Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24713 del 23/11/2011
Cassazione civile sez. VI, 23/11/2011, (ud. 07/10/2011, dep. 23/11/2011), n.24713
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –
Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –
Dott. MATERA Lina – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 21867/2010 proposto da:
F.R. (OMISSIS), F.M.
(OMISSIS), F.F. (OMISSIS),
V.D. (OMISSIS), F.A.
(OMISSIS), F.S. (OMISSIS),
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BERTOLONI 55, presso lo studio
dell’avvocato CORBO’ FEDERICO MARIA, rappresentati e difesi
dall’avvocato BARRESI Salvatore giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
A.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 18, presso lo studio dell’avvocato DI LELIO
BARBARA, rappresentato e difeso dall’avvocato RUSSO Antonino Paolo
giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 359/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del
7/04/2010, depositata il 19/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE BUCCIANTE;
udito l’Avvocato Argiolas Luciano (delega avvocato Antonio Paolo
Russo), difensore della controricorrente che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte ritenuto che:
– si è proceduto nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c.;
– la relazione depositata in cancelleria è del seguente tenore:
“Con sentenza del 3 luglio 2008 il Tribunale di Catania condannò F.R. e F.F., divenuti nel corso del giudizio proprietari di un fabbricato in quella città, a demolirlo nella porzione posta a distanza minore di sei metri dal confine con il limitrofo fondo appartenente a A.G., nonchè a rimborsare a quest’ultima le spese di giudizio, in solido con i precedenti comproprietari e anch’ essi parti in causa V. D., F.A., F.M. e F. S..
Impugnata dai soccombenti, la decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Catania, che ha rigettato il gravame con sentenza del 19 aprile 2010, contro la quale hanno proposto ricorso per cassazione, in base a cinque motivi, V.D., F. R., F.A., F.M., F.S. e F.F.. A. G. si è costituita con controricorso.
I motivi di ricorso appaiono tutti manifestamente infondati, in quanto:
1) il giudice “può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), ed in tal caso è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche” (Cass. 13 marzo 2009 n. 6155): cognizioni che nella specie certamente occorrevano, trattandosi di individuare l’epoca di costruzione di un edificio, il giudice di secondo grado ha dato conto in maniera esauriente e logicamente coerente delle ragioni per le quali ha aderito alle conclusioni dell’elaborato peritale e disatteso le critiche che ad esso erano state rivolte dagli appellanti; i documenti da questi ultimi depositati sono stati presi in considerazione (e motivatamente ritenuti ininfluenti) con la sentenza impugnata, nonostante il (peraltro esatto) rilievo della tardività della produzione;
2) le norme sulle distanze debbono essere rispettate indipendentemente dalla circostanza che il terreno del vicino non sia edificato nè edificabile;
3) alle violazioni delle disposizioni in materia di distanze si può reagire non solo in via possessoria, ma anche petitoria, come nella specie è avvenuto, con azione che non è soggetta alla prescrizione (recte: decadenza) eccepita dai V. – F.;
4) la giurisprudenza richiamata dai ricorrenti riguarda le distanze delle vedute (per le quali consente che venga disposta, in luogo dell’eliminazione, l’adozione di idonei accorgimenti) e non è estensibile a quelle delle costruzioni;
5) il quinto motivo di ricorso è privo di autonoma valenza, poichè dall’affermata fondatezza di quelli procedenti viene fatto discendere che le spese di giudizio avrebbero dovuto essere poste a carico di A.G..
Si ritiene quindi possibile definire il giudizio ai sensi dell’art. 315 c.p.c., n. 5, seconda ipotesi”;
– i ricorrenti non si sono avvalsi delle facoltà di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2; il difensore della resistente e il pubblico ministero, comparsi in camera di consiglio, hanno concluso in conformità con la relazione;
– il collegio concorda con le argomentazioni svolte nella relazione e le fa proprie;
– il ricorso viene pertanto rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti – in solido, stante il comune loro interesse nella causa – a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 2.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 2.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2011