Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24717 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/11/2020, (ud. 06/11/2019, dep. 05/11/2020), n.24717

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15118-2013 proposto da:

BURLOTTI SPEDIZIONI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PO 28,

presso lo studio dell’avvocato PELOSI ATTILIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato CARDASCIA LUIGI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 222/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 10/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/11/2019 dal Consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

La Burlotti Spedizioni s.p.a. ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 222/67/2012, depositata il 10.12.2012 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, Sez. staccata di Brescia, che, in riforma della decisione del giudice di primo grado, aveva rigettato il ricorso introduttivo del contribuente avverso la cartella di pagamento, emessa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, , con la quale era comminata la sanzione pecuniaria di Euro 20.902,98 per tardivo pagamento del secondo acconto Irap relativo all’anno 2006.

La controversia traeva origine dal versamento della suddetta rata con ritardo di dodici giorni dal termine di scadenza del 30 novembre 2006. Il contribuente, a cui era stata applicata la sanzione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, pari al 30% dell’importo intempestivamente versato, aveva sostenuto l’insussistenza della condotta colposa, richiesta dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, per aver provveduto già il 28 novembre 2006, e dunque due giorni prima della scadenza, a disporre il versamento della rata, ciò facendo mediante il servizio Entratel. A tal fine aveva provveduto a predisporre il modello F24 per il pagamento del secondo acconto, inviato mediante servizio telematico Entratel alla Agenzia delle Finanze, con indicazioni della banca di appoggio e del numero di conto corrente. Il servizio telematico Entratel aveva rilasciato regolare attestazione di avvenuta trasmissione. Sennonchè per un errore di indicazione del numero di c/c il versamento non veniva eseguito e la banca aveva notiziato la società del mancato pagamento solo l’8 dicembre. Il primo giorno lavorativo successivo, l’11 dicembre 2006, il pagamento era stato eseguito, con pagamento spontaneo delle sanzioni in misura ridotta e degli interessi di legge.

L’Agenzia invece aveva parimenti contestato l’irregolarità, chiedendo il pagamento delle sanzioni nella misura del 30% dell’imposta tardivamente versata.

Riconducendo il ritardo ad un mero errore materiale, la società aveva adito la Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, che con sentenza n. 57/10/2011 aveva accolto il ricorso e annullato la cartella. La decisione era stata appellata dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale, che con la sentenza ora impugnata aveva riconosciuto le ragioni dell’Ufficio, con rigetto del ricorso introduttivo.

Con unico motivo la contribuente censura la sentenza per violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ritenuto erroneamente imputabile a colpa il tardivo versamento, con conseguente riconoscimento della corretta applicazione della sanzione comminata.

Ha dunque chiesto la cassazione della sentenza, con ogni consequenziale provvedimento.

Si è costituita l’Agenzia, che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, e nel merito comunque la sua infondatezza, chiedendone pertanto il rigetto.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

preliminarmente, esaminando l’eccepita inammissibilità del ricorso, perchè con esso, sostiene l’Agenzia, denunciando un errore di diritto, la contribuente ha chiesto un riesame del merito della vicenda, inibito in sede di legittimità, essa non è fondata. La contribuente ha criticato la lettura del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, affermando che la propria condotta non poteva ricadere nella suddetta fattispecie normativa, perchè erroneamente inquadrata nella colpa mentre costituiva un mero errore materiale, senza rilevanza ai fini sanzionatori. La circostanza che nel motivo sia descritta la vicenda, nei suoi dettagli, non involge un esame del merito, ma rappresenta il dato fattuale oggettivo, che nessuna delle parti ha mai messo in discussione relativamente allo spiegarsi temporale e fenomenico della vicenda, cui attribuire veste giuridica, collocandolo o meno nell’alveo delle condotte sanzionabili in rapporto alla sussistenza o insussistenza dell’elemento psichico della condotta.

Esaminando ora il merito, con l’unico motivo la contribuente si duole della decisione assunta dal giudice regionale, che ha ritenuto irrilevante che il tardivo pagamento della seconda rata Irap del 2006, a pochi giorni dal decorso del termine di scadenza, fosse stato causato dall’erronea indicazione del numero di conto corrente, costituendo esso stesso segno di negligenza. A tal fine ha anche valorizzato la circostanza che il contribuente avrebbe potuto provvedere con più rassicurante anticipo al versamento, a fronte del termine di legge, e che in ogni caso avrebbe potuto eseguire il versamento nei trenta giorni dalla comunicazione inviata dall’Ufficio prima della notifica della cartella stessa ai sensi dell’art. 36-bis cit..

A parte lo scarso rilievo dell’ultima considerazione, occorre verificare se la ratio della decisione sia corretta rispetto alla norma di cui si invoca la violazione.

Il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, così recita: “1. Nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa. Le violazioni commesse nell’esercizio dell’attività di consulenza tributaria e comportanti la soluzione di problemi di speciale difficoltà sono punibili solo in caso di dolo o colpa grave. (2. abrogato) 3. La colpa è grave quando l’imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili e non è possibile dubitare ragionevolmente del significato e della portata della norma violata e, di conseguenza, risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari. Non si considera determinato da colpa grave l’inadempimento occasionale ad obblighi di versamento del tributo.”.

Premesso che le nozioni di colpevolezza riportate nell’art. 5 cit. non brillano per chiarezza, così come evidenziato da autorevole dottrina, questa Corte ha già affermato che l’applicabilità della sanzione amministrativa presuppone che l’inadempimento o l’inesatto adempimento del contribuente sia almeno colposo e cioè, caratterizzato da una sua negligenza o imperizia o inosservanza di obblighi tributari, compresi quelli di versamento del tributo (a tal fine è stato considerato tempestivo, secondo i normali canoni di correttezza e buona fede, l’adempimento dell’obbligazione tributaria mediante delega bancaria, con ordine trasmesso con congruo anticipo, in presenza delle “normali” condizioni richieste per il buon esito dell’operazione, con un ritardo di un solo giorno, causato peraltro dall’erronea indicazione della scadenza da parte della stessa Amministrazione finanziaria -Cass., 17626/2014-).

Il principio della colpa, sia per come richiamato nel citato D.Lgs. n. 472, art. 5, comma 1, primo periodo, sia per la sua immediata contrapposizione alla rilevanza della sola colpa grave per l’ipotesi di responsabilità del professionista – contemplato nel secondo periodo dello stesso comma 1 cit. -, va evidentemente inteso come comprensivo, per il contribuente, tanto della colpa lieve, quanto della colpa grave.

Deve allora ritenersi che la responsabilità per violazione di obblighi tributari da parte del contribuente può escludersi solo quando sia del tutto esclusa la colpevolezza, ossia, con riguardo alla colpa, la negligenza o l’imperizia o l’inosservanza di leggi e regolamenti (e sempre facendo salve le esimenti). Fuori da tale perimetro la colpa assume sempre rilevanza, e la verifica delle sue declinazioni, da lieve a grave, incide sulla modulazione della sanzione, quando ciò sia previsto, ma non sulla applicazione tout cour della sanzione.

Nel caso di specie il contribuente ha riferito di aver provveduto tempestivamente a predisporre il Modello F24 per il pagamento della seconda rata Irap 2006, trasmettendo altrettanto tempestivamente, tramite Entratel, i dati, compresi quelli identificativi del conto corrente di appoggio per l’esecuzione dei versamenti, ricevendo conferma della avvenuta esecuzione della operazione. E tuttavia per un errore nella trascrizione del numero di conto corrente di fatto il versamento non è andato a buon fine, determinando poi il tardivo adempimento all’obbligo tributario.

A fronte della negligente condotta, consistita nella oggettiva erronea indicazione dei dati identificativi del conto corrente, la circostanza che la banca ne abbia dato comunicazione a termini già scaduti e che nel primo giorno lavorativo utile (comunque dopo circa dieci giorni) la società abbia provveduto al pagamento della rata, costituisce certamente condotta occasionale, che esclude la colpa grave, come previsto dal comma 3, ultimo periodo, dell’art. 5 cit., ma non invece, come pretende la contribuente, che essa non rientri nel perimetro della colpevolezza, nella forma della colpa lieve, parimenti assoggettabile a sanzione.

Il motivo è dunque infondato e il ricorso va rigettato.

All’esito del giudizio segue la soccombenza della ricorrente nelle spese del processo di legittimità, nella misura specificata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione in favore della Agenzia delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano nella misura di Euro 1.300,00 per competenze ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

 

 

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