Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24718 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. II, 03/10/2019, (ud. 14/03/2019, dep. 03/10/2019), n.24718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28814 – 2015 R.G. proposto da:

A.G., – c.f. (OMISSIS) – AN.GU. – c.f. (OMISSIS)

– A.C. – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliati in

Roma, alla via Cosseria, n. 5, presso lo studio dell’avvocato Guido

Francesco Romanelli che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato

Umberto Grella li rappresenta e difende in virtù di procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

V.G., – c.f. (OMISSIS) – S.G. – c.f. (OMISSIS)

– elettivamente domiciliati, con indicazione dell’indirizzo di posta

elettronica certificata, in Monza, alla via degli Zavattiari, n. 1,

presso lo studio dell’avvocato Fabio Gerolimetto e dell’avvocato

Emanuele Ambrogio Ceraso che congiuntamente e disgiuntamente li

rappresentano e difendono in virtù di procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della corte d’appello di Milano n. 4394 dei

20.5/16.11.2015, udita la relazione nella camera di consiglio del 14

marzo 2019 del consigliere Dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto notificato in data 21.5.2007 A.G. e Am.Ma.Cr. citavano a comparire dinanzi al tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, V.G. e S.G..

Esponevano che erano comproprietari di una villetta inserita in un più vasto complesso residenziale, denominato “(OMISSIS)”, ubicato nel Comune di Carate Brianza e comprendente numerose altre unità immobiliari similari.

Esponevano che i convenuti si accingevano, come da denuncia di inizio attività, senza aver preventivamente acquisito l’assenso degli altri comproprietari, a dar corso all’esecuzione di nuove opere, ovvero – per quel che rileva in questa sede – alla realizzazione di un accesso carraio, in precedenza inesistente, aggiuntivo ed ulteriore rispetto al preesistente accesso pedonale, dall’unità immobiliare di loro esclusiva proprietà alla strada condominiale privata, interna al complesso residenziale, denominata “(OMISSIS)”.

Esponevano che l’apertura ex novo dell’accesso carraio comportava modifica dell’aspetto estetico e morfologico del complesso residenziale, soppressione del “posto – auto” esistente lungo la strada condominiale, in corrispondenza del realizzando accesso, aggravio della preesistente servitù di accesso pedonale.

Chiedevano – per quel che rileva in questa sede – accertarsi e darsi atto dell’insussistenza di qualsivoglia servitù di passo carraio a carico della strada condominiale “interna” denominata “(OMISSIS)” ed a favore dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva dei convenuti, in subordine accertarsi e darsi atto che la realizzazione importava violazione degli artt. 1102 e 1120 c.c. e/o degli artt. 1067 e 1069 c.c., in ogni caso con condanna dei convenuti al ripristino dello status quo ante.

Resistevano V.G. e S.G..

Con sentenza n. 412/2009 l’adito tribunale accertava l’illegittimità – per quel che rileva in questa sede – delle opere finalizzate alla realizzazione dell’accesso carraio siccome in violazione della disposizione regolamentare n. 5 dei “patti speciali” (“è fatto divieto agli assegnatari di modificare in qualunque modo l’estetica esterna degli edifici di rispettiva proprietà”).

Proponevano appello A.G. e Am.Ma.Cr..

Si dolevano per la mancata declaratoria dell’illegittimità del passo carraio siccome altresì in violazione degli artt. 1102 e 1120 c.c. ed, in ogni caso, siccome aggravamento di servitù ai sensi dell’art. 1067 c.c..

Resistevano V.G. e S.G.; proponevano appello incidentale.

A seguito del decesso di Am.Ma.Cr. si costituivano A.G., in proprio e quale erede di Am.Ma.Cr., An.Gu. e C., quali eredi di Am.Ma.Cr..

Con sentenza n. 4394 dei 20.5/16.11.2015 la corte d’appello di Milano – tra l’altro – rigettava il gravame principale, accoglieva il gravame incidentale e condannava gli appellanti principali alle spese del grado.

Reputava la corte che era da escludere l’illegittimità delle opere volte alla realizzazione dell’accesso carraio.

Reputava segnatamente che con la realizzazione dell’accesso carraio gli originari convenuti ambivano a trarre dalla strada comune “interna” “(OMISSIS)” una maggiore utilità, senza alterarne la destinazione, senza menomare il diritto degli altri condomini di farne parimenti uso e senza arrecare a costoro alcun pregiudizio.

Avverso tale sentenza A.G., A.G. e A.C. hanno proposto ricorso; ne hanno chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

V.G. e S.G. hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimità.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 dei c.d. “patti speciali” e degli atti di compravendita, con susseguente violazione degli artt. 1120 e 1372 e ss. c.c..

Deducono che l’apertura del passo carraio per cui la controversia perdura, “significa innanzitutto ingiustamente sopprimere un posto auto che a rotazione i condomini utilizzano (…), altresì (…) indurre anche altri 4 condomini ad aprirlo sopprimendo altri parcheggi privati ora utilizzati da tutti i condomini” (così ricorso, pag. 13).

Deducono ulteriormente che “una volta dimostrato che l’apertura del passo carraio sopprime il posto auto condominiale da sempre esistente in quel preciso punto fisico, è già dimostrato come si produca una ingiusta riduzione delle facoltà di utilizzo della cosa comune a carico degli altri condomini” (così ricorso, pag. 14).

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1102,1120 e 1067 c.c..

Deducono che ha errato la corte di merito ad escludere che l’apertura ex novo dell’accesso carraio comporti alterazione della destinazione della strada comune ed impedimento all’utilizzo della stessa strada da parte degli altri condomini.

Deducono in particolare che l’accesso carraio da realizzare ex novo si apre sul piazzale comune destinato anche alla sosta dei veicoli di tutti i condomini, piazzale dunque che – in dipendenza dell’apertura dell’accesso – verrebbe sottratto alla sua destinazione.

Deducono inoltre che l’apertura dell’accesso carraio comporta, da un canto, la soppressione di un “posto – auto” “in assenza di qualsivoglia delibera condominiale di assenso” (così ricorso, pag. 18); comporta, d’altro canto, la creazione di una servitù dapprima inesistente ovvero l’aggravio illegittimo e la trasformazione della precedente servitù pedonale.

Deducono a tal ultimo riguardo che le controparti non possono ambire all’utilizzo della via condominiale interna in forza di un titolo differente da quello acquisito in sede di rogito notarile; che “la realizzazione del contestato nuovo accesso carraio non può che essere qualificata quale innovazione preclusa dal (…) art. 1067 c.c. poichè aggrava irrimediabilmente la situazione del (…) fondo servente” (così ricorso, pag. 22).

I motivi di ricorso sono strettamente connessi; se ne giustifica perciò la disamina contestuale; in ogni caso gli esperiti mezzi sono fondati e meritevoli di accoglimento nei limiti che seguono.

Questa Corte spiega, sì, che costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, quella che ne alteri le linee architettoniche e quella comunque che si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio; nondimeno soggiunge che la relativa valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, ove non presenti vizi di motivazione (cfr. Cass. 11.5.2011, n. 10350; Cass. 7.3.1988, n. 2313).

Negli enunciati termini l’affermazione della corte distrettuale, secondo cui “anche a voler considerare una protratta e rigida applicabilità (della clausola n. 5 dei “patti speciali”), non può dichiararsi che la realizzazione di un cancello possa modificare o alterare la complessiva estetica dello stabile, nè snaturare le caratteristiche del luogo, stante la marginalità del tipo di intervento implicato” (così sentenza d’appello, pag. 17), risulta in toto ineccepibile ed assolutamente congrua e esaustiva, viepiù nel solco della previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che i ricorrenti espressamente richiamano nella rubrica e nel corpo – cfr. pag. 11 – del primo mezzo di impugnazione) ed alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.

In parte qua è da escludere, da un lato, che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della summenzionata pronuncia delle sezioni unite possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte milanese ha ancorato il suo dictum.

In parte qua è da ritenere, dall’altro, che la corte milanese non ha omesso la disamina circa il fatto decisivo, ovvero circa la supposta alterazione del decoro architettonico.

Non meritano seguito alcuno pertanto le prospettazioni dei ricorrenti, secondo cui “si è dato credito ad una erronea affermazione avversaria (…) relativa all’avvenuta formazione di nuovi passi carrai sulla strada privata interna (…) che in verità non è mai stata violata in precedenza” (così ricorso, pag. 11) e secondo cui “i resistenti violano i patti condominiali laddove pretendano di modificare l’estetica esteriore (…), altresì snaturando la tipologia dell’originaria recinzione esistente e dell’aspetto dell’unità immobiliare” (così ricorso pag. 15).

Ovviamente l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce attività riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178, e Cass. 2.5.2006, n. 10131).

Ed in pari tempo nè la censura ex n. 3 nè la censura art. 360 c.p.c., comma 1, ex n. 5 possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si traduca nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178, e Cass. 2.5.2006, n. 10131).

Su tale scorta le affermazioni della corte territoriale, alla cui stregua l'”atto notarile di compravendita (…) si limita a disporre che l’unità immobiliare confina perimetralmente “a sud con il mappale 94 e con la strada privata al mappale 89 da cui pure si accede”” (così sentenza d’appello, pagg. 16 – 17) ed alla cui stregua nel corpo dei cosiddetti “patti speciali”, debitamente trascritti, non “si rinviene alcun specifico riferimento o divieto alla possibilità di aprire un accesso carraio da parte dei proprietari delle villette” (così sentenza d’appello, pag. 17), analogamente sono da reputare in toto ineccepibili sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congrue e esaustive sul piano logico – formale.

D’altra parte è innegabile che la deduzione dei ricorrenti, secondo cui la conclusione cui è pervenuta la corte lombarda “stravolge la volontà negoziale piuttosto che correttamente interpretarla” (così ricorso, pag. 13), si risolve nella mera prefigurazione della maggiore plausibilità dell’antitetica interpretazione.

Nel quadro delle surriferite risultanze e del titolo e dei “patti speciali” il proposito di V.G. e di S.G., alla data del controricorso sol preannunciato (“si ribadisce tuttavia come ad oggi il suddetto passo carraio non sia stato assolutamente realizzato”: così controricorso, pag. 8), di aprire, in aggiunta all’accesso pedonale, un accesso carraio dall’unità immobiliare di loro proprietà esclusiva alla strada condominiale interna “(OMISSIS)”, non può che esser vagliato alla luce del disposto dell’art. 1102 c.c., comma 1.

Or dunque in siffatta proiezione è fuor di dubbio che questa Corte ha opinato nel senso che il comproprietario di una stradella comune, posta al servizio dei singoli fondi appartenenti in proprietà esclusiva a ciascun partecipante alla comunione, può legittimamente aprirvi l’accesso ad un locale costruito sul proprio suolo e destinato ad autorimessa, ai sensi dell’art. 1102 c.c. (cfr. Cass. 5.6.1978, n. 2814. Cfr. anche Cass. 1.8.2001, n. 10453; in tal ultima occasione questa Corte ebbe a confermare la sentenza di merito, secondo la quale la realizzazione di un passo carraio tra un fondo di proprietà esclusiva e la strada comune costituiva un uso consentito al condomino, in quanto non snaturava la funzione cui la strada era destinata, nè impediva l’uso della stessa da parte dell’altro comproprietario).

E tuttavia è parimenti indubitabile che questo Giudice del diritto non solo nell’occasione di cui alla pronuncia n. 2814/1978 ebbe a soggiungere che l’apertura dell’accesso dalla proprietà esclusiva alla proprietà comune è legittima, qualora non ne derivi un mutamento dell’originaria destinazione della stradella comune nè un impedimento per gli altri condomini di farne pari uso, ma ha modo di spiegare, in linea di principio e reiteratamente, che, in tema di condominio, è conforme a legge, ai sensi dell’art. 1102 c.c., sia l’utilizzazione della cosa comune da parte del singolo condomino con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione, purchè nel rispetto delle concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri condomini, sia l’uso più intenso della cosa, purchè non sia alterato il rapporto di equilibrio tra tutti i comproprietari, dovendosi a tal fine avere riguardo all’uso potenziale in relazione ai diritti di ciascuno (cfr. Cass. 12.3.2007, n. 5753; Cass. 19.1.2006, n. 972; Cass. 1.8.2001, n. 10453; Cass. 16.4.2018, n. 9278).

Nei termini enunciati è da reputare, nel caso de quo, che sussiste la denunciata falsa applicazione dell’art. 1102 c.c. (cfr. Cass. 24.10.2007, n. 22348, secondo cui il vizio di falsa applicazione di norma di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, ricorre o non ricorre, a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione, allorchè la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, allorchè sia stata applicata quando non doveva esserlo, allorchè sia stata male applicata).

Difatti i ricorrenti hanno condivisibilmente rimarcato, evidentemente nella prospettiva dell’uso potenziale che gli altri condomini potranno far della strada condominiale interna denominata “(OMISSIS)” ed a riscontro del minor uso (potenziale) cui costoro potranno attendere, con susseguente inevitabile alterazione dell’equilibrio allo stato esistente tra gli interessi dei comproprietari tutti, “che l’apertura del nuovo accesso comporterebbe la materiale impossibilità di sostare su quella parte di piazzale” (così ricorso, pag. 18); che “vi sarebbero due accessi, uno pedonale ed uno carraio di fianco che – di fatto – occuperebbero tutto il fronte della recinzione così impedendo la possibilità – sinora sempre praticata – di parcheggiare le automobili nei posti auto privati a disposizione dei condomini, con ingiusta riduzione dei diritti di tutti gli altri condomini solo per favorire un ampliamento della sfera giuridica dei resistenti” (così ricorso, pag. 18).

Ben vero a nulla rileva che il parcheggio dei veicoli è allo stato consentito unicamente sub specie di “sosta temporanea” (cfr. controricorso, pag. 15).

Al cospetto dei surriferiti condivisibili rilievi la corte d’appello si è limitata ad affermare sic et simpliciter, così malamente applicando alla fattispecie l’art. 1102 c.c., che, “se ad oggi i condomini hanno la facoltà di parcheggiare provvisoriamente le proprie autovetture sulla strada condominiale (…) il passo carraio (che altro non è che un cancelletto pedonale prolungato) non arrecherebbe alcun aggravio di manovra degli altri condomini” (così sentenza d’appello, pag. 20).

Ovviamente – si evidenzia da ultimo – la falsa applicazione dell’art. 1102 c.c., comma 1, assorbe e rende vana ogni valutazione in ordine alla dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 1067 c.c. (in tema tuttavia cfr. Cass. (ord.) 16.5.2019, n. 13213; in tale occasione questa Corte ha confermato la pronuncia della corte d’appello ed ha ritenuto che la corte di merito si era attenuta al principio di diritto nell’affermare che il passaggio su strada comune che venga effettuato da un comunista per accedere – (si badi) – ad altro fondo a lui appartenente, non incluso tra quelli cui la collettività dei compartecipi aveva destinato la strada, configuri un godimento vietato, risolvendosi nella modifica della destinazione della strada comune e nell’esercizio di una illegittima servitù a danno del bene collettivo).

In accoglimento del ricorso e nei limiti in precedenza esplicitati la sentenza della corte d’appello di Milano n. 4394 dei 20.5/16.11.2015 va cassata con rinvio ad altra sezione della stessa corte anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

All’enunciazione – in ossequio alla previsione dell’art. 384 c.p.c., comma 1 – del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – può farsi luogo per relationem, nei termini espressi dalle massime desunte dagli insegnamenti di questa Corte n. 5753/2007 e n. 972/2006 prima citati.

Il ricorso è da accogliere. Non sussistono i presupposti perchè, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del comma 1 bis dell’art. 13 D.P.R. cit..

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa – nei limiti di cui in motivazione – la sentenza della corte d’appello di Milano n. 4394 dei 20.5/16.11.2015; rinvia ad altra sezione della stessa corte anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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