Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24707 del 02/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 02/12/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 02/12/2016), n.24707

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9367-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE ((OMISSIS)),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso L’AVVOCATURA

GENERALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO STUMPO, VINCENZO TRIOLO giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.M.G., S.E., SI.NI.,

SO.CH., SP.RI., SU.GR.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 303/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI del

28/1/2014, depositata il 9/4/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/9/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

udito l’Avvocato ANTONIETTA CORETTI difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1 – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c., ritualmente comunicata alle parti:

“Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Bari, T.M.G., S.E., Si.Ni., So.Ch., Sp.Ri., Su.Gr., operai agricoli a tempo determinato, convenivano in giudizio l’IN.P.S., chiedendo la riliquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola per gli anni 2003 ( Sp. e Si.), 2004 ( T., S., So., Su.). I ricorrenti, premesso di aver lavorato con la qualifica di “operaio agricolo qualificato”, avevano dedotto che il suddetto trattamento di disoccupazione era stato loro corrisposto dall’Ente previdenziale sulla base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995, laddove lo stesso avrebbe dovuto, invece, essere invece calcolato, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4 sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito. L’adito Tribunale rigettava le domande ritenendo che i ricorrenti non avessero svolto alcuna specifica contestazione ovvero deduzione di segno contrario alle risultanze documentali dell’Istituto dalle quali emergeva che l’importo a ciascuno di essi liquidato (considerate anche le integrazioni disposte, prima del ricorso introduttivo del giudizio, a seguito di una verifica d’ufficio), determinato al netto della quota di t.f.r., era assolutamente corrispondente a quello spettante prendendo a base di calcolo la retribuzione contrattuale per la qualifica rivestita (operaio agricolo “comune”, non qualificato). A seguito dell’impugnazione proposta dalle parti private, la Corte di appello di Bari, con sentenza n. 303/2014, accoglieva le domande e condannava l’I.N.P.S. a corrispondere agli appellanti le differenze a titolo di riliquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola ponendo a base del calcolo il salario fisso previsto dalla contrattazione collettiva in relazione alla qualifica di “operaio agricolo comune”, escludendo dalla base di calcolo le somme corrisposte a titolo di quota di T.F.R..

Per la cassazione della pronuncia della Corte territoriale ricorre l’I.N.P.S., affidandosi ad un motivo.

I lavoratori sono rimasti intimati.

Con l’unico articolato motivo l’I.N.P.S. lamenta violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., nullità del procedimento a causa dell’omessa pronuncia su una eccezione proposta dall’I.N.P.S. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4). Censura la sentenza per avere trascurato di considerare la deduzioni difensive dell’Istituto e la relativa documentazione prodotta da cui emergeva l’avvenuto pagamento del trattamento di disoccupazione oggetto di causa calcolato sulla base di una retribuzione giornaliera superiore al salario medio convenzionale.

Il motivo è manifestamente fondato (si vedano i precedenti di questa Corte intervenuti in vicende del tutto analoghe, Cass. 4 agosto 2014, un. 17578 e 17579).

Con si evince dal contenuto delle comparse di costituzione dell’I.N.P.S. nel giudizio di primo e di secondo grado (ritualmente trascritte, nelle parti essenziali, in sede di ricorso per cassazione), l’Istituto, lungi dal convenire sulla prospettata sussistenza di somme ancora da corrispondersi ai lavoratori, aveva escluso che, nello specifico, residuassero importi a credito richiamando i prospetti delle dichiarazioni trimestrali (modd. DMAG) del datore di lavoro, ritualmente prodotti, e sottolineando che le prestazioni temporanee non erano state affatto liquidate sulla base del salario medio congelato all’anno 1995 (pari ad Euro 43,62), bensì sulla base del maggior importo di Euro 44,85 – T., Su., Sp., So. -, di Euro 47,04 – Si. -, di Euro 49,15 S. – (al netto della quota di T.F.R.), previsto per la qualifica di “operaio comune”.

La Corte territoriale ha fondato la propria decisione sul presupposto dell’avvenuta corresponsione da parte dell’I.N.P.S. in favore dei lavoratori (che, come si evince dalla stessa sentenza impugnata, non avevano fornito alcuna prova dello svolgimento di attività di operaia qualificata), a titolo di disoccupazione agricola per l’anno in questione, di somme calcolate sulla base del salario medio convenzionale (Euro 43,62) laddove, come eccepito dall’Istituto e ritenuto anche dal giudice di primo grado, la liquidazione era avvenuta sulla base del salario effettivo previsto dalla contrattazione collettiva per l’operaio comune. Di tanto, invero, non avevano dubitato gli stessi appellanti che, come si evince dal contenuto dell’atto di gravame ritualmente trascritto dall’I.N.P.S., avevano imputato le differenze ancora asseritamente loro spettanti (non più al rapporto salario medio convenzionale / salario effettivo ma) al rapporto salario effettivo operaio qualificato / salario effettivo operaio comune.

La Corte barese, pur convenendo con la prospettazione dell’Istituto in ordine alla mancata prova da parte degli appellanti dello svolgimento di mansioni di operaio qualificato (pronuncia, questa, passata in giudicato), ha tuttavia omesso di considerare l’eccezione relativa all’avvenuta liquidazione sulla base del salario effettivo e la documentazione a sostegno di quest’ultima.

Per tutto quanto sopra considerato, risultando dalla prospettazione dell’Istituto e dalla documentazione da quest’ultimo ritualmente prodotta a sostegno della stessa (le cui risultanze, come si rileva dalla sentenza di primo grado, non avevano formato oggetto di contestazione da parte degli originari ricorrenti), che l’importo corrisposto per l’anno oggetto di pretesa era stato determinato sulla base del salario effettivo previsto dalla contrattazione integrativa provinciale, salario che, pur al netto della quota di T.F.R., superava quello medio convenzionale previsto per l’anno 1995, si propone l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, con decisione nel merito, e rigetto delle azionate domande, il tutto con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.

2 – Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo.

3 – Conseguentemente il ricorso va accolto e va cassata la sentenza impugnata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ex art. 384 c.p.c., comma 2, la causa può decidersi nel merito con il rigetto delle azionate domande.

4 – Avuto riguardo alla particolarità della vicenda processuale ed all’alterno esito dei gradi merito, vanno compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le azionate domande; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2016

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