Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2470 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/02/2020, (ud. 14/03/2019, dep. 04/02/2020), n.2470

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11446-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

ULIVIERI RICAMBI SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

GONDAR 22, presso lo studio dell’avvocato MARIA ANTONELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SARA ARMELLA;

– controricorrente e ricorrente incidentale

e contro

CENTRO ASSISTENZA DOGANALE CAD ITALIA, elettivamente domiciliato in

ROMA PIAZZA GONDAR 22, presso lo studio dell’avvocato MARIA

ANTONELLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SARA

ARMELLA;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

sul ricorso 15793-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

ULIVIERI RICAMBI SRL elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA GONDAR

22, presso lo studio dell’avvocato MARIA ANTONELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati CRISTINA ZUNINO,

VALENTINA PICCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 114/2012 depositata il 25/10/2012 e avverso la

sentenza n. 1671/2016 depositata il 20/12/2016 della COMM.TRIB.REG.

di GENOVA;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/03/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE.

Per la cassazione delle sentenze della commissione tributaria

regionale della Liguria n. 114/2012 depositata il 25.10.2012 e n.

1671/2016 depositata il 20.12.2016, entrambe non notificate.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 marzo 2019

dal relatore cons. Francesco Mele.

Fatto

RILEVATO

Che:

La prima sentenza – accogliendo l’appello proposto da Ulivieri Ricambi srl e da Centro Assistenza Doganale Italia srl (CAD), previa riunione delle due cause nate da separati ricorsi- riformava le sentenze con cui la commissione tributaria provinciale di La Spezia aveva rigettato i ricorsi separatamente proposti dalla società contribuente (che svolge attività di commercio di accessori e ricambi per carrelli elevatori) e da CAD (quale spedizioniere doganale) avverso avvisi di rettifica (facenti seguito ad informativa OLAF e alla invalidazione dei certificati FORM A da parte della competente autorità tailandese) di accertamento con i quali l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli aveva disconosciuto l’origine tailandese della merce (transpallet manuali) acquistata dall’esportatore GT MOVER ed aveva conseguentemente richiesto il pagamento del dazio antidumping nella misura del 46,70% nonchè dell’IVA all’importazione per complessivi Euro 77.707,82;

La CTR accoglieva in parte il terzo motivo, dopo avere rigettato i precedenti (tutti proposti a sostegno dei ricorsi introduttivi e disattesi dalla CTP); il motivo accolto denunciava la violazione ed erronea applicazione dell’art. 2697 c.c. (valenza probatoria della relazione OLAF);

Per la cassazione della predetta sentenza l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso affidato a quattro motivi;

Resistono con controricorso sia la società contribuente che CAD, spiegando, a loro volta, entrambe, ricorso incidentale -affidato per ciascun controricorrente a due motivi- per la cassazione della sentenza della CTR; La società contribuente importatrice ha pure depositato memoria;

– La seconda sentenza -rigettando l’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli- confermava la sentenza con cui la commissione tributaria provinciale di La Spezia aveva accolto il ricorso proposto dalla società Ulivieri Ricambi s.r.l. avverso atti di contestazione sanzioni traenti origine dagli avvisi di rettifica costituenti oggetto del primo giudizio (n. 11446/2013);

– Per la cassazione di tale sentenza l’agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso affidato a tre motivi;

– Resiste con controricorso la società contribuente che ha pure depositato memoria;

– Entrambi i ricorsi sono stati fissati in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dall’art. 1 bis del D.L. 31.8.2016 n. 168 convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– Preliminarmente viene disposta la riunione al giudizio n. 11446/2013 (avente ad oggetto avvisi di rettifica di accertamento) di quello recante il n. 15793/2017 (avente ad oggetto contestazione sanzioni conseguenti ai predetti avvisi di rettifica), con la precisazione che parti di quest’ultimo sono solo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ricorrente) e Ulivieri Ricambi srl (controricorrente);

– Quanto al giudizio n. 11446/2013, il ricorso principale consta di quatto motivi, recanti nell’ordine:

1) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., degli artt. 80 e ss. Reg. CEE 2454/1993 e del loro combinato disposto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”;

2) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2700,2697 C.c. e ss., nonchè dell’art. 9 Reg. CEE n. 1073/1999 e dei principi afferenti l’onere della prova (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.)”;

3) “Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”;

4) “Omessa o comunque insufficiente motivazione su fatto decisivo e

controverso del giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”;

I ricorsi incidentali constano di due motivi (identici), recanti, nell’ordine:

1) “Erronea interpretazione della norma di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”;

2) “Violazione ed erronea applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”;

Nel prendersi in esame il ricorso principale, occorre innanzi tutto dare conto delle eccezioni di inammissibilità del ricorso stesso formulate in entrambi i controricorsi, che vanno rigettate.

Le resistenti denunciano, genericamente, come inammissibile “il modus procedendi” seguito dall’Agenzia, la quale avrebbe fondato il ricorso su una unica doglianza, formulata in relazione all’art. 360 c.p.c., sia al n. 3, comma 1 che ai nn. 4 e 5, comma cit.,

Si osserva invero che la ricorrente non ha affatto lamentato congiuntamente la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, la nullità della sentenza o del procedimento e l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso. Al contrario la prospettazione dei motivi è omogenea e chiara, nel senso che ciascun motivo si riferisce solamente ad una delle ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c.

In particolare, secondo le parti controricorrenti la formulazione del primo motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non può avere ad oggetto la doglianza circa il libero apprezzamento da parte del giudice di merito delle prove e dei documenti prodotti in causa e la ricorrente -è l’assunto delle resistenti- lamenta proprio che la CTR abbia fondato la propria decisione sulla relazione OLAF piuttosto che sulla invalidazione dei certificati.

Non si ravvisano nel motivo gli elementi di cui sopra, atteso che l’ufficio fa chiaro e motivato riferimento sia al rapporto OLAF che all’annullamento dei certificati FORM A quali fatti comportanti la rettifica delle origini delle merci, segnalando in particolare come questi ultimi siano i soli documenti che giustificano la agevolazione daziaria alla stregua della normativa Europea applicabile ratione temporis ed evidenziando la rilevanza probatoria, nell’ordinamento comunitario, degli accertamenti da parte di OLAF ai sensi dell’art. 9 reg. Cee 1073/1999, accertamenti comprovanti l’origine cinese delle componenti dei traspallet.

Detto che la giurisprudenza della Corte di legittimità, i cui riferimenti sono richiamati più avanti, conforta la presente decisione, può scrutinarsi il merito del ricorso che, come detto, consta di quattro motivi.

I primi due motivi -in quanto connessi- vanno esaminati congiuntamente, vertendo essi sulla dedotta erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non dimostrata (quanto meno, non sufficientemente) la invalidità dei certificati tailandesi utilizzati per l’importazione.

L’ufficio ricorrente in via principale osserva che la invalidazione dei certificati FORM A è diretta conseguenza delle indagini svolte da OLAF, le cui conclusioni assumono particolare rilevanza probatoria secondo quanto disposto dall’art. 9 del Reg. CE n. 1073 del 1999, da ciò derivando che spetta a parte contribuente dare la prova della corrispondenza effettiva della provenienza delle merci alle dichiarazioni doganali.

I motivi sono fondati e vanno accolti.

Sul punto la CTR attribuisce al ritiro dei certificati FORM A da parte delle autorità tailandesi una “ridotta forza probante” e spiega questa “ridotta forza” con l’assenza di “prove certe” all’interno della relazione OLAF. Invero le dichiarazioni doganali sono state rettificate per effetto delle indagini sfociate nella relazione OLAF e della invalidazione dei certificati in parola giustificata dal rapporto OLAF.

Premesso che le autorità tailandesi hanno autonomamente deciso la invalidazione de qua e ben avrebbero potuto determinarsi in senso opposto qualora avessero ritenuto non condivisibili le conclusioni di OLAF, il sopravvenuto annullamento dei certificati -del tutto equiparabile alla assenza originaria di detti documenti- fa venire meno il diritto al trattamento preferenziale e fa sì che gli Stati che inizialmente tale trattamento avevano accordato devono procedere alla rettifica: in buona sostanza, perchè le merci possano godere del trattamento in parola, esse devono essere accompagnate da un certificato FORM A valido, tale da costituire la prova della regolarità formale e sostanziale della e documentazione attestante l’effettiva origine delle merci.

(Ndr. Testo originale non comprensibile) Come più volte ribadito da questa Corte con principi ai quali intende darsi continuità, gli accertamenti compiuti a posteriori dagli organi esecutivi di OLAF ai sensi del Reg. CE n. 1073/99, hanno piena valenza probatoria nei procedimenti amministrativi e giudiziari e, quindi, possono essere posti a fondamento dell’avviso di accertamento per il recupero dei dazi sui quali siano state riconosciute esenzioni o riduzioni, spettando al contribuente che ne contesti il fondamento fornire la prova contraria in ordine alla sussistenza delle condizioni del regime agevolativo (n. 13770/2016; 11441/2018). Di tali principi la CTR non ha fatto buon governo.

L’accoglimento di questa parte del ricorso principale fa sì che resti assorbito l’esame dei restanti motivi.

Il ricorso di cui al giudizio n. 15793/2017 consta di tre motivi recanti, nell’ordine: 1) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2700 e 2697 C.c. e ss., nonchè dell’art. 9 Reg. CEE n. 1073/1999 (vigente ratione temporis) e dei principi afferenti all’onere della prova (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.)”; 2) “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, nonchè dell’art. 2697 c.c. e ss. e dei principi afferenti all’onere della prova (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.)”; 3) “Violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

L’esame del ricorso parte da quest’ultimo motivo, in quanto attiene -per come si legge nella sentenza impugnata- “alla nullità insanabile dei provvedimenti impugnati per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7”, questione ritenuta assorbente dalla CTR: il motivo è fondato per le ragioni -da intendersi qui integralmente richiamate- esposte per motivare il rigetto del primo motivo dei ricorsi incidentali spiegati nel giudizio n. 11446/2013, di cui appresso; quanto agli altri motivi, devono intendersi formalmente richiamate le argomentazioni svolte a supporto dell’accoglimento del ricorso principale dell’amministrazione nel predetto giudizio.

Valutato, ed accolto, il ricorso principale, si può ora passare all’esame dei ricorsi incidentali spiegati all’interno del giudizio n. 11446/2013.

Con il primo motivo, i controricorrenti in via incidentale censurano la sentenza laddove ha disatteso l’eccezione relativa all’omessa previa instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale.

Il motivo non è fondato. Come correttamente affermato dalla CTR, in tema di avvisi di rettifica in materia doganale, è inapplicabile l’invocata L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, operando in tale ambito lo “ius specialis” di cui al D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, nel testo utilizzabile ratione temporis, preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto all’impugnazione in giudizio degli avvisi di cui si parla (ex multis cass. n. 12832 del 23.5.2018; ord. n. 2176 del 25.1.2019 e ord. n. 4061 del 12.2.2019); nè sussiste una violazione dei principi unionali in materia di contraddittorio preventivo, con conseguente disapplicazione delle norme in esame in quanto l’orientamento giurisprudenziale sopra indicato è in linea con i suddetti principi.

La Corte di Giustizia (3.7.2014 Kamino), dopo avere ricordato che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione di cui il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento è parte integrante, ha rilevato che, quando il diritto dell’Unione non fissa nè le condizioni alle quali deve esere garantito il rispetto dei diritti della difesa nè le conseguenze della violazione di tali diritti, condizioni e conseguenze dette rientrano nella sfera del diritto nazionale, purchè i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendono in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività). Siffatta soluzione è applicabile alla materia doganale nella misura in cui l’art. 245 codice doganale rinvia espressamente al diritto nazionale, precisando che “le norme di attuazione della procedura di ricorso sono adottate dagli Stati membri”, fermo restando che questi ultimi possono legittimamente consentire l’esercizio dei diritti della difesa secondo le stesse modalità previste per la disciplina delle situazioni interne purchè esse siano conformi al diritto dell’Unione.

Inoltre, la Corte, con la successiva sentenza resa in data 20.12.2017 nella causa C-276/16, Preqù, ha precisato che le disposizioni del diritto dell’Unione, come quello del codice doganale, devono essere interpretate alla luce dei diritti fondamentali e che le disposizioni nazionali di attuazione delle condizioni previste dall’art. 244, comma 2, codice doganale, per la concessione di una sospensione dell’esecuzione devono, in mancanza di una previa audizione, garantire che tali condizioni non siano applicate o interpretate restrittivamente; se il destinatario di avviso di rettifica dell’accertamento ha la possibilità di ottenere la sospensione dell’esecuzione dell’atto impositivo sino alla sua eventuale riforma e se il giudice nazionale verifica che nell’ambito del procedimento amministrativo, le condizioni di cui all’art. 244 codice doganale, non sono applicate in modo restrittivo, non può ritenersi pregiudicato il rispetto dei diritti della difesa del destinatario dell’atto.

In definitiva il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima della adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi deve essere interpretata nel senso che i diritti di difesa del destinatario di un avviso di rettifica dell’accertamento, adottato dall’autorità doganale in mancanza di una previa audizione dell’interessato, non sono violati se la normativa nazionale che consente all’interessato di contestare tale atto nell’ambito di un ricorso amministrativo prevede la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecuzione di tale atto fino alla sua eventuale riforma rinviando all’art. 244 del codice doganale comunitario, benchè la proposizione di un ricorso amministrativo non sospenda automaticamente l’esecuzione dell’atto impugnato, dal momento che l’applicazione del comma 2 di tale articolo da parte dell’autorità doganale non limita la concessione della sospensione della esecuzione qualora vi siano motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata con la normativa doganale o vi sia da temere un danno irreparabile per l’interessato (ord. 4061/2019 cit). Il motivo sub 2) è infondato.

Va in primo luogo osservato che il giudice del gravame ha ritenuto che l’atto impugnato fosse sufficientemente motivato col (Ndr. Testo originale non comprensibile) delle ragioni per le quali (Ndr, testo originale non comprensibile) non erano ritenuti validi e dei motivi per i quali non si era ritenuto e lavorazioni operate dalla società GT Mover fossero sufficienti a conferire l’origine preferenziale alla merce. Nè può attribuirsi rilevanza alla circostanza, pure evidenziata con il presente motivo, della mancata allegazione del rapporto OLAF. Al riguardo, questa Corte non può non conformarsi ad un consolidato orientamento (2176/19;10118/17;8399/13), secondo cui “L’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso va inteso, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3, in relazione alla “finalità integrativa” delle ragioni che sorreggono l’atto impositivo: il contribuente ha il diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare la motivazione, ma non anche di tutti quelli cui, comunque, vi sia un riferimento ove la motivazione sia già sufficiente oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (nella parte rilevante ai fini della motivazione) sia già riportato nell’atto noto, spettando a lui provare che almeno una parte del contenuto di tali atti sia necessaria ad integrarne la motivazione. Inoltre l’avviso di accertamento in materia doganale, che si fondi su verbali ispettivi OLAF, i quali hanno carattere riservato (art. 8 del Reg CE n. 1073/1999) ma possono essere utilizzati dall’Amministrazione nei procedimenti giudiziari per inosservanza della regolamentazione doganale, è legittimamente motivato ove risponda alle prescrizioni del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5 bis, ossia riporti nei tratti essenziali, ai fini dell’esercizio del diritto di difesa, il contenuto di quegli atti presupposti richiamati per relationem ancorchè non allegati, dovendosi ritenere la produzione del rapporto finale OLAF non incluso tra i requisiti di validità della motivazione dell’atto impositivo”. Va anche sottolineato come -nella specie- la CTR abbia adeguatamente posto in risalto il PVC (allegato all’avviso), da cui si ricavano i motivi che hanno indotto OLAF ad esperire la indagine, le risultanze della indagine medesima e la individuazione dei certificati FORM A ritirati perchè ritenuti emessi in assenza dei presupposti. In conclusione, il ricorso principale va accolto e i ricorsi incidentali vanno rigettati quanto al giudizio R.G. n. 11446/2013, mentre, quanto al giudizio R. G. n. 15793/2017, va accolto il ricorso dell’Agenzia; le sentenze impugnate vanno cassate con rinvio -comprensivo anche delle questioni (domande ed eccezioni) prospettate da società contribuente e CAD, specificamente riproposte in appello, rimaste assorbite dalla sentenza della CTR impugnata- alla commissione tributaria regionale della Liguria che, in diversa composizione, si pronuncerà anche in ordine alle spese.

PQM

Dispone la riunione delle cause; quanto al giudizio R.G. 11446/2013, accoglie i motivi primo e secondo del ricorso principale, assorbiti gli altri; rigetta i ricorsi incidentali; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione; quanto al ricorso R.G. n. 15793/2017, accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Liguria in diversa composizione.

(Ndr. Testo originale non comprensibile)

Così deciso in Roma, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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