenza dell’ATI subcommittente sull’attività della subappaltatrice, tale da ridurla al ruolo di mera esecutrice priva di autonomia organizzativa. Nel terzo motivo di ricorso principale, si deduce la circostanza secondo cui la Valtrebbia s.c.a r.l. fosse una società consortile costituita tra le imprese riunite in associazione temporanea e perciò subentrata ex lege nell’esecuzione del contratto stipulato dalle imprese consorziate, lasciando ferme le responsabilità delle imprese riunite (cfr. Cass. Sez. 1, 26/11/2008, n. 28220; Cass. Sez. 1, 04/01/2001, n. 77). La questione legata all’interpretazione del diverso rapporto giuridico corrente fra l’ATI aggiudicataria dei lavori, la capogruppo Carena s.p.a. e la Valtrebbia s.c.a r.l. rivela profili di novità, non essendo in tali termini affrontata nella sentenza impugnata, ed implica accertamenti di fatto che non possono svolgersi per la prima volta nel giudizio di legittimità. Trattasi peraltro di questione da cui non discende in via automatica l’affermazione di responsabilità della Carena s.p.a. per i danni causati a terzi nell’esecuzione delle opere appaltate.

3. Il primo motivo del ricorso incidentale dell’ANAS s.p.a. deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, non avendo la Corte di Genova considerato la circostanza che Valtrebbia s.c. a r.l, effettiva esecutrice dei lavori, risultava non soggetto subappaltatore, bensì società consortile costituta ai sensi del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 96, appaltatrice delle opere al pari della Carena s.p.a..

3.1. Il motivo è inammissibile, in quanto estraneo al parametro del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134. La natura giuridica della Valtrebbia s.c.a r.l., se cioè, come già detto a proposito del terzo motivo del ricorso principale, essa fosse una società consortile costituita tra le imprese riunite in associazione temporanea, subentrata nell’esecuzione dell’appalto stipulato dalle imprese consorziate, non è un fatto storico che risulta dalla sentenza impugnata, nè emerge che il punto abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e che abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). La stessa ricorrente incidentale ne collega l’allegazione nella comparsa di costituzione e risposta davanti al giudice di rinvio, senza però indicare se la questione fosse stata poi dapprima dedotta tempestivamente nei gradi antecedenti. Nè può trascurarsi che il ricorso incidentale proposto dall’ANAS avverso la statuizione di inammissibilità del suo appello era stato dichiarato a sua volta inammissibile dalla sentenza di cassazione n. 12422 del 20 maggio 2010. Si tratta comunque di profilo che implica nuovi accertamenti di fatto, in quanto la società consortile, costituita per l’esecuzione dei lavori dalle imprese riunite in associazione temporanea, aggiudicatarie di un appalto pubblico, non subentra nella titolarità del contratto di appalto e delle relative posizioni giuridiche, la cui gestione è devoluta per legge esclusivamente all’impresa capogruppo e mandataria. Resta fermo che, avendosi riguardo alla responsabilità per i danni causati a terzi dall’esecuzione di un appalto di opere pubbliche, il fatto che la società consortile, costituita dalle imprese riunite in associazione temporanea, non subentra nella titolarità del contratto di appalto, non esonera certo il committente che abbia progettato l’opera ed esercitato poteri di indirizzo e sorveglianza nella relativa esecuzione.

4. Il secondo motivo di ricorso dell’ANAS lamenta la violazione e/o falsa applicazione del giudicato ai sensi dell’art. 2909 c.c., per avere la Corte di Appello, “sulla base di un’interpretazione parziale ed incompleta della sentenza di Cassazione n. 12422/2010”, escluso che la sentenza di primo grado potesse considerarsi passata in giudicato nei confronti della Carena S.p.a. in proprio.

4.1. Questa censura è del tutto priva di fondamento. Basta al riguardo considerare che, in tema di giudizio di rinvio, la rilevabilità del giudicato, interno ed esterno, in ogni stato e grado del processo deve essere coordinata con i principi che disciplinano quel giudizio, e, segnatamente, con la prospettata efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio, che riguarda non solo le questioni dedotte dalle parti o rilevate d’ufficio nel procedimento di legittimità, ma anche quelle che costituiscono il necessario presupposto della sentenza stessa, ancorchè ivi non dedotte o rilevate, sicchè il giudice di rinvio non può prendere in esame la questione concernente l’esistenza di un giudicato, esterno o interno, qualora l’esistenza di quest’ultimo, pur potendo essere allegata o rilevata, risulti tuttavia esclusa, quantomeno implicitamente, dalla statuizione di cassazione con rinvio (cfr. Cass. Sez. 1, 08/02/2016, n. 2411). Ad escludere la sussistenza di un passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei confronti della Carena S.p.a. in proprio basta la lettura della sentenza di cassazione, ove veniva affermato che “non vi era ragione di escludere che la Carena s.p.a. potesse appellarsi in proprio sia nei confronti degli originari attori, sia nei confronti dell’ANAS, avendo in tale veste certamente legittimazione processuale secondo le regole generali”.

5. Consegue il rigetto sia del ricorso di P.R., P.P., F.C. e F.M.G., che del ricorso incidentale dell’ A.N.A.S. S.p.a..

Le spese del giudizio di cassazione vengono regolate secondo soccombenza, con condanna in solido dei ricorrenti principali ed incidentali in favore della controricorrente Carena s.p.a. Impresa di Costruzioni, nell’ammontare liquidato in dispositivo. Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti principali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata. Tale obbligo non trova invece applicazione nei confronti della ricorrente incidentale ANAS S.p.a., in quanto equiparata alle amministrazioni statali che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale e condanna i ricorrenti in solido rimborsare alla controricorrente Carena s.p.a. Impresa di Costruzioni le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2018

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