Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24723 del 19/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 19/10/2017, (ud. 09/05/2017, dep.19/10/2017),  n. 24723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17105-2013 proposto da:

L.R.R., (OMISSIS), V.G. (OMISSIS),

T.G. (OMISSIS), M.F. (OMISSIS), M.L.

(OMISSIS), V.D. (OMISSIS), V.A. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di

CASSAZIONE rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONIO CONO

GERARDO DE PAOLA, MICHELE PINTO;

– ricorrenti –

contro

G.S., G.P., elettivamente domiciliate in

ROMA, VIA OTRANTO 18, presso lo studio dell’avvocato ROSSELLA RAGO,

rappresentate e difese dall’avvocato RAFFAELE MARIA SASSANO;

– controricorrenti –

e contro

C.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 311/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 18/04/2013;

Fatto

RILEVATO

che:

con citazione notificata il 3/2/1994 L.R.R., V.M., V.A., V.G., T.G., V.D., M.F. e C.C., dichiarandosi proprietari di un fabbricato in (OMISSIS), hanno convenuto innanzi al tribunale di Sala Consilina G.P., G.S. e Ch.Do. per sentirli condannare al rilascio quali occupanti senza titolo;

con sentenza del 9/5/2005 il g.o.a. presso il tribunale ha accolto la domanda di rilascio, disattendendo l’eccezione di usucapione proposta dalle germane G. in riferimento al possesso della loro madre G.A. (a fronte di deduzione di difetto di legittimazione passiva di Ch.Do., dichiaratosi mero coniuge di una delle germane);

la corte d’appello di Salerno, con sentenza depositata il 18/4/2013, rigettando l’appello incidentale, ha accolto l’appello principale delle signore G., rigettando la domanda di rilascio originaria dei signori L.R. e altri; ha ritenuto la corte che, a fronte dell’eccezione di usucapione avversa, la domanda di rilascio si convertisse in rivendicazione, non avendo i rivendicanti fornito la probatio diabolica in ordine al loro acquisto ed avendo invece le germane G. provato l’usucapione;

avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione l.R.R., V.A., V.G., T.G., V.D., M.F. e M.L., quale erede di V.M., affidandolo a un unico motivo illustrato da memoria, cui hanno resistito con controricorso S. e G.P. anch’esso illustrato da memoria, mentre Ch.Do. non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

risulti infondata l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dalle controricorrenti; invero, se effettivamente la sentenza impugnata risulta notificata il 6/5/2013 e il ricorso notificato oltre il termine dell’art. 325 c.p.c., comma 2 l’11.7.2013 presso il domiciliatario avv. Pasquale De Santis, è anche vero – come le stesse controricorrenti riconoscono – che la notifica è stata tentata nel domicilio dichiarato di detto avv. De Santis il 5.7.2013, cioè nei termini; ciò consente di applicare l’indirizzo giurisprudenziale, innovativo rispetto ai precedenti richiamati dalle controricorrenti, di cui a Cass. Sez. U, n. 14594 del 15/07/2016, secondo il quale in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante (nel caso di specie, mutamento dell’indirizzo del domiciliatario in Salerno di difensore costituito del foro di Potenza, con ipotesi quindi di non imputabilità ai sensi della cennata sentenza delle Sez. U) questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c.; riattivazione verificatasi nel caso di specie;

risulti infondato il primo motivo di ricorso, con cui si è lamentata violazione dell’art. 102 c.p.c. per non essere stato integrato il contraddittorio nei confronti di Go.Lu., anch’essa avente causa dell’originaria posseditrice cui è unito il possesso ex art. 1146 c.c., comma 1 ai fini dell’usucapione; come emerge infatti dalla giurisprudenza di questa corte (v. Cass. n. 6163 del 20/03/2006 e n. 14522 del 14/08/2012) in tema di giudizio diretto all’accertamento dell’usucapione, la fattispecie del litisconsorzio necessario ricorre esclusivamente nel caso in cui la pluralità soggettiva sia rinvenibile dal lato passivo del rapporto, cioè tra coloro in danno dei quali la domanda è diretta, non anche nell’ipotesi in cui essa si riscontri dal lato attivo, atteso che, in tale evenienza, l’azione proposta è diretta a costituire una situazione compatibile con la pretesa che i soggetti non citati in giudizio potranno eventualmente vantare in futuro;

il predetto motivo sia infondato anche da altro punto di vista, in quanto nel caso di specie l’usucapione è stata fatta valere in via di mera eccezione, onde si applica il principio (per il quale v. Cass. n. 14765 del 03/09/2012 e n. 4624 del 22/02/2013) per cui, quando l’usucapione si faccia valere al fine limitato di paralizzare la pretesa avversaria, in via di eccezione, non si configura un’ipotesi di litisconsorzio necessario in relazione ai restanti possibili comunisti, sussistente, invece, in caso di domanda riconvenzionale di riconoscimento della proprietà esclusiva del bene, risolvendosi detta eccezione, che pur amplia il thema decidendum, in un accertamento incidenter tantum, destinato ad esplicare efficacia soltanto fra le parti;

sia infondato il secondo motivo, con cui si lamenta violazione degli artt. 99 e 101 c.p.c., per avere la corte d’appello ritenute le signore G. eredi della propria madre al fine di ritenere fondata l’eccezione di usucapione, essendo state invece esse convenute in proprio quali occupanti senza titolo; non si tratterebbe, infatti, di ultrapetizione, convergendo la qualità ereditaria sui medesimi soggetti evocati in giudizio, nonchè risultando che le stesse signore G., nell’eccepire l’usucapione, abbiano dedotto tale qualità;

risulti inammissibile, infine, il terzo motivo, con cui i ricorrenti deducono violazioni degli artt. 1158 e 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., in sostanza contestando l’apprezzamento delle risultanze delle prove per testi da parte della corte di merito, ciò che non è consentito nel giudizio di legittimità;

il ricorso debba in definitiva essere rigettato, con condanna dei ricorrenti alle spese secondo soccombenza;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si debba dar atto del sussistere dei presupposti per il versamento a cura di parte ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione a favore delle controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 3.000 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento a cura di parte ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 9 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017

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