Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24702 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 03/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 03/10/2019), n.24702

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24136/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

M.R., rappresentato e difeso dall’avv. Loconte Stefano,

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Paolella

Marzia, in Roma, via Giovan Battista Martini, n. 14;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, sezione n. 43, n. 1001/43/14, pronunciata il 21/01/2014,

depositata il 25/02/2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio

2019 dal Consigliere Guida Riccardo.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia, indicata in epigrafe, che ne ha rigettato l’appello avverso la sentenza della CTP di Milano (n. 236/2012), che, a sua volta, aveva accolto il ricorso del Dott. M.R. contro il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria all’istanza di rimborso delle somme che egli aveva versato, a titolo d’IRAP, per gli anni dal 2000 al 2004 e dal 2006 al 2009, sull’assunto che la sua attività di medico pediatra di base, convenzionato con il SSN, non integrasse il presupposto impositivo dell’IRAP, consistente nell’autonoma organizzazione;

2. la CTR ha motivato nei seguenti termini il rigetto del gravame: “nella fattispecie è evidente che il medico non dispone di personale dipendente ma ha corrisposto compensi a colleghi per le sostituzioni occorse nello svolgimento della sua attività di medico di base e che l’ufficio è incorso in un errore nel considerare come Euro gli importi dichiarati per gli anni 2000-2001 che infatti si dimezzano dal 2002 in poi con l’introduzione della moneta unica Europea, per cui il valore dei beni strumentali può essere considerato non superiore all'”id quod plerumque accidit”, trattandosi di un lavoratore parasubordinato pubblico che deve dotarsi obbligatoriamente per convenzione di una struttura di personale e beni strumentali.” (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).

3. il contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

a. preliminarmente va disattesa l’eccezione del contribuente di inammissibilità del ricorso per violazione e falsa applicazione della L. n. 69 del 2009, art. 47, art. 360-bis, c.p.c., per omessa indicazione, da parte dell’ufficio, degli argomenti per i quali le affermazioni in diritto, contenute nella sentenza impugnata, si porrebbero in contrasto con le norme o con l’interpretazione che ne ha fornito la giurisprudenza di legittimità;

si rileva, al riguardo, che, ai fini della verifica della condizione di ammissibilità del motivo di ricorso per cassazione, indicata dall’art. 360-bis n. 1, c.p.c., l’onere di individuare decisioni e argomenti sui quali l’orientamento contestato si fonda, senza limitarsi a dichiarare la propria posizione di contrasto con la giurisprudenza di legittimità, sussiste solo nell’ipotesi di un orientamento di legittimità consolidato nella materia oggetto di controversia, contrario alla tesi di parte ricorrente (Cass. 2/08/2017, n. 19190), profilo – questo – estraneo alla fattispecie concreta, rispetto alla quale l’indirizzo di questa Corte, con particolare riferimento al tema del presupposto impositivo dell’IRAP, si è andato consolidando negli anni, anche successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione da parte dell’Agenzia;

1. con il primo motivo del ricorso, denunciando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, l’Agenzia censura la sentenza impugnata che, discostandosi dai principi sanciti da questa Corte in tema di autonoma organizzazione, ne ha negata la ricorrenza, nonostante il rilevante valore dei beni strumentali dichiarato dal contribuente, per gli anni d’imposta in esame, e sebbene, nelle stesse annualità, egli si fosse avvalso, in modo non occasionale, retribuendoli, di lavoratori dipendenti;

1.1. il motivo è infondato;

1.1.1. è il caso di comporre, nuovamente (negli stessi termini: Cass. 29/03/2019, n. 8818), il quadro degli elementi costitutivi del presupposto impositivo dell’IRAP, secondo il dato normativo e secondo l’interpretazione della giurisprudenza, costituzionale e di legittimità, con specifico riguardo all’attività del medico convenzionato con il SSN;

il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, stabilisce che il presupposto dell’IRAP, già definita dall’art. 1 come imposta a carattere reale, è l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi;

la Corte costituzionale (sentenza n. 156 del 21/05/2001), ribadito che l’IRAP non è un’imposta sul reddito, bensì un’imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate, ha rilevato che, mentre l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo, ancorchè svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui, con la conseguente inapplicabilità dell’imposta, per difetto del suo necessario presupposto – l’autonoma organizzazione – il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto, rimessa pertanto al giudice di merito;

questa Corte di legittimità (Cass. sez. un. 10/05/2016, n. 9451, in continuità con sez. un. 12/5/2009, n. 12108, ma specificando ulteriormente i requisiti dell’impiego del lavoro altrui) ha così delineato i parametri di valutazione della quaestio fatti: “con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”;

in punto di rilevanza della disponibilità, da parte del professionista contribuente, di uno studio dove esercitare la propria attività, questa Corte, con riferimento ai medici di medicina generale convenzionati con il SSN, ha stabilito che: “In tema di IRAP, la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il SSN, di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell’art. 22 dell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. n. 270 del 2000, rientrando nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto sussistere il presupposto impositivo sulla base del mero esercizio abituale di un’attività organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, senza alcun approfondimento sulle caratteristiche dei beni strumentali, sull’effettiva incidenza di collaboratori e delle loro mansioni, sull’entità dei compensi a terzi, ed in merito a se le attività ulteriori rispetto al regime di convenzione implicassero la sussistenza di un’effettiva “autonoma organizzazione” ovvero fossero mere prestazioni intellettuali del professionista, legate alla sua capacità professionale, senza l’utilizzo di particolari strutture, strumentazioni o supporti).” (Cass. 21/09/2017, n. 22027);

con riferimento all’ipotesi in cui il professionista disponga di più studi, è stato ritenuto che: “In tema di IRAP, la circostanza che il professionista operi presso due o più strutture materiali non è sufficiente a configurare un’autonoma organizzazione, se tali strutture siano semplicemente strumentali ad un migliore e più comodo esercizio dell’attività professionale.” (Cass. 22/12/2016, n. 26651), commisurando il parametro della maggior comodità all’interesse del pubblico, ovvero dei pazienti (Cass. 26/03/2018, n. 74295); o se l’utilizzo di un secondo studio sia funzionale a specifiche esigenze territoriali inerenti all’attività prestata in convenzione con il SSN (Cass. 7/12/2016, n. 25238; 25/01/2017, n. 1860);

sempre ai fini dell’autonoma organizzazione, in relazione al valore e alla consistenza dei beni strumentali utilizzati dal contribuente (profilo, quest’ultimo, attinente al caso di specie), la Corte ha precisato che: “In tema di IRAP, il presupposto dell’autonoma organizzazione, richiesto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività, sicchè anche una spesa consistente per l’acquisto di un macchinario indispensabile all’esercizio dell’attività medesima non è idonea a rivelare l’esistenza dell’autonoma organizzazione ove il capitale investito non rappresenti un fattore aggiuntivo o moltiplicativo del valore costituito dall’attività intellettuale del professionista, ma sia ad essa asservito in modo da non poterne essere distinto.” (Cass. 18/11/2016, n. 23552);

infine, per quanto riguarda l’aspetto, anch’esso oggetto della materia del contendere, dell’entità dei compensi corrisposti dal medico a suoi colleghi, è stato escluso che costituiscano dato sintomatico dell’autonoma organizzazione, ai fini dell’IRAP, le spese per compensi a terzi, ove si tratti di compensi corrisposti a colleghi medici, in caso di obbligatoria sostituzione per malattia o ferie, circostanza frequente nei medici di base che debbono assicurare un servizio continuativo (Cass. 25/08/2016, n. 17344);

1.1.2. tanto premesso sul versante dei principi, venendo all’esame del motivo del ricorso, si rileva che la CTR, seguendo la scia del dato normativo e dei criteri giuridici sopra enunciati, si è interrogata sulla ricorrenza o meno del presupposto impositivo dell’IRAP e, alla stregua di un accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, perchè non affetto da aporie argomentative (profilo critico, questo del vizio motivazionale, neppure adombrato dall’Ufficio), ha escluso il requisito dell’autonoma organizzazione, poggiando il proprio convincimento, per un verso, sulla circostanza che il contribuente non avesse corrisposto compensi a dipendenti, ma si fosse limitato a remunerato i colleghi per le necessarie sostituzioni dovute alla sua saltuaria assenza, e, per altro verso, sul fatto che egli utilizzasse la dotazione di beni strumentali obbligatoria per l’esercizio dell’attività sanitaria in regime convenzionato;

2. ne consegue che il ricorso va rigettato;

3. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

4. atteso che è soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere Amministrazione pubblica, difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate a corrispondere al ricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00, a titolo di compenso, oltre a Euro 200,00 per esborsi, al 15% sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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