Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24701 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 03/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 03/10/2019), n.24701

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7692/2014 R.G. proposto da:

CHEZ TRICOT SRL, rappresentata e difesa dall’avv. Villani Maurizio,

elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Lecce, via Cavour

n. 56;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana, sezione n. 30, n. 110/30/13, pronunciata il 17/06/2013,

depositata il 28/10/2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio

2019 dal Consigliere Guida Riccardo.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Chez Tricot Sri, con sede legale in Prato, impugnò innanzi alla CTP di quella città l’avviso di accertamento che determinava il reddito di impresa, ai fini IRES, IRAP, IVA, per l’annualità 2004, sul presupposto che la contribuente (costituita il 1/07/2005) fosse corresponsabile del debito tributario di Tricot Moda Srl, che non aveva presentato la dichiarazione, quale affittuaria dell’azienda di quest’ultima, con la quale, in data 2/07/2005, aveva stipulato un contratto d’affitto d’azienda che, secondo la prospettazione del fisco, dissimulava una vera e propria cessione dell’universitas;

la CTP pratese, con sentenza n. 53/03/2010, accolse il ricorso;

2. la CTR toscana, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto il gravame dell’Ufficio, rilevando che le circostanze di fatto addotte dall’Agenzia e risultanti dal PVC, redatto dalla Guardia di Finanza, dimostravano che, in realtà, la compagine sociale che, prima, aveva agito sotto la denominazione Tricot Moda Srl, dal luglio 2005, aveva cominciato ad agire sotto la denominazione Chez Tricot Srl;

il giudice d’appello ha premesso che, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, commi 4 e 5, la responsabilità solidale del cessionario dell’azienda non è soggetta alle limitazioni previste dallo stesso articolo, qualora la cessione sia stata attuata in frode dei crediti tributari (comma 4) e la frode si presume, salvo prova contraria, quando il trasferimento sia effettuato entro sei mesi dalla constatazione di una violazione penalmente rilevante (comma 5);

ha rimarcato, quindi, che il caso in esame è sussumibile entro detta ipotesi normativa in quanto, nel maggio 2005, alla Tricot Moda Srl vennero sequestrati dalla GdF 40.000 capi d’abbigliamento contraffatti, con le conseguenze penali di cui all’art. 517 c.p., dopodichè, a distanza di due mesi, avvenne il “trasferimento” nelle forme dell’affitto d’azienda;

in conclusione, la CTR ha rilevato che le “dichiarazioni extraprocessuali della Tricot Moda” avevano confermato l’intento e la portata dell’operazione del luglio 2005;

3. la contribuente ricorre, con due motivi, per la cassazione di questa sentenza della CTR, mentre l’Agenzia resiste con atto di costituzione, ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo del ricorso, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,1414, c.c., la ricorrente censura la sentenza della CTR per non correttamente valutato che l’Agenzia, a sostegno dell’asserita simulazione dell’affitto d’azienda, aveva fornito mere presunzioni, prive di consequenzialità logica, anche in considerazione del fatto che, quando le parti conclusero il contratto, a Tricot Moda Srl non venne contestata alcuna violazione di norme tributarie e la società, dopo avere subito il sequestro dei capi d’abbigliamento, aveva ritenuto necessario affittare l’azienda alla ricorrente (Chez Tricot Srl), per scongiurare un danno all’immagine;

1.1. il motivo è inammissibile;

la censura in esso contenuta non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata che, poggiando su un dato normativo (il citato art. 14), ha ritenuto che, nella specie, l’Amministrazione avesse già assolto all’onere di dimostrare il carattere fittizio del contratto d’affitto d’azienda, quale presupposto della responsabilità solidale del cessionario per i debiti tributari del cedente, in virtù della presunzione legale relativa sancita dal medesimo articolo, in quanto il contratto era stato stipulato due mesi dopo il sequestro, da parte della GdF, di capi d’abbigliamento contraffatti della cedente, da cui erano scaturite conseguenze di rilevanza penale;

onde, la critica della contribuente avrebbe dovuto focalizzarsi sulla presunzione legale relativa individuata dal giudice d’appello e non, come invece è avvenuto, in modo non consentito, sull’asserita mancanza di presunzioni idonee a sostenere il rilievo fiscale;

2. con il secondo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, la ricorrente censura il vizio dello sviluppo argomentativo della sentenza della CTR, che si sarebbe limitata a riportare il contenuto della nota integrativa al bilancio al 31/12/2005 di Tricot Moda Srl, senza chiarire la ragione per la quale queste dichiarazioni “dovessero fare pensare all’intento della società di simulare un affitto di azienda al posto di una cessione d’azienda.” (cfr. pag. 12 del ricorso per cassazione);

2.1. il motivo è inammissibile;

posto che la sentenza della Commissione tributaria toscana è stata pubblicata il 28/10/2013, il motivo di ricorso è quello dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella nuova formulazione introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che si applica in relazione alle sentenze d’appello pubblicate a partire dall’11/09/2012;

secondo l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte: “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass. sez. un. 7/04/2014, n. 8053);

nel caso in esame la critica alla decisione della CTR consiste nell’inammissibile negazione del suo processo decisionale, senza la necessaria indicazione di alcuna delle specifiche anomalie del sostrato argomentativo della sentenza, secondo i suindicati principi giuridici, come enunciati dalle sezioni unite;

3. ne consegue che il ricorso è inammissibile;

4. nulla sulle spese del giudizio di legittimità, nel quale l’Agenzia non ha svolto attività defensionale.

PQM

la Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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