Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24723 del 02/12/2016


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Cassazione civile sez. II, 02/12/2016, (ud. 27/05/2016, dep. 02/12/2016), n.24723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CRRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1650-2014 proposto da:

O.A., (OMISSIS), in proprio e quale titolare della ditta

omonima, elettivamente domiciliato in Cagliari via Palomba n. 22,

presso lo studio dell’avv.to GIUSEPPE PODDA, che lo rappresenta e

difende come da procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA CAGLIARI, in persona del Prefetto pro tempore, domiciliata

in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1700/2013 del TRIBUNALE di CAGLIARI,

depositata il 23/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/05/2016 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

udita l’Avvocatura dello Stato in persona dell’avvocato SCINO Mario

Antonio, che si riporta agli atti e alle conclusioni assunte;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che conclude per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. O.A. impugna per cassazione con quattro motivi la sentenza indicata in epigrafe del giudice unico del Tribunale di Cagliari che ha dichiarato inammissibile il suo appello, avverso la sentenza del giudice di pace di Cagliari n. 9/2011, che ha respinto il suo ricorso in opposizione avverso sanzioni amministrative prefettizie.

2. Il Tribunale di Cagliari ha dichiarato inammissibile l’appello, accogliendo l’eccezione al riguardo avanzata dalla Prefettura, che aveva rilevato che l’appello doveva essere proposto con atto di citazione da notificarsi entro sei mesi, decorrenti dalla data del deposito della sentenza avvenuto) in data 10.3.2011. Il termine, tenuto conto della sospensione feriale, era scaduto il 26 ottobre 2011, mentre la notifica del ricorso e del decreto era avvenuta il 21 novembre 2011, a termine di impugnazione ormai scaduto.

La scelta di introdurre l’appello con ricorso invece che con citazione non esonerava l’appellante dal rispetto dei termini di decadenza previsti dall’art. 327 c.p.c., termine da computarsi con riguardo alla notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza alla controparte.

3. Resiste con controricorso la parte intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi del ricorso.

1.1 – Col primo motivo si deduce: “Nullità della sentenza o del procedimento, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per la violazione dell’art. 327 c.p.c., comma 1, art. 39 c.p.c., comma 3, e art. 112 c.p.c. nonchè dell’art. 156 c.p.c., art. 157 c.p.c., comma 3, artt. 159 e 121 c.p.c.”. Il ricorrente argomenta in dissenso con i principi affermati da Cass. S.U. n. 21675/13 (nonchè della successiva S.U. n. 22848/13).

1.2 – Col secondo motivo si deduce: “nullità della sentenza o del procedimento, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per l’omessa pronuncia in tema di sanatoria dell’atto introduttivo ritenuto irrituale”.

1.3 – Col terzo motivo si deduce: violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 111 Cost., nonchè ai principi del giusto processo e dell’errore scusabile”.

1.4 – Col quarto motivo si deduce: “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli artt. 2702, 1376 e 2644 c.c., nonchè alla L. n. 689 del 1981, art. 20 e art. 213 C.d.S., comma 6, nonchè in relazione anche agli artt. 327, 112, 121 e 156 c.p.c., art. 157 c.p.c., comma 3, artt. 159 e 162 c.p.c.”.

2. Il ricorso è infondato e va rigettato.

Le prospettazioni del ricorrente non possono essere condivise, restando invece applicabili i principi affermati da questa Corte, anche a sezioni unite, con riguardo al rito applicabile, alla possibile sanatoria e alla inapplicabilità dell’istituto della rimessione in termine.

Basterà quindi richiamare i principi in questione in sintesi come segue.

2.1 – Nei giudizi di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, introdotti nella vigenza della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23 come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 26 e quindi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, l’appello deve essere proposto nella forma della citazione e non già con ricorso, trovando applicazione, in assenza di una specifica previsione normativa per il giudizio di secondo grado, la disciplina ordinaria di cui all’art. 339 c.p.c. e ss. (Sez. U, Sentenza n. 2907 del 10/02/2014, Rv. 629583).

2.2 – Ove la parte abbia proposto l’impugnazione nella forma irrituale del ricorso, essa, per ottenere l’effetto dell’utile radicamento del contraddittorio, è tenuta a notificare tempestivamente alla controparte l’improprio atto introduttivo unitamente al decreto di fissazione d’udienza, del quale ultimo provvedimento è suo esclusivo onere acquisire conoscenza, informandosi presso la Cancelleria, la quale non è tenuta ad alcuna comunicazione relativa, alla stregua di quanto invece è previsto dalla disciplina di altri riti (Cass. n. 3058 del 29/02/2012 Rv. 621114 – principio enunciato ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., comma 1, n. 1, e relativamente a fattispecie precedente l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011).

2.3 – La rimessione in termine non era possibile, essendo già scaduto il termine dell’impugnazione e non sussistendo i relativi presupposti. Non si è, infatti, in presenza di un mutamento di orientamento giurisprudenziale in ordine alla interpretazione di norme processuali (Cass., S.U., n. 15144 del 2011), ma unicamente di incertezze interpretative in ordine alle modalità introduttive del giudizio di appello in materia di opposizione a sanzioni amministrative, in assenza di un consolidato orientamento poi disatteso da un successivo pronunciamento. Si è quindi al di fuori dell’ambito di applicabilità dell’istituto della rimessione in termini (Cass. SU n. 2907 del 10/02/2014 in motivazione).

3. Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2016

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