Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24692 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 03/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 03/10/2019), n.24692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6763/2013 R.G. proposto da:

S.A., rappresentato e difeso dall’avv. Mauro Pizzigati, del

foro di Venezia e Pierantonio Menapace, elettivamente domiciliato in

Roma alla via Mazzini n. 113, presso l’avv. Rosalba Grasso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domicilia ex lege in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5/12 della Commissione Tributaria Regionale

del Veneto, emessa in data 16/1/2012, depositata in data 18/1/2012 e

non notificata;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 28 maggio

2019 dal Consigliere Andreina Giudicepietro.

Fatto

RILEVATO

che:

1. S.A. ricorre con due motivi contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 5/12 della Commissione Tributaria Regionale del Veneto (di seguito C.T.R.), emessa in data 16/1/2012, depositata in data 18/1/2012 e non notificata, che ha rigettato l’appello del contribuente, confermando la sentenza della C.T.P. di Vicenza, sfavorevole al ricorrente, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa degli avvisi di accertamento con cui l’Amministrazione determinava una maggiore Irpef, Irap ed Iva per gli anni di imposta 2002 e 2003;

2. a seguito del ricorso, l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;

3. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 28 maggio 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

4. la fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio risulta regolarmente comunicata via Pec all’avv. Mauro Pizzigati, inizialmente difensore del contribuente insieme con l’avv. Luigi Manzi;

successivamente alla fissazione dell’adunanza camerale, nei tre procedimenti instaurati su ricorso di S.A. (recanti i nn. 17136/12, 6763/13 e 14278/15 R.G.) si è costituito quale nuovo difensore l’avv. Pierantonio Menapace, da intendersi in sostituzione dell’avv. Luigi Manzi (che ha rinunziato al mandato), il quale in data 17/5/2019 ha depositato documentazione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. la fattispecie trae origine dagli avvisi di accertamento notificati a S.A., con cui l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Bassano del Grappa, a seguito di accesso presso il contribuente, provvedeva a rettificare le dichiarazioni dei redditi per gli anni 2002 e 2003, sulla scorta delle movimentazioni bancarie sui conti correnti intestati al contribuente;

avverso i predetti avvisi, S.A. aveva proposto distinti ricorsi, riuniti innanzi alla C.T.P. di Vicenza, a seguito dei quali l’Ufficio aveva emesso provvedimenti in autotutela di annullamento parziale della pretesa tributaria con riferimento alle operazioni ritenute giustificate;

la C.T.P. accoglieva parzialmente i ricorsi, annullando gli avvisi di accertamento limitatamente alle operazioni bancarie per le quali l’Ufficio aveva rinunziato alla pretesa fiscale, decisione confermata in appello dalla C.T.R. con riferimento agli imponibili, le imposte e le sanzioni determinate dall’Amministrazione con i provvedimenti emessi in autotutela;

1.2. con il primo motivo, il ricorrente denuncia l’omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sul fatto decisivo della mancata tempestiva presentazione della dichiarazione dei redditi;

secondo il ricorrente, l’avviso di accertamento era stato emesso ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, in base a presunzioni prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza, sul presupposto dell’omessa dichiarazione dei redditi da parte del contribuente;

sul punto il ricorrente deduce, invece, di aver dimostrato di aver inviato telematicamente il file contenente la dichiarazione dei redditi per l’anno 2002 in data 31/10/2003, come risultava dalla ricevuta rilasciata dall’Amministrazione finanziaria e dall’interrogazione telematica, nonchè di aver nuovamente inviato, su richiesta dell’Agenzia delle Entrate, la stessa dichiarazione in data 14/3/2007 utilizzando la dicitura dichiarazione integrativa;

secondo il ricorrente, quindi, la C.T.R. avrebbe omesso di valutare l’efficacia probatoria della ricevuta del 31/10/2003, affermando apoditticamente la tardività dell’invio della dichiarazione in data 14/3/2007;

1.2. il motivo è infondato;

1.3. invero, il giudice di appello, con motivazione sintetica, ma effettiva ed adeguata a chiarire l’iter logico della decisione, ha ritenuto che l’invio del 31/10/2003 riguardasse il duplicato di una vecchia dichiarazione dei redditi dell’anno 2001, come dimostrato dall’Ufficio, che aveva infatti richiesto il nuovo invio in epoca successiva;

la C.T.R. ha richiamato la motivazione del giudice di prime cure, laddove ha affermato che il ricorrente non aveva prodotto alcuna prova dell’avvenuta ricezione della dichiarazione per l’anno 2002, rilevando che l’invio era stato effettuato dalla Union Gemini s.r.l., di cui il sig. Scalco era rappresentante legale, che il file relativo alla comunicazione del 31/10/2003 era stato respinto, perchè avente ad oggetto una vecchia dichiarazione già presentata, che la ricevuta recante la causa dello scarto era stata a suo tempo messa a disposizione dell’utente che aveva curato la trasmissione del file, cioè la Union Gemini s.r.l.;

la C.T.R., quindi, ha concluso nel senso che la società Union Gemini s.r.l. aveva effettuato l’invio del file contenente la dichiarazione ed alla stessa era stata inviata la ricevuta di scarto;

la motivazione del giudice di appello appare effettiva ed adeguata a chiarire l’iter logico della decisione, non incorrendo nel denunciato vizio motivazionale;

per costante giurisprudenza di legittimità, il cit. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella formulazione vigente anteriormente alle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012 (applicabile ratione temporis in ragione della data di pubblicazione della sentenza d’appello), non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., ad esempio, in termini, Cassazione civile, sez. III, 04/03/2010, n. 5205Cass. 6 marzo 2006, n. 4766. Sempre nella stessa ottica, altresì, Cass. 27 febbraio 2007, n. 4500; Cass. 19 dicembre 2006, n. 27168; Cass. 8 settembre 2006, n. 19274; Cass. 25 maggio 2006, n. 12445);

non incorre, dunque, nel vizio di omesso esame o di insufficiente motivazione il giudice del merito che, come nel caso di specie, nel sovrano apprezzamento delle prove, attinga il proprio convincimento agli elementi istruttori che ritenga più attendibili ed idonei alla risoluzione della controversia;

in coerenza con le suddette affermazioni, dunque, la Corte non realizzerebbe il controllo sulla motivazione che le è demandato, ma inevitabilmente compirebbe un (non consentito) giudizio di merito, se confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie – prendesse d’ufficio in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della sua decisione, accogliendo il ricorso sub specie di omesso esame di un fatto decisivo;

inammissibile, infine, risulta la produzione documentale depositata in data 17 maggio 2019 (relativa alla denuncia, sporta dal ricorrente in data 17 luglio 2018 contro funzionari dell’Agenzia delle Entrate, adducendo la falsità delle attestazioni rilasciate, nonchè ai documenti ad essa allegati), ostandovi il divieto di cui all’art. 372 c.p.c., ai sensi del quale, nel giudizio di legittimità, sono ammessi solo i documenti che riguardano la nullità della sentenza impugnata, derivante da vizi propri dell’atto per mancanza dei suoi requisiti essenziali di sostanza e di forma (vedi, ex multis, Cass. n. 15073/2014), e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso;

è stato anche chiarito che, nel giudizio di Cassazione, ove si adduca la falsità degli atti (o documenti) del procedimento di merito, la querela di falso va proposta in via principale ed è l’impugnazione per revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 2, il mezzo per rescindere la sentenza che, poi, possa essere riconosciuta aver pronunciato su prove dichiarate false (Sez. 3, Sentenza n. 986 del 16/01/2009; conf. Sez. 3 -, Ordinanza n. 2343 del 29/01/2019);

in ogni caso, il deposito della documentazione prodotta non risulta notificato mediante elenco alla controparte, come previsto dall’art. 372 c.p.c.;

2.2. con il secondo motivo, il ricorrente denuncia l’omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sotto il profilo della mancata indicazione degli elementi in concreto utilizzati per negare valenza probatoria alle giustificazioni addotte ed ai documenti prodotti dal contribuente, in relazione alle movimentazioni bancarie contestate;

secondo il contribuente, il giudice di appello non avrebbe adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per cui i documenti forniti dal ricorrente non erano idonei a vincere la presunzione di legge, posta a base dell’accertamento condotto ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32;

2.3. il motivo è inammissibile, perchè difetta di specificità, in quanto il ricorrente non chiarisce quali sarebbero stati i documenti dei quali il giudice non avrebbe adeguatamente rilevato l’esatta valenza probatoria;

la doglianza, del tutto generica, non consente al Collegio di valutare se vi sia stata una motivazione insufficiente su fatti decisivi e controversi, così come richiesto dalla specifica previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione vigente ratione temporis;

il ricorrente che, nel giudizio di legittimità, come nella specie, deduca l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per mancata o erronea valutazione di alcune risultanze probatorie ha l’onere, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., di specificare, trascrivendole integralmente, le prove non valutate o mal valutate, nonchè di indicare le ragioni del carattere decisivo delle stesse, atteso che il mancato esame di una (o più) risultanze processuali può dar luogo al vizio di omessa o insufficiente motivazione unicamente se quelle risultanze processuali, non valutate o mal valutate, siano tali da invalidare l’efficacia probatoria delle altre, sulle quali il convincimento si è formato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base;

in forza di tale principio, le doglianze, che, come nella specie, investano esclusivamente una pretesa errata valutazione della prova, asseritamente favorevole al contribuente, risultano del tutto prive della necessaria specificità e, di conseguenza, inammissibili;

il ricorso deve essere complessivamente rigettato ed il ricorrente è condannato al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi oltre spese prenotate e debito;

dichiara che sussistono i requisiti per porre a carico del ricorrente il pagamento del doppio contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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