Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24699 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 03/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 03/10/2019), n.24699

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10094/2013 R.G. proposto da:

I.L., rappresentato e difeso dall’avv. Guido Francesco

Romanelli e dall’avv. Paolo Murialdo, elettivamente domiciliato in

Roma, via Cosseria n. 5, presso lo studio dell’avv. Guido Francesco

Romanelli.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria, sezione n. 1, n. 105/1/12, pronunciata il 28/05/2012,

depositata il 18/10/2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio

2019 dal Consigliere Dott. Guida Riccardo.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con distinti ricorsi alla CTP di Savona, I.L., esercente attività nel settore edile, impugnò due avvisi di accertamento che rettificavano sinteticamente, sulla base del redditometro, ai fini IRPEF, i redditi dal medesimo dichiarati per le annualità 2004 e 2005: in particolare, per il 2004, a fronte di un reddito complessivo lordo dichiarato di Euro 9.285,00, venne accertato sinteticamente un reddito di Euro 73.384,65; per il 2005, a fronte di un reddito complessivo lordo dichiarato di Euro 9.440,00, venne accertato sinteticamente un reddito di Euro 85.331,73;

la CTP, con le sentenze nn. 18/1/2011 e 19/1/2011, in parziale accoglimento delle domande, dispose che il maggiore reddito complessivo, per ciascuna annualità, fosse calcolato previa riduzione della voce degli incrementi patrimoniali, confermando per il resto gli atti impositivi;

2. la CTR ligure, con la sentenza indicata in epigrafe, riuniti i gravami del contribuente avverso le due pronunce di primo grado, li ha rigettati, evidenziando, per quanto tuttora rileva, che: a) era infondata la doglianza dell’appellante circa l’assenza di un contraddittorio preventivo, in quanto egli aveva avuto modo di esporre le proprie tesi difensive in ripetute sedute in contraddittorio (svoltesi in data 18/12/2009, 5/03/2010, 12/03/2010), originate dalla risposta al questionario e dalla sua istanza di accertamento con adesione; b) era priva di pregio anche la doglianza dell’appellante che la CTP si fosse limitata a rilevare la legittimità degli atti impositivi, che avevano “preso in considerazione situazioni indicative di redditività, senza considerare il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva.”, in ragione del fatto che, a giudizio della CTR, il contenuto induttivo non può che essere evinto dal valore del bene acquistato e dalla ragionevole previsione di spese di mantenimento, espressioni, queste ultime, di capacità contributiva, ferma la facoltà del contribuente (che, nella specie, non aveva assolto all’onere della prova cui era tenuto) di dimostrare eventuali esclusioni o riduzioni di un simile contenuto induttivo;

3. il contribuente ricorre per la cassazione di tale decisione, con un motivo, cui l’Agenzia resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo del ricorso, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, e s.s., e dei D.M. 10 settembre 1992 e D.M. 19 novembre 1992, con riferimento allo Statuto dei diritti del contribuente, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, in relazione all’art. 38, il ricorrente censura la decisione impugnata che, per un verso, non avrebbe rilevato la nullità degli avvisi di accertamento, in assenza di un effettivo contraddittorio preventivo, obbligatoriamente previsto in caso di accertamento sintetico del reddito; per altro verso, non avrebbe rilevato la nullità degli atti impositivi, fondati sull’erroneo presupposto che l’accertamento sintetico sia una conseguenza automatica e inevitabile di ogni scostamento del reddito denunciato, rispetto a quello desumibile dalla disponibilità dei beni indice;

in relazione a tale secondo aspetto, il contribuente sottolinea che la CTR avrebbe ritenuto contra legem che detto scostamento integri una presunzione legale relativa, sicchè la mera esistenza di tale discrasia sarebbe idonea a motivare l’atto impositivo e, allo stesso tempo, varrebbe come prova della sua fondatezza, senza considerare che la procedura di accertamento standardizzato costituisce un sistema di presunzioni semplici che nasce, procedimentalmente, in esito al contraddittorio da attivare con il contribuente, prima dell’emissione dell’avviso di accertamento;

1.1. il complesso motivo è infondato;

in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata esclusivamente per i tributi “armonizzati” di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, mentre, per quelli “non armonizzati”, non essendo rinvenibile, nella legislazione nazionale, una prescrizione generale, analoga a quella comunitaria, solo ove risulti specificamente sancito, come avviene per l’accertamento sintetico in virtù del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 7, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, conv. in L. n. 122 del 2010, applicabile, però, solo dal periodo d’imposta 2009, per cui gli accertamenti relativi alle precedenti annualità sono legittimi anche senza l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale (Cass. 31/05/2016, n. 11283; Cass. sez. un. 9/12/2015, n. 24823; in senso conforme, ex multis: Cass. 4/10/2017, n. 23140; 16/02/2018, n. 3900);

nel caso in esame, quindi, trattandosi di accertamenti relativi agli anni d’imposta 2004 e 2005, ai fini della validità dell’atto impositivo non era necessario che l’Amministrazione finanziaria instaurasse un contraddittorio preventivo con il contribuente;

per quanto riguarda, invece, il “merito” dell’accertamento, si evidenzia che la CTR – dopo un apprezzamento di fatto, sindacabile, in sede di legittimità, solo entro gli angusti limiti del “nuovo” art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (atteso che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 18/10/2012) – ha negato che le giustificazioni rese dal contribuente in fase amministrativa fossero idonee a incidere, escludendone o riducendone la rilevanza, sugli elementi induttivi di capacità contributiva propri dell’accertamento sintetico;

2. ne consegue che il ricorso va rigettato;

3. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il contribuente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.800,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 3 ottobre 2019

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