Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24724 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/11/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 05/11/2020), n.24724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20073/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Cooperativa Artigiani di Paderno s.coop.r.I., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Calabria n. 56, presso lo studio dell’avv. Aristide Zampaglione, che

la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Pie=3

n. 131/44/11, depositata il 4 luglio 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 dicembre

2019 dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con la sentenza n. 131/44/11 del 04/07/2011, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 208/25/10 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto dalla Cooperativa Artigiani di Paderno s.coop.r.l. (di seguito Cooperativa) nei confronti di un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2004;

1.1. come emerge anche dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso in ragione delle somme versate dai soci alla Cooperativa per l’acquisto dei terreni, somme ritenute dalla società contribuente fuori campo IVA;

1.2. la CTR motivava il rigetto dell’appello osservando che: a) la Cooperativa aveva chiesto un finanziamento ai soci per potere partecipare alla gara indetta dal Comune di Paderno Dugnano “per l’assegnazione di un lotto di terreno onde edificare capannoni da assegnare ai soci per lo svolgimento della loro attività artigianale”; b) le parti qualificavano il versamento come caparra e, pertanto, emettevano fatture senza l’assoggettamento ad IVA; c) le somme venivano imputate quale acconto prezzo solo successivamente alla stipulazione dei contratti preliminari per l’edificazione dei capannoni, con conseguente versamento dell’imposta; d) la pretesa dell’Agenzia delle entrate, per la quale la ricorrente doveva provvedere “ad un uguale ulteriore versamento di Iva per poi chiederne il rimborso, “nell’ipotesi in cui le tesi dell’Ufficio dovessero trovare accoglimento in questa sede”” non sembrava “logicamente conforme a costituzione (v. art. 53 Cost.)”; e) le sanzioni non erano applicabili per assenza di un illecito imputabile alla Cooperativa, il cui comportamento non aveva arrecato alcun danno all’Erario;

2. l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

3. la Cooperativa resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 2, comma 1, e art. 6, comma 4, nonchè degli artt. 1362 e s.s. c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la CTR avrebbe errato nel qualificare il versamento dei soci quale caparra o finanziamento anzichè quale acconto prezzo;

2. con il secondo motivo di ricorso si deduce contraddittoria e carente motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidenziando che dalla motivazione della CTR non si comprendono le ragioni per le quali le somme versate dai soci sono considerate fuori campo IVA e, in ogni caso, non sarebbero stati presi in considerazione una serie di elementi di prova che avrebbero dovuto condurre la CTR ad una diversa conclusione;

3. con il terzo motivo di ricorso si contesta la violazione e/o la falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 5 e 6, anche in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che le sanzioni sono dovute in ragione del ritardato versamento dell’IVA (tre anni dopo) e della mancata prova dell’assenza di colpa da parte della società contribuente;

4. i primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto contestano, sotto i diversi profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, la qualificazione giuridica dell’operazione effettuata dalla CTR, sono inammissibili in quanto non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata;

4.1. la CTR, lungi dal qualificare giuridicamente l’operazione posta in essere da Cooperativa e soci, si è limitata a ricostruirla sotto il profilo fattuale (i soci concedevano un finanziamento alla società; detto finanziamento veniva fatturato a titolo di caparra confirmatoria; successivamente alla stipula dei preliminari tra Cooperativa e soci, le somme versate da questi ultimi venivano imputate ad acconto prezzo), concludendo che la pretesa dell’Agenzia delle entrate di un nuovo versamento dell’IVA, eventualmente da chiedere a rimborso nel caso di riconoscimento delle ragioni della società, non era conforme a Costituzione e, segnatamente, all’art. 53 Cost.;

4.2. quest’ultima è l’unica vera ratio decidendi della sentenza impugnata, che non risulta specificamente aggredita dall’Agenzia delle entrate, concernendo i motivi una qualificazione giuridica dell’operazione sulla quale la CTR non ha in alcun modo fondato la decisione, prescindendo completamente dalla stessa;

5. l’inammissibilità dei primi due motivi implica il rigetto anche del terzo motivo, in ragione della definitività dell’accertamento riguardante la regolarità del comportamento tenuto dalla Cooperativa e, dunque, della conseguente non debenza delle sanzioni;

6. in conclusione, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna dell’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore della lite dichiarato di Euro 201.576,00.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 7.000,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del quindici per cento e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

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