Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24712 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. II, 03/10/2019, (ud. 18/01/2019, dep. 03/10/2019), n.24712

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9263-2015 proposto da:

C.G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE B BUOZZI

82, presso lo studio dell’avvocato SILVANO BERTI, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, V. TUSCOLANA

1312, presso lo studio dell’avvocato CATIA TAMAGNINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CINZIA TAMAGNINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1715/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/01/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Rilevato:

che il sig. C.G.C., erede legittimo, per la quota di un sesto, del compendio immobiliare lasciato dal padre C.G.V., conveniva davanti al tribunale di Roma il sig. A.F., acquirente dagli altri coeredi della quota di cinque sesti del medesimo compendio, perchè venisse accertato e dichiarato che la vendita delle porzioni immobiliari costituite dall’appartamento sito in (OMISSIS), e dall’annessa cantina distinta con il n. 7 era stata effettuata in violazione dell’art. 732 c.c., si dichiarasse il diritto dell’attore di sostituirsi ex tunc al sig. A., dietro rimborso del prezzo, nell’acquisto dei diritti sulle porzioni immobiliari sopra citate e, per l’effetto si trasferisse all’attore il suddetto compendio, con determinazione dei termini e delle modalità del versamento del rimborso;

che il sig. A.F. formulava domanda riconvenzionale con la quale chiedeva accertarsi l’illecita occupazione dell’intero immobile da parte di C.G.C. – giacchè la titolare dell’usufrutto, sig.ra B.B., era deceduta il (OMISSIS) – e condannarsi l’attore all’immediato rilascio;

che il tribunale rigettava la domanda dell’attore e dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale di parte convenuta;

cha la sentenza di primo grado veniva confermata dalla corte d’appello di Roma, adita dal sig. C.;

che quest’ultimo ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello, sulla scorta di quattro motivi;

che con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 732 c.c., nonchè il vizio di omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo che l’obbligo di notifica della proposta di vendita della quota ereditaria ex art. 732 c.c. possa essere assolto con l’invio di una missiva per posta raccomandata, anzichè a mezzo ufficiale giudiziario;

che con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 732 c.c., unitamente all’art. 2697 c.c., nonchè il vizio di omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo assolto l’onere dei convenuti di provare l’avvenuta notifica della proposta di vendita della quota ereditaria, nonostante che i medesimi non avessero allegato alle cartoline di ritorno dei plichi raccomandati del 16 gennaio e dell’8 aprile 1999 la copia conforme delle comunicazioni ivi contenute;

che con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 732 c.c., nonchè il vizio di omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa non considerando la difformità dell’oggetto della proposta di alienazione rispetto all’oggetto di vendita; al riguardo il ricorrente sottolinea come nelle raccomandate del 16 gennaio e del 9 aprile 1999 gli altri coeredi avessero manifestato l’intenzione di vendere le proprie quote di piena proprietà dell’immobile in questione, ancorchè essi fossero solo nudi proprietari, essendo ancora in vita la madre titolare del diritto di abitazione sull’immobile medesimo;

che con il quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 732 c.c. in relazione all’art. 1326 c.c., nonchè il vizio di omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa trascurando come la proposta di alienazione avanzata dei coeredi mancasse degli elementi accidentali del contratto, quale il termine, la modalità di pagamento, necessari per poter valutare l’offerta del suo complesso;

che l’intimato sig. A. ha presentato controricorso;

che la causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 18.1.15, per la quale non sono state depositate memorie illustrative;

ritenuto:

che il ricorso è formulato enunciando esclusivamente il dispositivo della sentenza impugnata e, di seguito, elencando le censure mosse a tale sentenza, senza svolgere alcuna esposizione della vicenda che ha dato luogo alla lite, nè alcuna ricostruzione dei due gradi di giudizio;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile per la mancanza del requisito di contenuto prescritto (a pena di inammissibilità, appunto) dall’art. 366 c.p.c., n. 3;

che infatti la costante giurisprudenza di questa Corte ha più volte chiarito che per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito (in termini, tra le tante, Cass. 1926/20015);

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese seguono la soccombenza;

che deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.500, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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