Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24692 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. III, 05/11/2020, (ud. 13/07/2020, dep. 05/11/2020), n.24692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4444/2017 R.G. proposto da:

P.S., E P.P., quali eredi di P.G.,

e di F.E. ed in proprio, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DI VILLA SEVERINI 54, presso lo studio degli avvocati

GIUSEPPE TINELLI, e MASSIMO RIDOLFI, che li rappresentano e

difendono;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE SPA (GIA’ EQUITALIA SUD SPA,

EQUITALIA POLIS SPA E GEST LINE SPA), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA BARBERINI 12, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO M. PAPA

MALATESTA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 790/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 15/07/2016;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio non partecipata

del 13/07/2020 dal relatore Dott. Franco DE STEFANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

P.S., P.P. ed F.E., in qualità di eredi di P.G., agirono innanzi al Tribunale di Genova nei confronti di Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. (già Gest Line s.p.a., Equitalia Polis s.p.a., Equitalia Sud s.p.a.), per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito da P.G., loro defunto padre e marito, anziano ed ammalato al tempo dei fatti, quale conseguenza di un’esecuzione immobiliare esattoriale dagli attori assunta illegittima perchè affetta da molteplici vizi;

quanto ai profili di danno, essi evidenziarono che si era resa necessaria la stipula, onde non perdere il possesso dell’abitazione, di una transazione con gli aggiudicatari in vendita forzata, in esecuzione della quale era stato versato, quale corrispettivo della rinunzia all’aggiudicazione, l’importo di Euro 200.000,00, somma ulteriore rispetto a quella restituita dalla procedura agli stessi aggiudicatari; e chiesero, ancora, il risarcimento del danno non patrimoniale patito dall’anziano ed ammalato P.;

il Tribunale di Genova accolse la domanda attorea e condannò la convenuta, rimasta contumace, al pagamento di Euro 239.600,00, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale;

Equitalia Polis s.p.a. propose appello: lamentò che il tribunale non aveva tenuto in conto che l’illegittimità della procedura esecutiva era stata esclusa con sentenza passata in giudicato nel procedimento di opposizione agli atti esecutivi; denunciò l’erronea valutazione, da parte del giudice di prime cure, della sussistenza del nesso causale tra la condotta di Gest Line s.p.a. e il danno asseritamente subito dal P., come pure la violazione dei criteri legali di riconoscimento del danno, nonchè la circostanza che alla controparte fosse stato riconosciuto perfino il rimborso delle spese sostenute nel procedimento di opposizione agli atti esecutivi, conclusosi con sentenza di rigetto;

in accoglimento dell’impugnazione proposta ed in totale riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’appello di Genova rigettò integralmente la domanda attorea, con compensazione delle spese dei due gradi di giudizio;

avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione P.S. e P., anche in qualità di eredi di F.E., già parte del giudizio e deceduta nel corso dello stesso; Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. ha resistito con controricorso;

per l’adunanza camerale, prima del 10/03/2020 e poi del 13/07/2020, sono depositate memorie (ai sensi del penultimo periodo dell’art. 380-bis.1 c.p.c., come inserito dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197) e, dai ricorrenti, anche una “aggiunta” al ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorso si articola su almeno nove doglianze, che si appuntano contro: la pretermissione della mancata contestazione della sussistenza di taluni vizi; il ritenuto carattere vincolante di pronunce di esclusione di illegittimità; l’esclusione del nesso causale tra vizi e danno, poichè la condotta del danneggiato era intervenuta quando gli effetti della condotta illegittima non si erano ancora consolidati; l’omesso esame della finalità dell’intercorsa transazione; la non rilevata tardività dell’eccezione ai sensi del capoverso dell’art. 1227 c.c., formulata per la prima volta in appello; l’esclusione della rilevanza della grave malattia del danneggiato; l’omesso esame di questa; l’esclusione di un risarcimento per i danni consistenti nelle spese legali nella separata opposizione esecutiva;

va dapprima esclusa la stessa ammissibilità di un atto contenente aggiunte al ricorso: è infatti preclusa l’integrazione di questo con qualsiasi atto successivo per giurisprudenza a dir poco consolidata (da ultimo, v. Cass. Sez. U. ord. 09/03/2020, n. 6691); ciò posto, i motivi possono essere congiuntamente esaminati per il carattere preliminare ed assorbente della questione della non ammissibilità dell’azione intentata dal debitore esecutato, in sostanziale adesione alla prospettazione del Pubblico Ministero;

infatti, la domanda proposta dall’esecutato P. (proseguita qui dai suoi eredi) è stata qualificata, dall’attore stesso e dai giudici che su di essa hanno statuito, quale domanda di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 c.c.;

il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 59, prevede che: “chiunque si ritenga leso dall’esecuzione può proporre azione contro il concessionario dopo il compimento dell’azione esecutiva stessa ai fini del risarcimento dei danni”;

la Cassazione ha ripetutamente affermato che l’azione contemplata dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 59, costituisce una particolare specie di quella generale aquiliana prevista dall’art. 2043 c.c. (fra le altre: Sez. 3, Sentenza n. 3523 del 08/03/2003, Rv. 561008 – 01);

in particolare, questa Corte ha già rilevato la “stretta correlazione tra l’esplicita concessione – e la stessa ammissibilità della tutela risarcitoria autonoma di cui all’art. 59 cit. e l’esclusione di ogni altro tipo di tutela, altrimenti intrinseco al processo esecutivo: nel senso, in particolare, che la peculiare struttura del processo esecutivo esattoriale tributario, se ed in quanto esclude o limita eccezionalmente la normale tutela giurisdizionale durante la sua pendenza (cit. D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 57 e 58), non può che ammettere – per non infrangersi contro il disposto dell’art. 24 Cost. – quanto meno una tutela risarcitoria o per equivalente o successiva, quest’ultima essendo l’indefettibile minimo presidio di qualunque diritto fondamentale, quale quello di difesa in giudizio” (così Sez. 3, Sentenza n. 6521 del 20/03/2014, Rv. 630404 – 01);

deve però ricordarsi che il processo esecutivo esattoriale, proprio in quanto species del genus dei processi esecutivi, resta come tutti questi assoggettato ad “un sistema chiuso e rigido di rimedi propri”;

infatti, pur rimanendo pacifico che il processo esecutivo è istituzionalmente inidoneo a dare luogo a statuizioni aventi forza di giudicato, la stabilità degli effetti dell’esecuzione è garantita proprio dal sistema chiuso delle impugnazioni e dalla preclusione, ad esecuzione conclusa, delle azioni di ripetizione dell’indebito o di arricchimento senza causa, a garanzia della certezza del diritto e della stessa effettività della tutela di quello azionato in executivis;

“il sistema processuale, in definitiva, non consente la sopravvivenza di pretese di tutela dagli effetti pregiudizievoli dei suoi atti, nemmeno solo risarcitorie, al di fuori delle azioni tipiche a tanto destinate: una volta dismessa, rinunziata o preclusa, per consapevole inerzia di colui al quale era pur sempre accordata, la tutela primaria, viene meno la ragione di quella risarcitoria o per equivalente” (ancora Sez. 3, Sentenza n. 6521 del 20/03/2014);

ogni pretesa risarcitoria discendente dall’asserita illegittimità intrinseca di un processo (anche per manifesta infondatezza della domanda originaria) è devoluta alla cognizione del giudice del medesimo processo, tanto che una domanda posta al di fuori del medesimo sarebbe radicalmente improponibile (v., fra le altre, Cass. 14/06/2012, n. 9734), con la sola eccezione dell’impossibilità di proporre domanda di risarcimento del danno nel medesimo giudizio per causa non ascrivibile al medesimo danneggiato;

“ne consegue”, prosegue la citata sentenza n. 6521 del 2014, “che, in applicazione dei principi generali appena ricordati, l’illegittimità intrinseca dell’esecuzione, anche se esattoriale per crediti derivanti da sanzioni amministrative, minacciata od iniziata, può quindi essere fatta valere esclusivamente coi rimedi delle opposizioni e contestazioni al riguardo previste; infatti, non ricorrono quei casi eccezionali, in cui cioè tale facoltà sia compressa o limitata (…), solo in presenza dei quali il diritto di difesa è tutelato esclusivamente, per esigenze di carattere pubblicistico preminenti sull’interesse dei singoli soggetti coinvolti, in via meramente suppletiva e risarcitoria”;

in sintesi, l’azione di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 59, è esperibile solo se non può essere esperita alcuna tutela nel processo esecutivo esattoriale cui si riferisce;

nel caso di specie è pacifico che l’esecutato avesse fatto valere con un’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi i vizi della procedura esecutiva esattoriale e che i giudizi di opposizione si fossero chiusi con la reiezione dei ricorsi in Tribunale: l’opposizione ex art. 617 c.p.c., venne dichiarata inammissibile in quanto tardiva; quella ex art. 615 c.p.c., fu rigettata in quanto infondata ed il relativo gravame fu dichiarato inammissibile; e tutti gli altri profili a vario titolo vantati potevano essere oggetto quanto meno della non preclusa tutela formale di cui all’art. 617 c.p.c., a prescindere quindi dai limiti di proponibilità invece imposti in materia tributaria alle opposizioni ad esecuzione (poi venuti meno con la nota recente Corte Cost. 31/05/2018, n. 114 (pubblicata sulla G.U. del 06/06/2018, n. 23), a termini della quale è incostituzionale il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 57, comma 1, lett. a), (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come sostituito dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 16 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma della L. 28 settembre 1998, n. 337, art. 1), nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c.);

dunque, poichè il P. ha (per una parte, oppure, per il resto, avrebbe) potuto esperire i rimedi avverso le illegittimità lamentate “all’interno” del processo esecutivo esattoriale (più esattamente, proponendo opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi), è in quella sede che avrebbe dovuto avanzare pure la pretesa risarcitoria (anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c.);

in applicazione dell’indirizzo di questa Corte sopra riportato, deve allora e conclusivamente escludersi il diritto del P. originario esecutato ed attore – a proporre autonoma domanda di risarcimento del danno;

tale considerazione è assorbente dell’esame dei singoli motivi di ricorso ed esime da ulteriori rilievi di specifica inammissibilità od infondatezza: il terzo motivo sarebbe stato inammissibile anche perchè malamente involgente una valutazione in fatto, qui incensurabile; il quarto non si appunta contro un’omissione di esame di fatto, ma contro quella che è, con ogni evidenza, una valutazione complessiva; il quinto sarebbe stato inammissibile anche perchè ha ad oggetto una ricostruzione del nesso causale appunto complessivamente considerata; il sesto ed il settimo sarebbero stati anch’essi inammissibili, siccome rivolti contro una valutazione in fatto ed in concreto dell’esclusione di ogni incidenza causale della procedura esattoriale nella determinazione dei danni lamentati, sicchè i fatti storici sono stati considerati, sia pure con esito diverso da quello auspicato; l’ottavo sarebbe poi stato inammissibile per la non pertinenza alla ratio decidendi o comunque infondato, perchè se si esclude il nesso causale non è in sè e per sè per nulla risarcibile il danno, morale o meno; ed infine il nono sarebbe stato infondato, in quanto la gravata sentenza non valorizza affatto la compensazione, ma correttamente pone in luce che la condanna conseguiva comunque alla soccombenza e quindi non sarebbe stato un danno ingiusto ascrivibile alla controparte;

il ricorso va così rigettato, se del caso in tal senso intesa integrata o, per quanto possa occorrere, sostituita la motivazione della sentenza di appello che ne costituisce l’oggetto;

la stessa necessità di una tale integrazione della motivazione, peraltro, induce a ritenere sussistenti gli estremi per un’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30/01/2013 ed è rigettato, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

PQM

rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

 

 

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