Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24690 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. III, 05/11/2020, (ud. 13/07/2020, dep. 05/11/2020), n.24690

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 31603/2018 R.G. proposto da:

FARMACIA IPPOCRATICA DI ALICA S.R.L. SAS, già FARMACIA IPPOCRATICA

DELLA DOTT.SSA C.T. SAS, in persona dell’Amministratore

unico del socio accomandatario, A.C., rappresentata e

difesa dall’Avv. Raffaele Carrano, domiciliata presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

COMIFIN S.P.A., IN LIQUIDAZIONE, in persona del Presidente del

Collego dei liquidatori e legale rappresentante pro tempore,

Ca.Em., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Fabrizio Conte, e

Leonardo Russi, con domicilio eletto in Roma presso lo Studio

dell’Avv. Giuseppe Miani, via Tintoretto n. 88;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3390/2018 della Corte d’Appello di Milano,

depositata il 13/07/2018 e notificata il 26 luglio 2018.

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 13 luglio

2020 dal Consigliere Dott. Marilena Gorgoni.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La ricorrente rappresenta di aver convenuto in giudizio (con la denominazione allora rivestita ed indicata in epigrafe), con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., la società Comifin, lamentando, in ordine al contratto di finanziamento n. 200601048, con essa stipulato il 25 gennaio 2006 per l’importo di Euro 800.000,00, la mancata indicazione del Tasso d’interesse annuo nominale (TAN); chiedendo l’accertamento, anche parziale, della invalidità del contratto in relazione agli interessi determinati unilateralmente ex artt. 1284,1325,1344,1346,1418 e 1419 c.c., con conseguente applicazione delle condizioni

sostitutive cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117, comma 7 e la condanna della Comifin alla restituzione dell’indebito.

L’appellata, costituitasi in giudizio, non contestava la mancata indicazione del TAN, ma riteneva sufficiente, ai fini del rispetto delle prescrizioni di legge, aver pubblicizzato nel contratto il Tasso annuo effettivo globale (TAEG); chiedeva in via riconvenzionale il pagamento di Euro 11.052,88 a saldo di quanto ancora dovuto dalla ricorrente, oltre agli interessi convenzionali di mora.

Il Tribunale, verificata la sola indicazione del TAEG, mero tasso teorico, ed accertata la nullità della clausola di determinazione del tasso debitorio, disponeva CTU affinchè, in relazione alle singole rate di rimborso, in applicazione, del D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 117, comma 7, lett. a, del tasso sostitutivo BOT o del tasso minimo dei BOT annuali emessi nei dodici mesi precedenti la scadenza di ogni rata, determinasse il credito dell’attrice.

Risultatone un ammontare pari ad Euro 167,346,03, provvedeva a detrarre l’importo di Euro 11.052,58, chiesto in via riconvenzionale dalla società Comifin, e condannava quest’ultima, con ordinanza, ex art. 702 ter c.p.c., a pagare alla ricorrente Euro 156.293,45, oltre agli interessi legali dal 15 febbraio 2015.

L’ordinanza veniva impugnata dalla Comifin che lamentava l’errore del primo Giudice per avere ritenuto violato l’art. 117 TUB, stante che l’indicazione del TAEG consentiva la determinazione del TAN anche con ricorso a mezzi informatici.

L’odierna ricorrente, costituitasi in giudizio, ribadiva la netta distinzione tra TAEG e TAN e l’inosservanza degli artt. 1284 c.c. e art. 117 TUB.

La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, accoglieva l’appello di Comifin, ritenendo che l’indicazione del TAEG fosse idonea a fornire l’effettivo costo del finanziamento e quindi ad assolvere l’obbligo di informazione di cui all’art. 117 TUB, condannava, di conseguenza, la Farmacia Ippocratica a restituire quanto ricevuto in esecuzione della sentenza di prime cure e al pagamento delle spese di lite.

Va dato atto che la trattazione del ricorso, fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c., per il giorno 6 aprile 2020, rinviata d’ufficio per effetto della legislazione emergenziale relativa alla pandemia da coronavirus, è stata fissata per, l’odierna adunanza. Il P.G. non ha depositato conclusioni.

Diritto

RILEVATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1284 c.c., comma 3 e art. 117, commi 4 e 7, lett. a) TUB, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la decisione impugnata ritenuto adempiuto l’obbligo imposto dall’art. 117 TUB, mediante l’esplicitazione del solo TAEG, quindi, in assenza del TAN, senza considerare che l’art. 1284 c.c., impone la forma scritta ad substantiam per la previsione dell’obbligo di corrispondere interessi ultra legali.

2. Con il secondo motivo la ricorrente imputa alla sentenza gravata la violazione e falsa applicazione dell’art. 1346 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere ritenuto il TAN determinabile mediante la formula inversa dell’interesse semplice, in contrasto con la dominante giurisprudenza che richiede, per la determinabilità del tasso, l’indicazione di criteri univoci e fissi.

3. I motivi possono essere esaminati unitariamente.

Essi risultano inammissibili, perchè parte ricorrente non ha messo questa Corte nella condizione di sapere se la premessa del ragionamento del giudice a quo, allorchè insiste sul fatto che l’art. 117 TUB quando parla di tasso di interesse non fa alcun riferimento al TAN o al TAEG, occorrendo esaminare quale espressione numerica soddisfi il diritto alla trasparenza e all’informazione del cliente (p. 6), sia corretta con riferimento alla fattispecie concreta ovvero se abbia travisato la funzione della trasparenza del contratto assicurata con l’indicazione del TAEG confondendola con l’obbligo di determinazione convenzionale del contratto, quando ha stimato di poter ricavare a ritroso il TAN dal TAEG, superando ogni problema relativo alla determinabilità del primo.

Ora, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto occasione di occuparsi della determinabilità del tasso di interesse in varie occasioni – stabilendo: a) che in tema di contratto di mutuo, affinchè una clausola di determinazione degli interessi corrispettivi sulle rate di ammortamento scadute sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1346 c.c., è sufficiente che la stessa – nel regime anteriore all’entrata in vigore della L. 17 febbraio 1992, n. 154 – contenga un richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purchè obiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse (Cass. 30/03/2018 n. 8028 e già Cass. 27/11/2014 n. 25205Cass. n. 12276/10Cass. n. 2765/92 e n. 7547/92Cass. n. 22898/05, n. 2317/07, n. 17679/09); b) che nella vigenza del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117, comma 4 – il quale prescrive al comma 3, che i “contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora” e, al comma successivo, che sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonchè quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati – il tasso di interesse può essere determinato “per relationem”, con esclusione del rinvio agli usi, purchè il contratto richiami criteri prestabiliti ed elementi estrinseci che, oltre ad essere oggettivamente individuabili e funzionali alla concreta determinazione del tasso, non siano determinati unilateralmente dalla banca (Cass. 26/06/2019 n. 17110) – ma resta il dubbio, nel caso di specie, se nel contratto fossero presenti elementi di fatto tramite i quali determinare l’esatto contenuto delle obbligazioni dedotte, facendo ricorso, ad esempio, a calcoli di tipo matematico, a prescindere dalla maggiore o minore difficoltà che essi soddisfacessero quanto prescritto dall’art. 1284 c.c.: forma scritta, indicazione della percentuale del tasso di interesse in ragione di un periodo di tempo determinato. E tale dubbio non è stato affatto sciolto dalla ricorrente, perchè entrambi i motivi del ricorso sono affetti da violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto omettono di riprodurre le clausole contrattuali, limitandosi a fornirne una indicazione generica che non assume nemmeno il valore di riproduzione indiretta con rimando alle clausole, sì da soddisfare il requisito di cui alla norma.

In particolare: a) nel primo motivo le clausole nemmeno sono, sebbene in senso generico, evocate, atteso che si discute della inidoneità del TAEG e della necessità di indicazione diretta del TAN; b) nel secondo motivo, a pag. 8, sono evocate le clausole, ma appunto in modo generico. La ricorrente si limita a lamentare che il contratto individui parte del tasso di interesse, ossia la sua componente variabile (Euribor tre mesi lettera), ma non la sua componente fissa il cosiddetto spread, valore che sommato all’Euribor a tre mesi di periodo avrebbe determinato appunto la misura del tasso contrattuale e specifica che la parte del contratto dedicata alla determinazione di esso tasso è costituito dalla la lettera b) dei dati contrattuali indicante la parte variabile del tasso; la lettera c) dei dati contrattuali indicante quale tasso di finanziamento l’ICS pari al 6,21%; gli artt. 5.1 e 6 delle condizioni contrattuali che per la determinazione del tasso di interesse rinviano esplicitamente il precitato punto c dei dati contrattuali in cui più del tasso globale nulla è indicato.

Tali scarne e generiche indicazioni, che non spetta certo a questa Corte colmare con integrazioni del motivo e indagini d’ufficio non dimostrano gli assunti su cui si fonda la tesi di parte ricorrente ed impediscono a questa Corte di verificare se davvero nel contratto fosse celata una condizione economica del rapporto, come sostenuto da parte ricorrente, ovvero se, pur dovendosi convenire circa il fatto che il TAEG di per sè non è oggetto di una clausola pattizia (Cass. 26/06/2019 n. 17110; Cass. 26/06/2019, n. 16907), nel caso di specie la sua indicazione e formulazione integrassero comunque gli estremi della pattuizione intercorsa fra le parti in ordine al tasso di interesse applicabile e consentissero di ricostruire a ritroso il TAN applicato, permettendo di ritenere che quest’ultimo avesse formato oggetto del consenso negoziale delle parti, essendone stata convenuta la determinazione in via induttiva.

4. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. 6.Si dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico della parte ricorrente l’obbligo di pagamento del doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

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