Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24706 del 19/10/2017


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Cassazione civile, sez. I, 19/10/2017, (ud. 06/07/2017, dep.19/10/2017),  n. 24706

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5643/2013 proposto da:

Ministero della Giustizia, Ministero dell’Interno, in persona dei

rispettivi Ministri pro tempore, domiciliati in Roma, Via dei

Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

F.F., rappresentato e difeso dall’avvocato

C.V., giusta procura in calce al controricorso, elettivamente

domiciliato presso di lui in Roma, Via Piero Foscari n. 40;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/07/2017 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale CARDINO ALBERTO, che chiede che Codesta Suprema

Corte voglia rigettare il ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 9 gennaio 2012, la Corte d’Appello di Roma ha confermato la decisione con la quale il Tribunale di quella Città aveva accolto la domanda proposta da F.F. nei confronti dei Ministeri di Giustizia e dell’Interno, volta ad ottenere il pagamento delle spese di difesa sostenute nel giudizio penale contro di lui promosso per il reato di cui all’art. 371 bis c.p., e conclusosi con la sua assoluzione per insussistenza del fatto. Dopo aver premesso che il F. era stato chiamato, quale medico incaricato provvisorio, dal Direttore della Casa Circondariale di (OMISSIS) per visitare alcuni detenuti durante i disordini avvenuti nel carcere nel (OMISSIS), la Corte, per quanto d’interesse, ha considerato che: a) il beneficio richiesto, previsto in favore di ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza per fatti connessi all’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, era esteso, L. n. 152 del 1975, ex art. 32, comma 3 a coloro i quali, legalmente richiesti da appartenenti a forze di polizia, avessero loro prestato assistenza, ed il caso ricorreva nella specie, ancorchè l’assistenza fosse stata di natura sanitaria, ricorrendo, poi, la prescritta connessione per essere il reato addebitato al F. volto, nell’ipotesi accusatoria, ad occultarne altri; b) la mancata redazione del parere tecnico dell’Avvocatura dello Stato non precludeva la determinazione della somma in concreto dovuta, essendo la richiesta soggetta al vaglio del giudice.

Per la cassazione della sentenza, hanno proposto ricorso i Ministeri con due motivi, ai quali il F. ha replicato con controricorso. I ricorrenti hanno depositato memoria ed il PG conclusioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, i ricorrenti deducono la violazione della L. n. 152 del 1975, art. 32 per avere la Corte territoriale omesso di considerare che l’intervento del Sanitario era stato richiesto dal Direttore del carcere e non già da Ufficiali ed agenti di PG, come richiesto dalla norma, ed, inoltre, che l’assistenza non fu prestata per vincere la resistenza o la violenza con l’uso legittimo della forza, ma fu di natura sanitaria.

2. Col secondo motivo, si deduce la violazione della L. n. 135 del 1997, art. 18 evidenziandosi che: a) il F., all’epoca dei fatti, non era dipendente dell’Amministrazione penitenziaria, ma svolgeva la sua attività in base ad un rapporto a carattere libero professionale; b) i fatti oggetto dell’imputazione – false informazioni al PM – non erano connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali.

3. I motivi, che vanno congiuntamente esaminati, per comodità espositiva, sono fondati.

4. Occorre rilevare che, come riportano le amministrazioni ricorrenti, la domanda volta al rimborso delle spese legali è stata avanzata dall’odierno controricorrente in relazione alle discipline di cui alla L. n. 152 del 1975, art. 32 ed alla L. n. 135 del 1997, art. 18 e, come si legge in seno alla sentenza d’appello, è stata accolta in primo grado sotto entrambi i profili dedotti, con statuizione confermata in appello, avverso la quale si incentrano le due censure sopra riassunte.

5. Stabilisce la prima disposizione che: “Nei procedimenti a carico di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o dei militari in servizio di pubblica sicurezza per fatti compiuti in servizio e relativi all’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, la difesa può essere assunta a richiesta dell’interessato dall’Avvocatura dello Stato o da libero professionista di fiducia dell’interessato medesimo. In questo secondo caso le spese di difesa sono a carico del Ministero dell’interno salva rivalsa se vi è responsabilità dell’imputato per fatto doloso. Le disposizioni dei comuni precedenti si applicano a favore di qualsiasi persona che, legalmente richiesta dall’appartenente alle forze di polizia, gli presti assistenza” e la seconda che: “Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l’Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità”.

6. Tali disposizioni hanno, dunque presupposti soggettivi e oggettivi nonchè modalità diversi e stanno tra loro in rapporto di genere a species, dovendo ritenersi la disciplina del 1997 a carattere generale, per tutti i dipendenti statali, e tra costoro per gli stessi appartenenti alle Forze di Polizia per fatti commessi in servizio e non connessi all’uso di armi o con altri mezzi di coazione fisica (cfr. Cons. Stato n. 3591 del 20.11.2014) e speciale quella del 1975 per le Forze di polizia per fatti commessi con tali modalità.

7. A tale stregua, sembra evidente che l’estensione della disciplina speciale ai terzi legittimamente richiesti di prestare assistenza di cui alla L. n. 152 del 1975, art. 32, comma 3 non può avere una base applicativa diversa: in tanto la provvidenza risulta applicabile al terzo in quanto il fatto sia stato da costui commesso in diretto ausilio all’azione repressiva delle forze dell’ordine connotata da uso delle armi o da altri mezzi di coazione fisica. Tanto basta ad escludere che l’attività del controricorrente, e cioè le visite mediche dei detenuti le cui celle venivano perquisite, come riferisce l’impugnata sentenza possa rientrare in detto ambito, restando assorbita la questione relativa al soggetto che ne ha richiesto l’intervento.

8. La norma generale del 1997 trova la sua ratio nell’esigenza di sollevare i funzionari pubblici dal timore di eventuali conseguenze giudiziarie connesse all’espletamento del servizio ed è volta a tenerli indenni, in caso di esito favorevole del giudizio, delle spese legali affrontate per i procedimenti giudiziari promossi nei loro confronti per fatti ad esso connessi o riferiti all’assolvimento di obblighi istituzionali, non essendo sufficiente che lo svolgimento del servizio costituisca mera “occasione” per il compimento degli atti che danno origine al procedimento di responsabilità (cfr. Cass. 2366 del 2016; n. 24480 del 2013; TAR Campania n. 2570 del 2017). 9. Così convenendo, non solo, tra il fatto contestato al F. (false comunicazioni al PM) e l’attività medica svolta non sussiste alcuna connessione giuridicamente rilevante (non essendo il fatto contestato dovuto all’esercizio della professione sanitaria) ma una mera occasione, ma va, a monte, esclusa la qualità soggettiva di dipendente pubblico in capo al F., il quale, come riferiscono le ricorrenti e non contestato ex adverso, prestava la propria attività quale medico incaricato ai sensi della L. n. 740 del 1970, che contiene un complesso unitario di disposizioni a carattere speciale, che dà luogo ad un lavoro libero-professionale parasubordinato (Cass. n. 17092 del 2010; n. 14957 del 2016), e che all’art. 2 dispone espressamente che: “non sono applicabili le norme relative alla incompatibilità e al cumulo di impieghi nè alcuna altra norma concernente gli impiegati civili dello Stato”.

10. L’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può decidersi nel merito, col rigetto della domanda del controricorrente.

11. Le spese dell’intero giudizio vanno compensate tra le parti, in considerazione della novità delle questioni affrontate.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa e, decidendo nel merito, rigetta la domanda del F.. Compensa interamente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017

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