Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24724 del 08/10/2018

Cassazione civile sez. II, 08/10/2018, (ud. 11/05/2018, dep. 08/10/2018), n.24724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23216-2014 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO PETRETTI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.M., BORTOLAMEAZZI DANIELA, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA LIEGI 7, presso lo studio dell’avvocato MARINA CARDONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato LUIGI SCARPA;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali al ricorso successivo –

e contro

R.M.T., difesa dall’avv. MARIO CONTALDI e l’avv. MARCO

GRAMEGNA;

– ricorrente successivo –

avverso la sentenza n. 248/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 25/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/05/2018 dal Consigliere VINCENZO CORRENTI;

Lette le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. TRONCONE Fulvio, conclude per il rigetto dei ricorsi

principali l’inammissibilità di quello incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.G. e R.M.T. propongono distinti ricorsi per cassazione contro P.M. e B.D., che resistono con controricorso proponendo ricorso incidentale, avverso la sentenza della Corte di appello di Genova 25.2.2014 che, in parziale accoglimento dell’appello dei P. B., ha condannato il primo a pagare agli stessi la somma di Euro 5293,68 oltre accessori ed a manlevarli di quanto erano stati condannati a pagare alla R.M.T..

La sentenza di primo grado del Tribunale di Chiavari, in giudizio in cui i convenuti, citati da R.M.T., avevano chiesto di chiamare in causa l’odierno ricorrente, aveva dichiarato la proprietà esclusiva dell’attrice di una terrazza a livello con esclusione della porzione attribuita all’appartamento sub 6, con condanna dei convenuti al rilascio ed alle spese anche nei confronti del chiamato, mentre la Corte di appello aveva riformato la decisione nei termini sopra riferiti rilevando che la pronunzia di primo grado si basava sull’affermazione che nell’atto tra i fratelli R. ed i sigg. F. e R. non vi era traccia di alcun diritto d’uso attribuito all’immobile di (OMISSIS), oggetto di trasferimento nei confronti degli appellanti e non era ipotizzabile che i convenuti non avessero chiesto la documentazione prima di valutare la convenienza dell’affare; gli stessi avevano fatto contestazioni generiche e la sussistenza di un rapporto di pertinenzialità era incompatibile con il riconosciuto diritto d’uso agli appellanti da parte del venditore R.G..

Andava accolta la domanda di manleva perchè R.G. aveva venduto il diritto d’uso e riconosciuta l’evizione parziale con riduzione del prezzo.

Ricorrono R.G. con cinque motivi, R.M.T. con due motivi, illustrati da memoria, i resistenti resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale con unico motivo.

Il PG ha chiesto il rigetto dei ricorsi principali e l’inammissibilità dell’incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Col primo motivo del ricorso di R.G. si deduce violazione dell’art. 342 c.p.c. per difetto di specificità dei motivi, col secondo dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 342 c.p.c. stante la nullità della sentenza per violazione del requisito motivazionale, col terzo omesso esame di fatto decisivo in relazione al rogito D.G. 26.6.1998, col quarto violazione degli artt. 1362 c.c. e ss., art. 1484 c.c., omesso esame di fatto decisivo, col quinto, in subordine, dell’art. 112 c.p.c. e art. 1362 c.c. con riferimento all’interpretazione degli atti. Col ricorso di R.M.T. si lamentano 1) violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 345 c.p.c.per non avere la Corte di appello ritenuto l’inammissibilità della nuova domanda in appello sulla pertinenzialità; 2) violazione dell’art. 100 c.p.c. per aver ritenuto il difetto di un interesse effettivo ed attuale ad una pronuncia di apposizione della ringhiera divisoria tra le terrazze, col ricorso incidentale si denunzia violazione dell’art. 948 c.c. e 2697 cc.

Col ricorso incidentale si denunzia la violazione degli artt. 948 e 2697 c.c. perchè l’attrice aveva prodotto solo l’atto di divisione.

Le censure non meritano accoglimento.

La Corte di appello con la motivazione sopra riportata ha fatto riferimento all’interpretazione degli atti determinando l’oggetto del contratto.

L’opera dell’interprete, mirando a determinare una realtà storica ed obiettiva, qual è la volontà delle parti espressa nel contratto, è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dagli artt. 1362 c.c. e ss., oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi; pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti.

Di conseguenza, ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non può essere considerata idonea – anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente – la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d’argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità (e pluribus, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579, 16.3.04 n. 5359, 19.1.04n. 753).

Nè può utilmente invocarsi, come sembra dai ricorrenti, la mancata considerazione del comportamento delle parti.

Ad ulteriore specificazione del posto principio generale d’ordinazione gerarchica delle regole ermeneutiche, il legislatore ha, inoltre, attribuito, nell’ambito della stessa prima categoria, assorbente rilevanza al criterio indicato nell’art. 1362 c.c., comma 1 – eventualmente integrato da quello posto dal successivo art. 1363 c.c. per il caso di concorrenza d’una pluralità di clausole nella determinazione del pattuito – onde, qualora il giudice del merito abbia ritenuto il senso letterale delle espressioni utilizzate dagli stipulanti, eventualmente confrontato con la ratio complessiva d’una pluralità di clausole, idoneo a rivelare con chiarezza ed univocità la comune volontà degli stessi, cosicchè non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l’intento effettivo dei contraenti – ciò che è stato fatto nella specie dalla corte territoriale, con considerazioni sintetiche ma esaustive – detta operazione deve ritenersi utilmente compiuta, anche senza che si sia fatto ricorso al criterio sussidiario dell’art. 1362 c.c., comma 2 che attribuisce rilevanza ermeneutica al comportamento delle parti successivo alla stipulazione (Cass. 4.8.00 n. 10250, 18.7.00 n. 9438, 19.5.00 n. 6482, 11.8.99 n. 8590, 23.11.98 n. 11878, 23.2.98 n. 1940, 26.6.97 n. 5715, 16.6.97n. 5389); non senza considerare, altresì, come detto comportamento, ove trattisi d’interpretare, come nella specie, atti soggetti alla forma scritta ad substantiam, non possa, in ogni caso, evidenziare una formazione del consenso al di fuori dell’atto scritto medesimo (Cass. 20.6.00 n. 7416, 21.6.99 n. 6214, 20.6.95 n. 6201, 11.4.92 n. 4474).

In particolare il primo motivo del ricorso di R.G. trascura che S.U. 27199/2017 ha statuito che bisogna parametrare i motivi di impugnazione alla sentenza impugnata e che l’interpretazione della domanda spetta al Giudice.

Il secondo omette di considerare che una motivazione esiste e la denunzia ex art. 132 c.p.c. è ridotta al minimo costituzionale della assenza, apparenza od assoluta perplessità del decisum.

Il terzo motivo è infondato non esistendo l’omesso esame di fatto decisivo mentre per i restanti valgono le regole di ermeneutica contrattuale sopra riferite.

Non si ignora che parte della dottrina, a differenza della costante giurisprudenza, valorizza la teoria procedimentale non escludendo di verificare la comune volontà delle parti anche da atti precedenti o successivi ma nessun elemento emerge per confutare la tesi della sentenza.

Il ricorso di R.M.T. è carente di interesse in ordine al primo motivo ed analogamente in ordine al secondo motivo posto che la sentenza riferisce di una originaria domanda della R. sulla declaratoria del diritto a delimitare la porzione con ringhiera (pagina sette) e della sussistenza di tale facoltà (pagina quattordici).

Il ricorso incidentale prospetta una questione nuova incompatibile con le difese assunte per cui andava eventualmente proposta rituale impugnazione ex art. 112 c.p.c. lo stesso ricorrente incidentale, come rileva il PG, riconosce che non è stato proposto motivo di appello) ma solo formulate deduzioni in conclusionale, con conseguente giudicato interno.

Donde il rigetto dei ricorsi, la compensazione delle spese ed il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta i ricorsi, compensa le spese, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento dell’ulteriore contributo a carico di tutte le parti.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2018

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