Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24722 del 08/10/2018

Cassazione civile sez. II, 08/10/2018, (ud. 19/04/2018, dep. 08/10/2018), n.24722

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10817-2015 proposto da:

D.C., rappresentato e difeso se medesimo ex art. 86

c.p.c.;

– ricorrente –

contro

PARMA GESTIONE ENTRATE SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

AQUILE1A 12, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MORSILLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO DE MICHELE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1285/2014 del TRIBUNALE di PARMA, depositata

il 17/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/2018 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TRONCONE Fulvio, che concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Ferdinando TOTA, con delega orale, difensore del

ricorrente che chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato DE MICHELE Domenico difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Oggetto di ricorso è la sentenza del Tribunale di Parma, depositata il 17 novembre 2014, che ha rigettato l’appello proposto dall’avv. D.C. avverso la sentenza del Giudice di pace di Parma n. 2747 del 2010, con la quale è stata rigettata l’opposizione proposta dal medesimo D. avverso l’ordinanza-ingiunzione n. 315050/2008, emessa da Parma Gestione Entrate s.p.a. per il pagamento di somme dovute a titolo di sanzioni amministrative per violazione delle norme in materia di circolazione stradale.

2. Il Tribunale ha ritenuto infondata la tesi prospettata dall’appellante, della illegittimità della riscossione mediante ingiunzione di pagamento anzichè mediante ruoli, richiamando la sentenza di questa Corte n. 8469 del 2010, secondo cui le somme dovute per violazioni delle norme del codice della strada rientrano tra le “altre entrate di spettanza delle pronunce e dei comuni”, in riferimento alle quali il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 2, consente di procedere alla riscossione coattiva con la procedura indicata dal R.D. 14 aprile 1910, n. 639.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.C. sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso Parma Gestione Entrate spa. Il ricorso, già avviato alla trattazione camerale a seguito di relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stato rimesso alla pubblica udienza con ordinanza interlocutoria del 28 dicembre 2016. In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

1.2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 27artt. 194 e 206 C.d.S., D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 1, e ripropone la questione della illegittimità del procedimento previsto dal R.D. n. 639 del 1910, adottato dal Comune di Parma per la riscossione delle somme dovute a titolo di sanzioni per violazioni del codice della strada.

2. La doglianza è infondata.

2.1. La possibilità per i comuni di avvalersi, per la riscossione dei tributi e delle altre entrate, della procedura di cui al R.D. n. 639 del 1910 era stata attribuita dal D.Lgs. n. 446 del 2007, art. 52, comma 6, e, come chiarito da questa Corte con la sentenza n. 8460 del 2010, anche richiamata dal Tribunale, le somme dovute a titolo di sanzione amministrativa per violazione delle norme del codice della strada rientra(va)no nella nozione di “altre entrate di spettanza delle province e dei comuni”.

Il citato art. 52, comma 6, è stato abrogato dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 224, lett. b), con effetto a far tempo dal 1 gennaio 2008, ma prima ancora di tale data il legislatore è nuovamente intervenuto sulla materia e con il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 2, conv. con modif. dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, ha previsto che “la riscossione coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali continua a potere essere effettuata con a) procedura dell’ingiunzione di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, seguendo anche le disposizioni contenute nel titolo 2^ del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili, nel caso in cui la riscossione coattiva è svolta in proprio dall’ente locale o è affidata ai soggetti di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 5, lett. b); b) la procedura del ruolo di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, se la riscossione coattiva è affidata agli agenti della riscossione di cui al D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3 convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248”.

Nel 2011, con il D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, lett. gg-septies convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, il legislatore ha previsto, per quanto qui di rilievo, che “in conseguenza delle disposizioni di cui alle lett. da gg-ter a gg-sexies (…), 1) al D.L. 24 settembre 2002, n. 209, art. 4 convertito, con modificazioni, dalla L. 22 novembre 2002, n. 265, i commi 2-sexies, 2-septies e 2-octies sono abrogati;

3) il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 2 convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, è abrogato.”.

L’abrogazione così disposta non è mai avvenuta in quanto era subordinata all’entrata in vigore di disposizioni che sono state oggetto di una serie di rinvii.

E’ accaduto, infatti, che prima il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 10, comma 13-octies, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, ha previsto: “al D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, lett. gg-ter), convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, le parole: “a decorrere dal 1 gennaio 2012” sono sostituite dalle seguenti: “a decorrere dal 31 dicembre 2012”; e poi il D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, art. 29, comma 5-bis, convertito con modificazioni dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14, ha disposto: “L’abrogazione delle disposizioni previste dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, lett. gg-septies), nn. 1) e 3), convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, acquista efficacia a decorrere dalla data di applicazione delle disposizioni di cui al medesimo comma 2, lett. gg-ter) e gg-quater)”.

Successivamente, il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 5, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 26 aprile 2012, n. 44, ha sostituito il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2, lett. gg-septies con un testo che non contiene più alcun riferimento all’abrogazione del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 2, e del D.L. n. 209 del 2002, art. 4, comma 2-sexies, norma quest’ultima che prevede: “I comuni e i concessionari iscritti all’albo di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 53 di seguito denominati “concessionari”, procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al R.F. 14 aprile 1910, n. 639, secondo le disposizioni contenute nel titolo 2^ del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili.”.

2.2. In conclusione, come già rilevato da questa Corte nei precedenti arresti in materia (Cass. 28/09/2017, n. 22710 e Cass. 13/11/2017, n. 26736), la legge consente (e consentiva nel 2008) ai comuni di utilizzare lo strumento dell’ingiunzione disciplinata dal R.D. n. 639 del 1910 per il recupero di somme dovute a titolo di sanzione amministrativa per violazione del codice della strada, e di farlo a mezzo di concessionari del servizio riscossione.

3. Con il secondo motivo è denunciato vizio di motivazione – in assunto omessa, insufficiente e contraddittoria – circa un fatto decisivo in relazione all’art. 201 C.d.S., n. 4, e si contesta la legittimazione di Parma Gestione Entrate spa anche sotto il profilo della mancata iscrizione della società di riscossione nell’apposito albo previsto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 53.

3.1. La doglianza è inammissibile perchè prospetta una questione nuova.

Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (ex plurimis, Cass. 18/10/2013, n. 23675).

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 845,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2018

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