Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24721 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. II, 03/10/2019, (ud. 01/04/2019, dep. 03/10/2019), n.24721

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12080/2015 R.G., proposto da:

F.P.S.S., rappresentato e difeso dall’avv.

Gerardo Pileci e dall’avv. Mauro Bilotta, con domicilio in Sassari

alla Via Cavour n. 88.

– ricorrente –

contro

K.M.S., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco

Fancello, con domicilio in Nuoro alla Via Giovanni XXIII, n. 8;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari, sezione

distaccata di Sassari, n. 100/2014, depositata in data 7.3.2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1.4.2019 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

K.M.S. ha adito il tribunale di Sassari, esponendo che, durante il periodo di convivenza con il F., questi aveva edificato su un proprio fondo un immobile ad uso abitativo, impiegando anche somme di spettanza dell’attrice, per un importo pari alla metà dei costi di edificazione; che con scrittura privata del 15.12.1999 il convenuto aveva espressamente riconosciuto alla K. la comproprietà della costruzione per la quota del 50%.

Ha chiesto di disporre la divisione del bene o, in via subordinata, di condannare il resistente al versamento di un importo pari alla metà degli esborsi sostenuti per la realizzazione dell’edificio.

F.P.S. ha impugnato la scrittura per violenza, assumendo che il consenso gli era stato estorto dietro la minaccia della K. di abbandonare la casa familiare, portando con sè i figli.

Ha chiesto di respingere la domanda di restituzione delle somme impiegate per la realizzazione del manufatto.

Il Tribunale ha rigettato la domanda di accertamento della comproprietà dell’immobile, ma ha riconosciuto all’attrice un credito di Euro 80.233,49 a titolo di indennità da ingiustificato arricchimento. La sentenza è stata confermata dalla Corte distrettuale, la quale, riqualificata la domanda come azione personale di restituzione, ha ritenuto provato che la K. avesse concorso nel sostenere i costi di costruzione e che le spettasse il rimborso delle 50% delle somme corrisposte al resistente.

La cassazione della sentenza è stata chiesta da F.P.S.S. sulla base di tre motivi.

K.M.S. ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la violazione dell’art. 134 c.p.c. e art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per difetto assoluto o contraddittorietà di motivazione, per aver la sentenza ritenuto che la richiesta di rimborso del 50% dei costi di costruzione costituisse un’azione personale di restituzione, non considerando che la domanda, essendo introdotta sul presupposto della contitolarità dell’immobile ed essendo associata alla domanda di divisione, era volta ad ottenere eventuali conguagli che scaturissero dall’esito delle operazioni divisionali.

Lamenta – inoltre – il ricorrente che nessuna restituzione poteva essere ordinata senza previamente accertare se il titolo giustificativo degli esborsi desse luogo ad obblighi restitutori o a mere pretese di carattere indennitario.

Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sostenendo che la domanda di restituzione era fondata sulla situazione di comproprietà dell’immobile e non poteva avere altro oggetto che il pagamento di eventuali conguagli tra i condividenti, non essendo qualificabile come azione personale di restituzione.

1.1. I due motivi, che vertono su questioni strettamente connesse e che vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.

L’esame diretto della citazione conduce a rilevare che la K., dopo aver rivendicato – in via principale – la comproprietà dell’immobile, chiedendo la divisione giudiziale e l’attribuzione di eventuali conguagli, aveva chiesto, in via subordinata, che le fosse comunque restituito un importo pari al 50% dei costi della costruzione, versato, per tale causale, all’ex convivente (cfr. ricorso pag. 6).

La domanda subordinata era volta a reintegrare il patrimonio della resistente qualora non fosse stata riconosciuta la comproprietà dell’immobile e non fosse stata disposta la divisione, divisione che invece costituiva il presupposto indispensabile per l’eventuale attribuzione di somme a titolo di conguaglio, il che impediva di identificare le due azioni.

2. Ciò posto, non sussiste – anzitutto – alcuna carenza assoluta di motivazione, poichè l’esame della pronuncia consente di comprendere agevolmente le ragioni della condanna, avendo il giudice di merito evidenziato che le dichiarazioni del F. contenute nella scrittura del 15.12.1999 comprovavano che questi aveva ricevuto in importo pari al 50% dei costi della costruzione in vista della realizzazione della casa familiare e che, non essendosi concretizzato l’acquisto della comproprietà del bene da parte della resistente, le somme andavano restituite.

La contribuzione oggetto di lite, documentata dalla scrittura del 15.12.1999, era, invero, indebita.

L’accertamento in fatto – insindacabile in questa sede sotto i profili dedotti dal ricorrente – che la dazione di denaro era rivolta al solo scopo di realizzare la casa familiare, destinata, nelle previsioni della ricorrente, a divenire comune (cfr. sentenza pag. 8), giustificava, ai sensi dell’art. 2033 c.c., il rimborso delle somme versate a titolo di concorso nelle spese di costruzione del manufatto rimasto in proprietà esclusiva del F. (conformemente a quanto già statuito da questa Corte con riferimento alla disciplina della comunione legale dei coniugi per l’ipotesi di realizzazione di una costruzione su un fondo in titolarità esclusiva di uno di essi, ma con l’impiego di denaro di entrambi: Cass. 27412/2018; Cass. 20508/2010; Cass. 7060/2004; Cass. 8585/1999; Cass. 407671998), spettando semmai al ricorrente l’onere di provare che il pagamento fosse avvenuto per una causale (ad es. a titolo di liberalità o in virtù dei legami affettivi o di solidarietà tra i conviventi), tale da non legittimare alcuna pretesa restitutoria.

3. Il terzo motivo censura la violazione degli artt. 1362,1363 e 1324 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza, in violazione dei canoni di interpretazione testuale e sistematica, valorizzato unicamente un inciso contenuto nella scrittura del 15.12.1999 (“avendo contribuito alla metà delle spese”), per accordare alla resistente la restituzione di un importo pari alla metà dei costi di costruzione dell’immobile, mentre il documento non provava affatto che le somme fossero state date in prestito ed anzi poteva giustificare solo l’attribuzione di un’indennità, come dimostrava il fatto che la K. aveva richiesto il pagamento dell’indennizzo ex art. 2041 c.c..

Il motivo è inammissibile.

La Corte non ha affatto asserito che la scrittura del 15.12.1999 comprovasse l’effettuazione di un prestito in favore del F., ma ha utilizzato il documento in funzione probatoria, per l’accertamento del concorso nelle spese di costruzione da parte della resistente (e dell’entità delle somme corrisposte), quale fatto oggettivo correttamente ritenuto idoneo a giustificarne la restituzione.

La critica mossa in ricorso, volta a denunziare un erroneo impiego dei criteri di interpretazione contrattuale, non si confronta con la ratio decidendi della pronuncia ed è per tale aspetto inammissibile. Il ricorso è quindi respinto con spese secondo soccombenza, come da liquidazione in dispositivo.

NON sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, apri ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5600,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 1 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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