Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 247 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 247 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

della legge n. 89
del 2001 —

SENTENZA

Motivazione in
forma semplificata

sul ricorso proposto da:

BUTERA GINO (C.F.: BTR GNI 45T12 C960V); BUTERA ENNIO SESTINO (C.F.:
BTR NSS 52T03 C960G); BUTERA ALDO (C.F.: BTR LDA 43P01 C960M); BUTERA
BATTISTA MARIO (C.F.: BTR BTS 41P01 C960Z); BUTERA CONCETTINA MARIA
(C.F.: BTR CCT 39A59 C960W); BUTERA ORESTE QUINTO (C.F.: BTR RTQ
48P42 C960D), rappresentati e difesi, in forza di procura speciale a margine del
ricorso, dall’Avv. Vincenzo D’Amico ed elettivamente domiciliati presso lo studio
dell’Avv. Alberto Pugliese, in Roma, v. Renzo da Ceri, n. 195;
– ricorrenti –

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso “ex lege” dall’Avvocatura Generale dello Stato e

domiciliato presso i suoi Uffici, in Roma, alla v. dei Portoghesi, n. 12;

)3

Data pubblicazione: 09/01/2014

– controricorrente avverso il decreto della Corte d’appello di Salerno relativo al procedimento camerale
iscritto al n. 577/2011, emesso il 17 aprile 2012, depositato in data 18 maggio 2012
(e non notificato).

2013 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito l’Avv. Alberto Pugliese (per delega) nell’interesse dei ricorrenti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Lucio Capasso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
I sigg. Butera indicati in intestazione chiedevano (nella qualità di eredi di Butera
Francesco) alla Corte d’appello di Salerno, con ricorso depositato in data 19 aprile
2011 (a seguito di riassunzione di altro ricorso presentato alla Corte di appello di
Catanzaro il 23 novembre 2009), il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi
della legge 24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole durata di un processo
instaurato, nell’aprile 1976, dal loro dante causa Butera Francesco, dinanzi alla
Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Calabria e definito —
dopo la riassunzione da parte degli interessanti per effetto del sopravvenuto decesso
dell’originario ricorrente – con sentenza depositata il 21 gennaio 2009. Nella
costituzione del resistente Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’adita Corte di
appello, con decreto depositato il 18 maggio 2012, dichiarava l’inammissibilità del
ricorso, sul presupposto che, nella specie, non era stata provata la sussistenza della
condizione di proponibilità dell’azione relativa alla tempestività del ricorso e alla sua
procedibilità, avuto riguardo alla preventiva incardinazione del procedimento di equa

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12 novembre

riparazione dinanzi alla Corte di appello di Catanzaro, al quale aveva fatto seguito la
riassunzione dinanzi alla stessa Corte salernitana.
Avverso il menzionato decreto (non notificato) hanno proposto ricorso per
cassazione i soggetti di cui in intestazione, con atto ritualmente notificato, sulla base

Il Ministero intimato si è costituito in questa sede con controricorso.
Il collegio ha deliberato l’adozione della sentenza con motivazione in forma
semplificata.
Considerato in diritto

1. – Con il motivo dedotto i ricorrenti hanno denunciato (ai sensi dell’art. 360, n. 3,
c.p.c.) la violazione e falsa applicazione dell’ad 4 della legge n. 89 del 2001,
prospettando che il ricorso per equa riparazione si sarebbe dovuto ritenere
tempestivo, essendo stato depositato (già dinanzi alla Corte di appello di Catanzaro)
il 23 novembre 2009 (allorquando non era ancora decorso il termine semestrale ex
art. 4 delle legge n. 89 del 2001 dal passaggio in giudicato della sentenza del
giudizio contabile presupposto, pubblicata il 21 gennaio 2009 e non notificata).
2. Rileva il collegio che il formulato motivo è fondato e deve essere accolto nei
termini che seguono.
Secondo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr.,
ad es., Cass. n. 17249 del 2006 e Cass. n. 16367 del 2011, ord.), in tema di equa
riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, l’oggetto
della domanda è individuabile nella richiesta di accertamento della violazione,
rispetto alla quale l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei
dati relativi alla sua posizione nel processo (data iniziale di questo, data della sua
definizione, eventuale articolazione nei diversi gradi) e non anche alla produzione

– 3 –

di un unico complesso motivo, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c. .

degli atti posti in essere nel processo presupposto. In altri termini, In tema di equa
riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, la legge
(art. 2, comma secondo, legge n. 89 del 2001) affida l’accertamento in concreto della
violazione al giudice: la parte ha indubbiamente un onere di allegazione e

questo, la data della sua definizione e gli eventuali gradi in cui si è articolato, e spetta
poi al giudice – sulla base dei dati suddetti e di quelli eventualmente addotti dalla
parte resistente – verificare in concreto e con riguardo alle singole fattispecie se vi sia
stata una violazione del termine ragionevole, avvalendosi anche – secondo il modello
processuale di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c. adottato dalla legge (art. 3, comma 4,
legge cit.) – di poteri di iniziativa, i quali si estrinsecano attraverso l’assunzione di
informazioni che, espressamente prevista dall’art. 738 c.p.c., non resta subordinata
all’istanza di parte. Pertanto, il giudice – pur non essendo obbligato ad esercitare tali
poteri, potendo attingere “aliunde” le fonti del proprio convincimento – non può
ascrivere alla parte un’asserita carenza probatoria superabile con l’esercizio dei
poteri di iniziativa d’ufficio, né, tanto meno, può ignorare la richiesta della parte
ricorrente di acquisire, ai sensi dell’art. 3, comma quinto, della legge n. 89 del 2001,
gli atti del processo presupposto e fondare il proprio convincimento su mere ipotesi in
ordine alle cause della durata dello stesso. Inoltre, la giurisprudenza di questa Corte
(cfr. Cass. n. 13752 del 2011, ord.) ha chiarito che, qualora si intendano contestare i
fatti allegati dal ricorrente, l’onere della prova in ordine alla eventuale tardività della
domanda di equa riparazione, per avvenuto decorso del termine decadenziale di cui
all’art. 4 della legge n. 89 del 2001 con riferimento all’individuazione del momento in
cui è passata in giudicato la sentenza del processo presupposto, grava sulla parte
che sollevi la relativa eccezione.

– 4 –

dimostrazione, ma esso riguarda la sua posizione nel processo, la data iniziale di

Peraltro, nella specie, si deve considerare che l’avvenuto deposito tempestivo del
ricorso per equa riparazione dinanzi alla Corte di appello di Catanzaro era
univocamente desumibile dalle produzioni documentali allegate dal ricorrente, che
aveva accluso al ricorso in riassunzione il fascicolo della pregressa fase processuale

riscontrato nel ricorso proposto in questa sede) si evince che il ricorso era stato,
appunto, depositato il 23 novembre 2009 e, perciò, a quella data il termine
semestrale di decadenza – previsto dall’art. 4 della legge n. 89 del 2001 – non era
ancora decorso, dovendosi computare il dies a quo di decorrenza di detto termine
(cfr. Cass. n. 9843 del 2012) dal passaggio in giudicato della sentenza di primo
grado pubblicata il 21 gennaio 2009 (tenendosi conto, “ratione temporis”, del termine
annuale ex art. 327 c.p.c., con l’aggiunta del periodo di sospensione feriale) in difetto
della prova dell’avvenuta precedente notificazione della sentenza ad istanza della
parte avversa (il cui onere gravava sul convenuto Ministero: cfr. Cass. n. 13752 del
2011, ord., cit.).
Deve, quindi, essere riconfermato il principio secondo cui,

in tema di equa

riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, ai
fini dell’individuazione della data di decorrenza del termine di decadenza di sei
mesi per la proponibilità della domanda, la decisione conclusiva del
procedimento, nel quale la violazione si assume verificata, diventa “definitiva”
con il passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce, con la
conseguenza che allorché la decisione che conclude il processo presupposto
sia stata depositata ma non notificata, la sua definitività si identifica con il
decorso del c.d. termine lungo previsto dall’art. 327 c.p.c. e del periodo di
sospensione feriale dei termini.

– 5 –

dinanzi alla predetta Corte territoriale, dal quale (per come specificamente dedotto e

3. In definitiva, il ricorso deve essere accolto con conseguente cassazione del
decreto impugnato e rinvio della causa alla Corte di appello di Salerno, in diversa
composizione, che si atterrà all’enunciato principio di diritto e pronuncerà sul merito
del ricorso per equa riparazione (valutando tutte le condizioni previste dall’art. 2 della

PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese
del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Salerno, in diversa
composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte
suprema di Cassazione, in data 12 novembre 2013.

legge n. 89 del 2001), regolando anche le spese del presente giudizio di legittimità.

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