Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24716 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. II, 03/10/2019, (ud. 08/02/2019, dep. 03/10/2019), n.24716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19050/2015 R.G. proposto da:

B.F., rappresentato e difeso dall’avv. Corrado Lanzara

Marino Mazzoli, con domicilio eletto in Roma, piazza Mazzini n. 27,

presso lo studio dell’avv. Lucio Nicolais;

– ricorrente –

contro

T.F., e B.M.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Lagonegro n. 139 depositata il

12 dicembre 2014, non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 febbraio

2019 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.

Fatto

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

Ritenuto che:

– il Presidente del Tribunale di Sala Consilina, con decreto del 18.2.2012, liquidava in favore di T.F. il compenso per l’attività di custode giudiziario esercitata dal 01.01.2006 al 30.12.2012, nell’ambito del giudizio di divisione ereditaria pendente tra M. e B.F.;

– sul gravame interposto da B.F., il Tribunale di Lagonegro, nella resistenza degli opposti, in parziale accoglimento dell’impugnazione, liquidava per l’attività prestata dall’1.11.2010 al 30.11.2012 la minor somma di Euro 8.993,39, ferma la liquidazione di Euro 54.250,00, operata per il periodo 2006/2010 con separati decreti non impugnati;

– per la cassazione della decisione del Tribunale di Lagonegro ricorre il B. sulla base di quattro motivi, illustrati anche da memoria;

– sono rimasti intimati T.F. e B.M..

Atteso che:

– con il primo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 111 Cost., comma 7, per avere il Tribunale di merito liquidato il compenso del custode giudiziario sulla base del valore degli immobili custoditi indicato dallo stesso custode, senza tener conto del diverso valore indicato nell’ambito della consulenza svolta in corso di causa.

Con il secondo motivo il ricorrente censura, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il Tribunale di merito modificato il compenso dovuto al custode giudiziario in assenza di una domanda di parte.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.M. n. 80 del 2009, art. 2, art. 117 c.p.c. e art. 2234 c.c., per avere il giudice di merito errato a liquidare il compenso del custode anno per anno. A detta del ricorrente, infatti, l’ordinamento imporrebbe una concezione unitaria dell’attività di custodia e del relativo compenso.

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.M. n. 80 del 2009, art. 2 per avere il Tribunale errato a ritenere non liquidato il compenso dovuto per l’ultimo periodo di custodia;

– è pregiudiziale l’esame del terzo e conseguentemente del quarto motivo di ricorso, in quanto in entrambi viene in rilievo la questione della natura dell’incarico e della relativa disciplina applicabile, pur non essendo in discussione la materialità dei fatti.

In primo luogo, deve essere sottolineato che, come peraltro emerge anche dalla stessa ordinanza impugnata, il provvedimento di nomina del professionista è avvenuto nell’ambito di un giudizio di divisione ereditaria pendente fra M. e B.F., a seguito dell’accoglimento, con due distinti provvedimenti, delle istanze di sequestro dei beni immobili caduti in successione.

Il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 58 prevede che al custode, diverso dal proprietario o avente diritto, di beni sottoposti a sequestro penale probatorio e preventivo, e, nei soli casi previsti dal codice di procedura civile, al custode di beni sottoposti a sequestro penale conservativo e a sequestro giudiziario e conservativo, spetta un’indennità per la custodia e la conservazione, da determinarsi sulla base delle tariffe contenute in tabelle, approvate ai sensi dell’art. 59 (con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, commi 3 e 4), e, in via residuale, secondo gli usi locali. Il D.M. 2 settembre 2006, n. 265, art. 55, per la determinazione dell’indennità di custodia e conservazione relativa ad altre categorie di beni, diversi da veicoli e natanti, dispone di far riferimento, in via residuale, agli usi locali, come previsto dall’art. 58, comma 2 Testo Unico Spese di Giustizia.

In tale prospettiva appare del tutto inappropriata la disciplina invocata dal ricorrente, e parzialmente richiamata nell’ordinanza, di cui al D.M. n. 80 del 2009, rubricato quale “Regolamento in materia di determinazione dei compensi spettanti ai custodi dei beni pignorati”, che attiene alla diversa fattispecie del compenso dovuto al custode di immobili sottoposti ad esecuzione forzata.

In relazione alla differente previsione della custodia di cui agli artt. 670 e 671 c.p.c. appare, infatti, riduttiva la qualificazione delle attività svolte nell’ambito della mera custodia, in quanto la disciplina applicabile contempla espressamente che la finalità precipua dell’istituto è quella di assicurare proprio l’amministrazione dei beni oggetto del sequestro.

Una volta, quindi, ravvisata la centralità dell’attività di amministrazione e gestione dei beni in sequestro, reputa il Collegio che debba darsi continuità ai più recenti interventi di questa Corte quanto alla determinazione del compenso (cfr Cass. 17 novembre 2011 n. 24106, a mente della quale, la liquidazione dell’indennità spettante al custode di un bene immobile sottoposto a sequestro penale preventivo deve essere effettuata secondo i criteri stabiliti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 58 e 59 e, quindi, sulla base delle tariffe contenute in tabelle approvate ai sensi del citato art. 59 o, in via residuale, secondo gli usi locali, anche se il custode sia un dottore commercialista iscritto al relativo albo professionale; Cass. 18 gennaio 2016 n. 752, che, sempre ribadendo la necessità del ricorso agli usi locali, chiarisce che per questi ultimi non occorre verificare la ricorrenza del requisito della “opinio iuris ac necessitatis”, derivando il recepimento e la legittimazione delle prassi dei corrispettivi applicati nella pratica commerciale direttamente dal rinvio operato dalla disciplina legale; Cass. 19 settembre 2017 n. 21649; Cass. 6 aprile 2018 n. 8538).

Devono, pertanto, ritenersi infondate le censure sopra illustrate che si sostanziano nella erroneità della disciplina applicata, ravvisandosi aderente al dato normativo l’inquadramento della fattispecie operato dal giudice di merito;

– del pari è privo di pregio il primo motivo, con il quale viene censurato il parametro di riferimento per determinare il quantum dovuto all’ausiliare del giudice, giacchè avvenuta la liquidazione del compenso tenendo conto del valore presunto degli immobili oggetto di sequestro, come espressamente riconosciuto dallo stesso ricorrente, nell’impossibilità di applicare le tabelle invocate, il B. avrebbe dovuto indicare quanto meno gli elementi da porre a base di una diversa stima, mentre si limita a formulare una generica doglianza;

– pure infondato è il secondo motivo, con il quale si assume l’assenza di una domanda nel modificare il compenso liquidato dal primo giudice, discendendo la pronuncia di riduzione proprio dalla proposizione dell’opposizione da parte del ricorrente;

– conclusivamente, il ricorso va respinto;

– nessuna pronuncia sulle spese di legittimità in mancanza di difese da parte degli intimati;

– poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 comma 17 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte di Cassazione, il 8 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA