Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24724 del 02/12/2016


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Cassazione civile sez. II, 02/12/2016, (ud. 27/05/2016, dep. 02/12/2016), n.24724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25946/2014 proposto da:

B.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma, P.le

Clodio 14, presso lo studio dell’avvocato ANDREA GRAZIANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MANLIO CONTENTO, come da

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRIFITTURA PORDENONE, in persona del Prefetto pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 446/2014 del TRIBUNALE di PORDENONE depositata

il 21/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/05/2016 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

uditi gli avvocati Graziani per delega e Mario Antonio Scino per

l’Avvocatura dello Stato, che si riportano agli atti e alle

conclusioni assunte;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che conclude per l’accoglimento del primo

motivo di ricorso, assorbito il secondo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.G. impugna con due motivi la sentenza d’appello n. 446/14, pronunciata dal Tribunale di Pordenone in data 8/04/2014, depositata in cancelleria il 21/05/2014 e notificata il 30 luglio 2014, che aveva accolto il gravame della Prefettura, confermando l’ordinanza ingiunzione prefettizia del 30/06/2010 con cui erano state irrogate sanzioni per emissione di un assegno privo di provvista.

2. Espone in fatto il ricorrente che era stata contestata la violazione della L. n. 386 del 1990, art. 2, “per aver emesso l’assegno n. (OMISSIS) sul conto corrente n. (OMISSIS), tratto presso le Poste italiane S.p.a., filiale di (OMISSIS), in assenza di provvista, con applicazione a B.G., in qualità di traente (doc. 1, fascicolo primo grado di parte ricorrente) e a F.O. in qualità di obbligato in solido” (doc. 2 fascicolo di primo grado di parte ricorrente) della sanzione amministrativa di 1.032,00 caro e della sanzione amministrativa accessoria del divieto di emettere assegni per la durata di ventiquattro mesi”.

2. Precisa il ricorrente che aveva sostenuto che “l’ordinanza era vi data in quanto non risultava essere stato inviato al traente, cioè al sig. B.G., il preavviso di revoca previsto dalla L. n. 360 del 1990, art. 9 bis, ma che, comunque, il titolo era stato pagato in data 3/01/2009 nelle mani del beneficiario”; come da dichiarazione scritta depositata in giudizio.

3. Precisa ancora il ricorrente che il giudice di pace accoglieva l’opposizione, dopo aver rilevato che “dalla documentazione in atti risulta che il sig. B. ha pagato quanto dovuto al soggetto beneficiario dell’assegno ( N.P.) e si è fitto rilasciare una quietanza con allegata copia del documento di identità”, e dopo aver individuato il traente nel “sig. B.G. che ha sottoscritto l’assegno in questione” sulla base del R.D. n. 1736 del 1933, art. 1, il quale contempla “la sottoscrizione di colui che emette l’assegno (traente)”, motivava l’accoglimento, osservando che, “oltre all’intervenuto pagamento dell’assegno, a quest’ultimo non era stato inviato il preavviso di cui all’articolo 9-bis della Legge 386-1990, preavviso che (…) Poste italiane avrebbe dovuto comunicare al B. (…) in quanto, appunto, traente”.

4. Il Tribunale di Pordenone accoglieva l’appello della Prefettura. Osservava il giudice unico che “nel caso in esame non è in discussione la revoca ad emettere gli assegni di cui alla L. n. 386 del 1990, art. 9, ma la comunicazione imposta dalla legge nella L. n. 386 del 1990, art. 9 bis; l’art. 9 bis della predetta legge è chiaro: il trattario comunica al traente e cioè Poste Italiane avrebbero dovuto comunicare al sig. B. le modalità operative per il pagamento del titolo”.

5. Rileva il ricorrente che il giudice unico osservava che “il trattario – Poste Italiane – ha correttamente comunicato il preavviso di cui all’art. 9 bis, della legge in esame, e ciò ha fatto nei confronti del traente, ovverosia la Sig.ra F.O.. Come infatti già anticipato in fatto, la nota dd.13.06.2010 (doc. 1) delle Poste Italiane, nonchè la quietanza di pagamento del beneficiario indicavano l’intestatario dell’assegno, ovvero il traente-correntista nella Sig.ra F.O.; sicchè il B.G. era indicato in qualità di delegato al pagamento ovvero emittente dell’assegno protestato. Invero, Part. 8 delle Condizioni Contrattuali Generali del conto corrente (OMISSIS) (doc. 2) indica all’art. 8 che le comunicazioni previste alla L. n. 386 del 1990, art. 9 bis, saranno inviate al correntista (…)”.

Osserva ancora il ricorrente che “le Poste Italiane hanno comunicato alla Sig.ra F., nella veste di correntista del c.c. (OMISSIS), di provvedere a fornire la provvista per l’assegno emesso dal B. in favore del N.P.. Tale richiesta tuttavia è rimasta inattesa cosicchè le Poste Italiane hanno dovuto procedere con la segnalazione alla Prefettura di Pordenone la quale ha poi emesso legittimamente l’ordinanza de qua”.

5. Resiste con controricorso la parte intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi del ricorso.

1.1 – Col primo motivo si deduce: “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 100, art. 329, comma 2, art. 342 (e art. 434) del medesimo; nullità della sentenza di appello per omessa declaratoria di inammissibilità violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, codice di rito per inosservanza del giudicato interno (art. 2909 c.c.)”.

Osserva il ricorrente che l’appellante prefettura non aveva avanzato alcuna censura alla sentenza impugnata “nella parte in cui dava per accertato l’intervenuto pagamento dell’assegno come risultante dalla quietanza dimessa in atti dai ricorrenti (doc. 3 e 4 fascicolo di parte ricorrente)”. Secondo il ricorrente, “tale premessa, proprio perchè costituente un capo della decisione idoneo a sorreggerla indipendentemente dalla questione circa il preavviso di revoca, dovesse essere fatto oggetto dei motivi di appello allo scopo di evitarne il passaggio in giudicato”. Rileva ancora il ricorrente che “alla mancata proposizione dell’impugnazione contro l’accertato e dichiarato intervenuto pagamento, non poteva che conseguire l’acquiescenza alla parte della sentenza non impugnata (art. 329, comma 2) con il conseguente passaggio in giudicato di quest’ultima”. Con la conseguenza che “l’appello doveva essere dichiarato inammissibile e ciò anche per l’evidente carena di interesse sopravvenuta nei confronti proposta solamente contro il diverso capo della decisione”.

1.2 – Col secondo motivo si deduce: “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, L. 15 dicembre 1990, n. 386, artt. 2, 8 e 9 bis, e del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 1; illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui non prescrive che il preavviso ivi previsto non venga comunicato anche all’emittente del titolo delegato dal correntista”.

Secondo il ricorrente, “il Tribunale non ha fatto corretta applicazione delle disposizioni di cui alla L. 15 dicembre 1990, n. 386, e, in particolare, dell’art. 9 bis, il quale prescrive l’obbligo, in capo al trattario, di comunicare al traente che, scaduto il termine indicato nell’art. 8, senza che abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, il suo nominativo sarà iscritto nell’archivio di cui all’art. 10 bis, e che dalla stessa data gli sarà revocata ogni autorizzazione ad emettere assegni”. Tale interpretazione non consente al sottoscrittore del titolo, che ha emesso un assegno senza provvista “in qualità di delegato (debitamente autorizzato) dal correntista – di essere formalmente reso edotto della facoltà, concessa dalla L. n. 386 del 1990, art. 8, che esclude l’applicazione delle sanzioni amministrative nel caso di pagamento dell’assegno, degli interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente”. La sottoposizione a sanzione di chiunque abbia emesso l’assegno privo di provvista non rende ragionevole escludere “l’obbligo del trattario di comunicare anche al delegato di traenza il preavviso di cui all’art. 9 bis (permettendogli di usare della facoltà prevista dall’art. 8)”. Di cui l’illegittimità costituzionale della L. 15 dicembre 1990, n. 386, art. 9 bis, per violazione dell’art. 3 Cost., sotto un duplice profilo. Il primo perchè “lasciare alla diligenza del correntista l’eventuale comunicazione circa detta facoltà inserita nel preavviso di revoca pare violare il principio di uguaglianza”; il secondo perchè “anche a voler negare detta equiparazione di posizioni, la mancata comunicazione del preavviso al delegato di traenza appare del tutto irragionevole dal momento che, oltre ad essere esposto alle san’ioni di legge e ad avere, quindi, un interesse proprio nella vicenda, pare anche il soggetto cui il delegante dovrebbe attribuire la responsabilità dell’accaduto a causa dell’emissione di un assegno privo di provvista e, tra senza l’indicazione su di esso della qualità di delegato”.

Osserva ancora il ricorrente che la Corte Costituzionale con la decisione n. 50 del 2011 ha dichiarato inammissibile tale questione ma sul rilievo che “il fatto che il c.d. preavviso di revoca non era stato inviato nell’occasione, all’ex amministratore delegato alla firma non poteva implicare (..) in nessun modo che sulla base della normativa vigente tale comunicazione non dovesse essere atta e che tale omissione non avesse conseguenze sulla legittimità del provvedimento impugnato”.

2. Il ricorso è fondato e va accolto per quanto riguarda il secondo assorbente motivo.

Col secondo motivo condivisibilmente il ricorrente deduce che il Tribunale non ha fatto corretta applicazione delle disposizioni di cui alla L. 15 dicembre 1990, n. 386 e, in particolare, dell’art. 9 bis. Infatti il giudicante ha ritenuto che l’obbligo, in capo al trattario, di comunicare al traente che, scaduto il termine indicato nell’art. 8, senza che abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, il suo nominativo sarà iscritto nell’archivio di cui all’art. 10 bis, e che dalla stessa data gli sarà revocata ogni autorizzazione ad emettere assegni, fosse correttamente adempiuto con la sola comunicazione all’intestatario del conto e non anche al delegato alla emissione di assegni, posto che la sanzione anche nei suoi confronti irrogata ne determinava l’interesse a conoscere tale facoltà e ne discriminava la posizione ai sensi dell’art. 3 Cost..

Va rilevato che la L. n. 386 del 1990, riguardo al fatto illecito dell’emissione di assegno senza provvista, prevede due distinti e autonomi profili sanzionatori, entrambi condizionati alla mancata prova del pagamento del titolo neppure entro i sessanta giorni successivi alla data di scadenza del termine di sua presentazione.

Va aggiunto che nel caso della delega ad emettere assegni, come pacificamente nel caso in questione, circostanza questa di cui la Banca è specificamente a conoscenza, una interpretazione del dettato normativo che escludesse la necessità di dare la comunicazione prescritta anche a colui che è autorizzato ad emettere assegni e sia stato in concreto il soggetto che ha emesso l’assegno in questione, risulterebbe non conforme al dettato costituzionale, non ponendo concretamente il soggetto in questione nelle condizioni di conoscere che si sta maturando il termine per l’integrazione di tutti i presupposti necessari per dar luogo nei suoi confronti ad una sanzione amministrativa, anche di un certo rilievo.

In tal senso va affermato il seguente principio di diritto: “sussiste l’obbligo del trattario di comunicare anche al delegato di traenza, che abbia emesso l’assegno, il preavviso di cui alla L. n. 386 del 1990, art. 9 bis, (permettendogli così di far uso della facoltà prevista dall’articolo 8). Tale comunicazione costituisce presupposto necessario per l’eventuale sanzione di cui all’art. 9, ove non intervenga il pagamento nel termine previsto”.

3. L’accoglimento del secondo assorbente motivo determina la cassazione del provvedimento impugnato. Sussistendone i presupposti, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., questa Corte può pronunciare sul merito, annullando il provvedimento impugnato.

4. In relazione alla novità della questione, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, accoglie la proposta opposizione. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2016

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