Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24704 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 03/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 03/10/2019), n.24704

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27141/2015 R.G. proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE LUCEMA SRL;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, sezione n. 22, n. 1621/22/15, pronunciata il 22/01/2015,

depositata il 17/04/2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio

2019 dal Consigliere Guida Riccardo.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Immobiliare Lucema Srl, in data 11/05/2011, presentò istanza d’interpello D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37-bis, comma 8, per la disapplicazione della disciplina delle società non operative, L. 23 dicembre 1994, n. 724, ex art. 30, comma 4-bis, con riferimento all’anno d’imposta 2010;

con provvedimento del 7/10/2011, la Direzione Regionale della Lombardia rigettò l’istanza, per difetto di prova delle ragioni poste a fondamento della stessa;

2. la società impugnò l’atto di diniego innanzi alla CTP di Milano che, con sentenza n. 239/01/13, accolse il ricorso e annullò il provvedimento impugnato;

3. tale pronuncia è stata appellata dall’Agenzia e la CTR lombarda, con la sentenza in epigrafe, ha respinto il gravame, confermando la sentenza di primo grado;

3.1. in particolare, la CTR ha qualificato l’atto di diniego come un atto definitivo, avente immediata rilevanza esterna, riconducibile ad un diniego d’agevolazione e, come tale, suscettibile d’impugnazione dinanzi al giudice tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. h),;

la CTR ha poi esaminato il merito della controversia e ha ritenuto che la contribuente avesse dettagliatamente indicato i motivi che avevano reso impossibile il raggiungimento del reddito presunto e che, invece, l’Ufficio non avesse fornito la prova contraria;

4. l’Agenzia ricorre per la cassazione di questa sentenza, sulla base di due motivi; la società è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo del ricorso, denunciando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e art. 100, c.p.c., l’Agenzia censura la decisione impugnata per avere ritenuto che il diniego di disapplicazione delle norme antielusive fosse un atto autonomamente impugnabile, assimilabile ad un diniego di agevolazione, trattandosi, in realtà, di un mero parere, privo di una “compiuta e definita pretesa tributaria”, come affermato dalla giurisprudenza costituzionale, di legittimità e di merito;

2. con il secondo motivo, denunciando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 100, c.p.c., l’Agenzia censura la decisione impugnata per avere ritenuto che il diniego di disapplicazione delle norme antielusive rientrasse tra gli atti tipici previsti dal citato art. 19 e che, quindi, fosse onere del contribuente impugnarlo, per evitare la cristallizzazione della pretesa tributaria;

2.1. i due motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono infondati;

è orientamento consolidato di questa Corte che: “In tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un’interpretazione estensiva delle disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), ed in considerazione dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. 28 dicembre 2001, n. 448. Ne consegue che il contribuente ha la facoltà, non l’onere di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 37-bis, comma 8, atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, ma provvedimento con cui l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario (Cass. n. 17010/12, secondo Cass. n. 8663/11, il diniego disapplicativo è un atto definitivo in sede amministrativa e recettizio con immediata rilevanza esterna, da qualificarsi come un’ipotesi di diniego di agevolazione). Tale principio regolatore (isolatamente disatteso da Cass. n. 5843/2012) si è consolidato nel diritto vivente (es. Cass. n. 20394/12, 335/14, 25281/15, 6200/15 e da ultimo, v. Cass. ord. n. 19962/17) sino ad essere stato ripreso anche in altri contesti fiscali (vedi, in motivazione, sez. un. nn. 7665/16, 19704/15, 12760/15, 649/15, 13451/14; cfr. ex plurimis: Cass. nn. 11397/17, 5723/16, n. 2616/15, 11922/14, 25916/13).” (Cass. 6/10/2017, n. 23469);

in questa vicenda tributaria, in coerenza con i principi giuridici appena esposti, ai quali il Collegio intende dare continuità, è chiaro che la società contribuente aveva un interesse qualificato (ai sensi dell’art. 100 c.p.c.) ad impugnare, in sede giudiziaria, il diniego di disapplicazione di norme antielusive, quale atto non meramente consultivo e, anzi, potenzialmente lesivo della sua sfera giuridica;

e questo perchè – in un’ottica più generale – la risposta negativa del Direttore Regionale delle Entrate – a prescindere dalle ragioni addotte – è diretta a incidere sulla condotta del soggetto istante, in ordine alla dichiarazione dei redditi, in relazione alla quale l’istanza è stata inoltrata;

in rapporto allo specifico contenuto delle doglianze dell’Agenzia, pur dovendosi emendare, sotto tale profilo, la motivazione della CTR – che ha erroneamente sussunto il diniego disapplicativo entro le tipologie di atti elencate dall’art. 19 cit. – è dato rilevare che, comunque, il dispositivo della sentenza è conforme a diritto, in quanto si è individuata la corretta soluzione giuridica, con il riconoscimento dell’interesse della contribuente a impugnare l’atto di diniego e, conseguentemente, dell’ammissibilità del ricorso introduttivo;

3. ne discende il rigetto del ricorso;

4. nulla si dispone sulle spese del giudizio di legittimità, al quale la contribuente non ha partecipato;

5. atteso che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA