Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24710 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/11/2020, (ud. 26/06/2019, dep. 05/11/2020), n.24710

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25962-2013 proposto da:

MILANO PROGETTI FINANZIARI SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

G.G. BELLI 27, presso lo studio dell’avvocato MEREU PAOLO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALLEGRO ENRICO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE

PROVINCIALE II DI MILANO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 92/2013 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 27/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2019 dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Con sentenza n. 92/30/2013, pubblicata il 27 maggio 2013, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha rigettato l’appello proposto dalla Milano Progetti Finanziari S.r.l. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano n. 146/43/11, pubblicata il 10 giugno 2011, con la quale erano stati rigettati, previa riunione, i ricorsi proposti dalla società avverso gli avvisi di accertamento n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS), con i quali erano state rettificate le dichiarazioni presentate ai fini IRPEG – IRES, IRAP ed IVA per gli anni di imposta, rispettivamente, 2003 e 2004.

Ciò a seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, che aveva rilevato che la suddetta società avrebbe utilizzato, per i predetti anni d’imposta, fatture per operazioni oggettivamente inesistenti emesse dalla Immobiliare C.B.S. S.p.A., CO.IMP. S.r.l., Programmi Immobiliari S.r.l. e GE.IM. S.r.l., relative a somme rilevanti ed a prestazioni indicate solo genericamente come compensi per servizio segnalazione clienti, a fronte delle quali la società contribuente non aveva fornito alcuna documentazione relativa al servizio ricevuto.

La Commissione Tributaria Regionale ha condiviso il giudizio dei primi giudici affermando, in particolare, che, a fronte della valida prova della fittizietà delle fatture in questione fornita dall’Ufficio, la contribuente non aveva fornito alcuna prova in relazione all’effettività delle prestazioni ricevute.

Avverso la sentenza della CTR la Milano Progetti Finanziari S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo illustrato da successiva memoria, con la quale la ricorrente ha altresì eccepito il giudicato esterno, preclusivo degli accertamenti in questione, con riferimento alla sentenza della CTR della Lombardia n. 121/15/2012 resa tra la società ricorrente e l’Agenzia delle Entrate con riferimento ad altro avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2003.

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso, deducendone l’infondatezza, mentre il Ministero dell’Economia e delle Finanze, anch’esso destinatario della notifica del ricorso per cassazione, è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. In via preliminare va dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione notificato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non è stato parte del doppio grado del giudizio di merito, che ha avuto come controparte della contribuente unicamente l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale 2 di Milano.

2. Sempre in via preliminare deve essere delibata l’eccezione di giudicato esterno sollevata dalla ricorrente con la memoria depositata in atti ai sensi dell’art. 380-bis1 c.p.c.

2.1. Essa, seppur ammissibile, essendosi l’invocato preteso giudicato esterno formatosi in pendenza del presente giudizio di cassazione, è tuttavia infondata.

2.2. La succitata sentenza n. 121/15/2012 della CTR della Lombardia attiene, infatti, a diverse fatture emesse, per l’anno d’imposta 2003, dalla Immobiliare C.B.S. S.p.A., rispetto alle quali la ragione della conferma della sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente, risiede nella esclusione della pretesa natura di cartiera della predetta Immobiliare C.B.S. S.p.A., essendo dunque la contestazione di cui all’avviso di accertamento oggetto d’impugnazione nel giudizio definito dalla CTR della Lombardia con la succitata sentenza n. 121/15/2012 riferita a fatture soggettivamente inesistenti, laddove nel presente giudizio oggetto della contestazione di cui agli avvisi di accertamenti impugnati è l’utilizzazione da parte dell’odierna ricorrente di fatture oggettivamente inesistenti.

3. Ciò premesso, con l’unico motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ordine al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 ed all’art. 2697 c.c. in materia di disciplina dell’onere della prova a carico delle parti processuali. In particolare deduce, di avere fornito, per quanto possibile, la prova relativa all’effettività delle prestazioni a cui si riferivano le fatture contestate.

3.1. Il motivo è inammissibile e, in ogni caso, infondato.

La ricorrente, sotto la forma della violazione di legge, sostanzialmente afferma di avere fornito la prova dell’effettività delle prestazioni a cui si riferiscono le fatture contestate e, a tal fine, riproduce, per ciascuna fattura, l’indicazione della prestazione a cui si riferisce e gli estremi del relativo pagamento. 3.2. Va considerato che la regolarità del pagamento delle fatture e l’apparente regolarità delle annotazioni contabili non giovano da sole alla contribuente, perchè proprio una tale condotta è di regola alla base di documenti emessi per operazioni inesistenti o di valore di gran lunga eccedente quello effettivo. Dal canto suo l’amministrazione non ha l’onere di provare l’inesistenza delle operazioni fatturate, prova impossibile, ma solo di fornire riscontri indiziari della contestata inesistenza.

3.3. Va ribadito il costante orientamento di questa Corte secondo cui, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non sia mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili (in tema di riparto dell’onere della prova, tra le molte, cfr. Cass. sez. 5, ord. 5 luglio 2018, n. 17619).

3.4. Nel caso in esame i giudici di merito hanno entrambi accertato sia che l’amministrazione abbia fornito tali riscontri che giustificano l’accertamento, sia la mancanza di assolvimento dell’onere della prova a carico del contribuente sulla effettività delle prestazioni fatturate. Nel giudizio di legittimità non è possibile rivisitare tali giudizi, peraltro conformi nei due gradi di merito, per cui è del tutto inammissibile il tentativo della ricorrente di provare la effettività di ciascuna operazione fatturata, anche considerando che la regolarità formale e la mera indicazione della prestazione a cui si riferisce non è sufficiente ad assolvere l’onere probatorio se gli elementi addotti a sostegno dell’accertamento vengano valutati fondati dal giudice di merito competente, come accaduto nella fattispecie in esame in entrambi i gradi di giudizio.

4. Il ricorso così come proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate va pertanto rigettato.

5. Quanto alla disciplina delle spese del giudizio, nulla va disposto riguardo al rapporto processuale tra la ricorrente ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non ha svolto difese.

6. Le spese seguono invece la soccombenza nel rapporto processuale tra la società ricorrente e la controricorrente Agenzia delle Entrate e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Rigetta il ricorso nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

 

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