Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24705 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 03/10/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 03/10/2019), n.24705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAGDA Cristiano – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4669 del ruolo generale dell’anno 2013

proposto da:

Freestyle s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avv. Stiscia Giuseppe per procura

speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliata in Roma,

Viale Regina Margherita, n. 176/B/2 presso rag. Castellano Vincenzo;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate,

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, n.

367/04/2012, depositata in data 19 giugno 2012;

udita la relazione svolta in camera di consiglio del 12 giugno 2019

dal Consigliere Triscari Giancarlo.

Fatto

RILEVATO

Che:

la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, con sentenza del 19.06.2012, ha respinto l’appello di Freestyle s.r.l. avverso la sentenza della commissione tributaria di Avellino che aveva, a sua volta, rigettato il ricorso proposto dalla società per ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva determinato a suo carico un maggior reddito di impresa nell’esercizio 2006 e liquidato le maggiori somme da essa dovute a titolo di Iva, Ires ed Irap, in ragione della ritenuta inesistenza di operazioni di compensazione finanziaria triangolari e dell’indeducibilità di costi relativi ad ulteriori operazioni ritenute inesistenti;

il giudice d’appello, a sostegno della decisione, ha rilevato: che le tesi difensive dell’appellante erano identiche a quelle proposte con il ricorso introduttivo e non indicavano le ragioni di contestazione alla sentenza di primo grado; che il motivo di appello riguardante la falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1972, art. 42, era inammissibile in quanto concernente una questione dedotta per la prima volta nel grado; che la contribuente non aveva prodotto alcuna documentazione probatoria idonea a superare le determinazioni dell’amministrazione finanziaria;

avverso la sentenza Freestyle s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, spedito per la notifica il 4.2.2013, affidato a quattro motivi;

l’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo, che denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies, comma 2, abrogato dal D.P.R. n. 107 del 2001, art. 23, lett. p), Freestyle lamenta il rigetto dell’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento, fondato su attività istruttoria illegittimamente compiuta dalla Direzione regionale, organo cui la legge attribuisce poteri di ispezione e verifica solo in via sostitutiva, nel caso di inerzia degli Uffici locali;

col secondo motivo la ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, per non avere la CTR indicato i fatti noti sui quali si fondava la presunzione di inesistenza delle operazioni e per non aver esplicitato il ragionamento logico che legava i fatti noti a quello ignorato, non potendosi considerare fatti noti le notizie acquisite da un atto non allegato e redatto da organo incompetente;

con il terzo motivo la ricorrente censura la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione dell’art. 115, c.p.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d),;

con il quarto motivo deduce, infine, il vizio di omessa pronuncia della sentenza sull’eccezione di illegittimità della sanzione comminatale ai sensi del D.L. n. 746 del 1983, art. 1, lett. c);

i motivi, che possono essere esaminati unitamente, sono inammissibili, in quanto le ragioni di censura in essi prospettate non tengono in alcun modo conto della ratio decidendi della sentenza impugnata;

la CTR ha fondato la decisione di rigetto dell’appello sulla considerazione che la società contribuente si era limitata a riproporre le identiche ragioni difensive prospettate con il ricorso introduttivo, senza, tuttavia, tenere conto di quanto deciso dalla CTP, non contenendo l’atto di gravame “elementi di opposizione al giudicato di I grado”;

il suddetto passaggio motivazionale è da porsi in relazione con l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposta, secondo quanto riportato nella sentenza, dell’Agenzia delle entrate in sede di controdeduzioni;

in sostanza, il giudice del gravame ha accolto la suddetta eccezione ed ha ritenuto l’atto di appello inammissibile per difetto di specificità;

a tal proposito, va osservato che, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., comma 1, n. 1), è inammissibile l’appello che non contiene, nell’articolazione dei motivi, l’indicazione delle parti del provvedimento che si intendono sottoporre al gravame e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuto dal giudice di primo grado;

invero, i motivi di gravame devono, in ossequio al principio di specificità e completezza dell’appello, essere contenuti nell’atto di impugnazione e riferirsi alla decisione appellata; di conseguenza, è inammissibile l’appello quando l’appellante si richiami genericamente alle deduzioni, eccezioni e conclusioni della comparsa depositata in primo grado o ad altri scritti difensivi (Cass. civ., 11 ottobre 2006, n. 21816);

i motivi di ricorso illustrati, anzichè investire la declaratoria di inammissibilità dell’appello – che avrebbe dovuto essere prospettata in questa sede sotto il profilo dell’error in procedendo, richiamando il contenuto della sentenza di primo grado e dell’atto di gravame – attengono a questioni, di fatto e di diritto, che la CTR non ha minimamente esaminato proprio perchè assorbite dalla statuizione assunta in rito;

nè può rilevare, in contrario, che la CTR abbia aggiunto che l’appello era anche infondato nel merito, non avendo Freestyle fornito prove atte a superare le determinazioni dell’amministrazione finanziaria, posto che, una volta che il giudice abbia dichiarato inammissibile l’appello, spogliandosi della potestas iudicandi, ogni ulteriore argomentazione contenuta nella sentenza è superflua e non integra una distinta ratio decidendi (fra molte, Cass. nn. 101 del 2017, 1700472015, 22380/014);

nulla sulle spese, per mancata costituzione della intimata;

si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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