Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24702 del 02/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 02/12/2016, (ud. 27/10/2016, dep. 02/12/2016), n.24702

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23626-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORTIO, (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.C.C., G.G., G.P.,

B.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 817/16/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA SEZ. DISTACCATA di S1RACUSA del 18/11/2014,

depositata il 03/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di G.C.C., G.G., G.P. e B.L. (che non resistono), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sezione staccata di Siracusa, n. 817/16/2015, depositata in data 3/03/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di alcuni avvisi di accertamento, emessi per maggiore IRPEF dovuta per l’anno d’imposta 2005, per effetto di plusvalenze da cessione di terreni edificabili, ex art. 81, lett. b) e art. 82, lett. c) TUIR – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso cumulativo dei contribuenti, respingendolo altresì nel merito.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dei contribuenti, hanno sostenuto che era anzitutto ammissibile l’unico ricorso cumulativo proposto dai quattro contribuenti, considerato che gli accertamenti (e quello diretto a G.P., in particolare) riguardavano le plusvalenze, asseritamente realizzate da G.P., sia con i due atti di vendita stipulati insieme alla moglie, B.L., sia l’altro atto stipulato dal medesimo insieme ai germani G. e C.C.. Nel merito, in relazione alla plusvalenza realizzata dai germani G., i giudici della C.T.R. assumevano che non poteva, nel calcolo, utilizzarsi come valore finale, anzichè quello dichiarato nell’atto dai venditori, quello accertato dall’Ufficio ai fini dell’imposta di registro, divenuto definitivo per mancata impugnazione dell’avviso di accertamento, non facendo esso stato per l’IRPEF controversa nel giudizio. Riguardo poi alle plusvalenze accertate nei confronti dei coniugi per gli altri due atti di compravendita, mentre doveva confermarsi l’atto impositivo diretto a G.P., doveva dichiararsi cessata la materia del contendere, come richiesto dall’Ufficio, per quanto riguardava B.L., a seguito di definizione della lite pendente.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 19 e art. 103 c.p.c., avendo i giudici della C.T.R. ritenuto infondata l’eccezione, sollevata dall’Ufficio sin dal primo grado ed accolta dai giudici della C.T.P., di inammissibilità del ricorso cumulativo proposto dai contribuenti avverso quattro distinti accertamenti scaturenti da plusvalenza tassabile a seguito di vendita di beni, avvenuta con atti diversi da soggetti parzialmente diversi.

Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, degli artt. 67 e 68 TUIR, nonchè artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., dovendo ritenersi, contrariamente a quanto affermato dalla C.T.R., che il maggior valore del bene ceduto accertato ai tini dell’imposta di registro, il cui atto impositivo, regolarmente notificato anche agli attuali contribuenti, si era reso definitivo, poteva costituire maggior valore della plusvalenza realizzata a seguito della cessione a titolo oneroso, rispetto al valore dichiarato.

2. La prima censura è infondata.

Questa Corte ha già chiarito che è possibile impugnare con un unico atto più sentenze o provvedimenti autonomi, purchè le sentenze o le altre decisioni siano pronunciate fra le medesime parti (Cass. 267/1981; Cass. 456/1988; Cass. 4445/1997) ed abbiano ad oggetto identiche questioni di diritto (Cass. S.u. 4445/1997; Cass. 5105/1994, Cass. 11503/2003, Cass. 7191/2004, Cass. 309/2006, tutte rese in materia tributaria; Cass. S.U. 16-2-2009 n. 3692).

Con riguardo al ricorso di primo grado, introduttivo del giudizio, questa Corte (Cass.4490/2013; Cass.7940/20161 ha poi ritenuto ammissibile, nel giudizio tributario, la proposizione di un ricorso congiunto da parte di più soggetti.

La C.T.R., avendo valutato che gli accertamenti impugnati con l’unico ricorso cumulativo, attraverso quello notificato al contribuente G.P., erano sostanzialmente unificati, stante l’identità delle questioni, è conforme ai suddetti principi di diritto.

3. La seconda censura è ugualmente infondata.

Nelle more del giudizio, e intervenuto il D.Lgs. n. 147 del 2015, il quale all’art. 5, comma 3 prevede che il testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 58, 68, 85 e 86 e del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 5,5 bis, 6e 7 si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non e presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito a fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 1.

La norma e da ritenersi applicabile anche ai giudizi in corso, atteso l’intento interpretativo chiaramente espresso dal legislatore e considerato che, come affermato tra le altre da C.Cost. n. 946 del 1999, il carattere retroattivo costituisce elemento connaturale alle leggi interpretative (Cass. 7488/2016; Cass. 6135/2016).

La sentenza della C.T.R. è pertanto conforme ai suddetti principi di diritto.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Tenuto conto dello ius superveniens, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali.

Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater non si applica all’Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU 9938/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2016

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