Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24697 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. III, 05/11/2020, (ud. 13/07/2020, dep. 05/11/2020), n.24697

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3772/17 proposto da:

L.A., elettivamente domiciliato a Roma, via Ciro Menotti

n. 24, difeso dall’avvocato Pietro Caponetti, in virtù di procura

speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.A.M., elettivamente domiciliata a Roma, v. San

Tommaso d’Aquino n. 108, difeso dall’avvocato Fabio Fiduccia, in

virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso;

– controricorrente –

nonchè

Prospettive Immobiliari s.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1532/16 del Tribunale di Tivoli 29 luglio

2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13 luglio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L.A. ha impugnato per cassazione la sentenza del Tribunale di Tivoli 29.7.2016 n. 1532, con la quale il suddetto Tribunale ha rigettato cinque diverse opposizioni agli atti esecutivi da lui proposte tra il 2010 ed il 2014 nei confronti di D.A.M. e successivamente riunite, e condannato altresì l’opponente al risarcimento del danno per lite temeraria, ex art. 96 c.p.c..

La sentenza non indica analiticamente quali fossero gli atti oggetto di opposizione, i motivi delle singole opposizioni, le ragioni della rispettiva infondatezza.

Dopo avere premesso che le opposizioni furono tutte proposte successivamente alla fase della vendita, e che erano state tutte “respinte nella fase cautelare con provvedimenti totalmente condivisibili”, il Tribunale si limita a riferire che l’opposizione intesa a far valere una nullità della consulenza d’ufficio svolta nel giudizio di esecuzione era tardiva; che pure tardiva era l’opposizione volta a far valere una eccezione di nullità del pignoramento “in rettifica” ordinato dal giudice dell’esecuzione; che l’opponente andava condannato ex art. 96 c.p.c., per “l’evidente abuso” dello strumento processuale.

2. Poco maggiori sono le informazioni sui fatti di causa reperibili dal ricorso.

Da questo si apprende che D.A.M. il (OMISSIS) pignorò in danno di L.A. un immobile sito nel Comune di (OMISSIS), foglio (OMISSIS), particella (OMISSIS), (OMISSIS), della superficie di 40 metri quadrati; che il successivo 24 febbraio 2005 D.A.M. notificò ad L.A. un atto di precetto, ed il successivo 22 marzo 2005 un atto di pignoramento d’un terreno di proprietà dell’intimato, sito nel Comune di (OMISSIS), foglio (OMISSIS), particella (OMISSIS).

Riferisce poi il ricorrente i seguenti fatti:

-) che il pignoramento era nullo; che comunque non fu mai trascritto prima dell’udienza di vendita; che nondimeno il Giudice dell’esecuzione nominò un consulente cui affidò il compito di stimare l’immobile pignorato;

-) che tuttavia si tenne ugualmente l’udienza di autorizzazione alla vendita il 16.6.2009; all’esito di essa, il Giudice dell’esecuzione ordinò al creditore procedente di notificare al debitore esecutato il verbale dell’udienza;

-) ricevuta tale notifica, egli propose opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., avverso l’ordinanza di vendita, procedimento cui fu assegnato il numero di ruolo 4104/09;

-) dopo essersi doluto della prassi in uso presso il Tribunale di Tivoli, il quale assegna due diversi numeri di ruolo ed esige il versamento di due distinti contributi unificati per la fase sommaria e per quella di merito dei giudizi di opposizione all’esecuzione, il ricorrente prosegue riferendo che il 5.5.2011 il professionista delegato si avvide che il pignoramento di sei anni prima non era stato trascritto; ne riferì al giudice e questi con ordinanza 20.5.2011 ordinò al creditore procedente di procedere alla trascrizione del pignoramento;

-) che egli propose opposizione agli atti esecutivi avverso questa ordinanza di “rinnovazione della trascrizione”, cui fu assegnato il n. di ruolo 1102/12;

-) il ricorso non chiarisce del tutto quali furono i motivi di questa seconda opposizione, limitandosi a riferire che in essa si “contestava il fondamento giuridico” dell’ordinanza che autorizzò la trascrizione del pignoramento; aggiunge però che con questa opposizione invocò anche l’estinzione del procedimento ex art. 567 c.p.c..;

-) il 3.4.2012 il Giudice dell’esecuzione si avvide che il pignoramento, oltre a non essere stato trascritto, recava altresì dati catastali erronei; pertanto con ordinanza 3.4.2012 ordinò alla creditrice procedente di notificare un “atto di pignoramento in rettifica” contenente l’indicazione esatta dei dati catastali;

-) che anche avverso tale ordinanza il debitore propose opposizione ex art. 617 c.p.c., che prese il numero di ruolo 1911/13.

-) che a fondamento di tale opposizione dedusse che il nuovo pignoramento non era stato preceduto dalla notifica del precetto, e che comunque il nuovo pignoramento era stato notificato al difensore e non, come si sarebbe dovuto, alla parte personalmente.

3. Si è costituita D.A.M. chiedendo il rigetto del ricorso.

Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte, nelle quali ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per la sua oscurità. Ambo le parti hanno depositato memoria.

4. La causa, già fissata per l’adunanza camerale del 10 marzo 2020, è stata rinviata all’adunanza camerale del 13 luglio 2020 per effetto del differimento delle attività processuali disposto dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 1 e D.L. 8 aprile 2020, n. 23, art. 36, comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rileva preliminarmente la Corte che il ricorso è stato notificato all’aggiudicatario dell’immobile del cui pignoramento si controverte, e cioè la società Prospettive Immobiliari s.r.l., in modo invalido: infatti, dopo un primo tentativo infruttuoso presso la sede sociale, il ricorrente ha notificato il ricorso presso la cancelleria del Tribunale di Tivoli, invece che presso il domicilio dell’amministratore ex art. 145 c.p.c..

Tuttavia poichè, per quanto si sta per dire, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, la suddetta nullità non è suscettibile di riverberare effetti sul presente giudizio, e non è necessario ordinare la rinnovazione della notifica ex artt. 291-331 c.p.c..

2. Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, per la sua grave lacunosità nell’esposizione dei fatti di causa.

Esso infatti non fornisce che un’idea approssimativa, lacunosa e disorganica di tali fatti, e non mette di conseguenza questa Corte in condizione di comprenderne lo sviluppo.

In primo luogo, infatti, l’epigrafe della sentenza impugnata riferisce che essa ha deciso su cinque opposizioni riunite, mentre il ricorso dà conto solo di tre opposizioni agli atti proposte dal debitore. In particolare, nulla è dato sapere sulle date di proposizione, sull’oggetto e sui motivi delle opposizioni aventi i numeri di ruolo 4603/10 e 165/14, delle quali nulla si diceinè nel ricorso, nè nella sentenza.

In secondo luogo il ricorso non indica analiticamente, con chiarezza e precisione quali furono i motivi posti a fondamento delle tre opposizioni di cui in esso si dà conto.

In terzo luogo il ricorrente sostiene – in contrasto con quanto ritenuto dalla sentenza impugnata – di non avere partecipato all’udienza di vendita del 16.6.2009, affermando che ad essa partecipò “per errore” un proprio sostituto, ma senza indicare i documenti o gli atti da cui risulti la circostanza, in violazione del precetto imposto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., n. 6.

In quarto luogo, quel che più rileva, l’intero ricorso è connotato da una irresolubile farraginosità nell’esposizione dei fatti processuali e delle censure.

Il ricorso oggi in esame, infatti:

a) tace circostanze rilevanti, e cioè le ragioni poste a fondamento di ciascuna delle varie opposizioni proposte dall’odierno ricorrente, e le repliche ad esse della controparte, in violazione del precetto di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3;

b) contiene riferimenti a fatti o circostanze processuali inesplicati;

c) affastella in unico motivo plurime censure (è il caso del primo motivo di ricorso, nel quale si intrecciano quattro diverse censure);

d) contiene riferimenti ridondanti a fatti e circostanze del tutto irrilevanti ai fini del decidere (ad esempio, le prassi del Tribunale di Tivoli circa l’iscrizione a ruolo delle cause).

2.1. Un ricorso per cassazione può dirsi che assolva correttamente l’onere imposto dall’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, quando:

a) esponga in ordine cronologico ed in modo chiaro i fatti di causa: e dunque, in casi come quello di specie, indichi chiaramente e sinteticamente quali furono le ragioni poste a fondamento delle opposizioni; indichi quando ciascuna di esse sia stata proposta; esponga le eventuali difese della controparte, se ancora rilevanti in sede di legittimità; dia conto delle ragioni della decisione impugnata; b) se l’opposizione sia fondata su un vizio processuale, verificatosi nel corso del processo esecutivo, esponga in modo chiaro in cosa sia consistita la nullità, quando si sia verificata, e per quali ragioni sia stato erroneo il rigetto della relativa eccezione da parte del giudice dell’opposizione.

Il ricorso oggi in esame, per contro, appare incoerente nei contenuti ed oscuro nella forma, sì da poter dire senza tema di smentita che esso contenga mare verborum, gutta rerum: e come già affermato da questa Corte (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9996 del 28.5.2020) coerenza di contenuti e chiarezza di forma costituiscono l’imprescindibile presupposto perchè un ricorso possa essere esaminato e deciso. E ciò non solo per il nostro ordinamento, ma in tutte le legislazioni degli ordinamenti economicamente avanzati: basterà ricordare a tal riguardo, excerpta multorum, l’art. 3, comma 2, del codice del processo amministrativo (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104), il quale impone alle parti di redigere gli atti “in maniera chiara e sintetica”; il p. 14, lettera “A”, della “Guida per gli avvocati” approvata dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, ove si prescrive che il ricorso dinanzi ad essa debba essere redatto in modo tale che “una semplice lettura deve consentire alla Corte di cogliere i punti essenziali di fatto e di diritto”; o la Rule 8, lettera (a), n. 2, delle Federal Rules of civil Procedures statunitensi, la quale impone al ricorrente “una breve e semplice esposizione della domanda” (regola applicata così rigorosamente, in quell’ordinamento, che nel caso Stanard v. Nygren, 19.9.2011, n. 09-1487, la Corte d’appello del VIII Circuito U.S.A. ritenne inammissibile per lack of punctuation un ricorso nel quale almeno 23 frasi contenevano 100 o più parole, ritenuto “troppo confuso per stabilire i fatti allegati” dal ricorrente).

3. La oscurità e la confusione nell’illustrazione dei fatti di causa osta all’accoglimento della richiesta del Procuratore Generale di rimessione della causa alla pubblica udienza, giacchè non appare opportuno che siano affermati principi di diritto nell’interesse della legge, in casi nei quali l’oscurità della rappresentazione della vicenda processuale renderebbe dubbia la pertinenza al caso di specie del principio che si andrebbe ad affermare.

4. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.

L’inammissibilità del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) condanna L.A. alla rifusione in favore di D.A.M. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.100, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di L.A. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

 

 

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