Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2469 del 29/01/2019

Cassazione civile sez. I, 29/01/2019, (ud. 10/10/2018, dep. 29/01/2019), n.2469

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21384/2015 proposto da:

La Coseno s.r.l. Costrizioni Restauri, in persona del legale

rappresentante pro tempore, e S.G., elettivamente

domiciliati in Roma, Via della Frezza n. 59, presso lo studio

dell’avvocato Actis Giovanni, che li rappresenta e difende, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.R.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale delle

Milizie n. 9, presso lo studio dell’avvocato D’Acunti Stefano, che

lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7749/2014 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 23/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/10/2018 dal Cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto che

Codesta Corte di cassazione voglia rigettare il ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

E’ proposto ricorso per la cassazione della sentenza del Tribunale di Napoli del 23 maggio 2014, la quale ha dichiarato improponibile, per pregressa rinunzia o transazione, l’azione di responsabilità sociale proposta dalla Cosedo s.r.l. e da S.G. contro l’ex amministratore D.R.A., attesa l’ordinanza di inammissibilità di cui all’art. 348-bis c.c., pronunciata dalla Corte d’appello di Napoli il 23 giugno 2015.

La sentenza impugnata ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che con la scrittura privata del 28 ottobre 2010, conclusa tra i soci uscenti titolari complessivamente dell’intero capitale sociale, D.R.A. (10%) e M.D. (10%), con So.Gi. (80%), avente ad oggetto l’impegno alla cessione delle quote dei primi alla seconda o a persona da nominare – patto eseguito con atto pubblico traslativo del 24 novembre 2010 in favore della So. (che divenne socia al 95%) e del S. (acquirente del residuo 5% del capitale) – la società abbia validamente transatto o rinunciato all’esercizio dell’azione di responsabilità, a mezzo dell’intendimento in tal senso espresso dalla So. e con l’assenso degli altri due soci, tutti firmatari di detta scrittura, dunque con decisione unanime dei soci assunta in via totalitaria, atteso che lo statuto ammette la decisione mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto.

Nè tale scrittura integra, invece, un mero patto parasociale, sia perchè la relativa disciplina non concerne la società a responsabilità limitata, sia in quanto con essa sono stati ridefiniti tutti gli assetti della società mediante una decisione societaria.

Ha aggiunto che l’azione proposta individualmente dal socio è preclusa dall’avere agito la società stessa, qualificandosi semmai la sua posizione come mero intervento adesivo dipendente, onde la rinuncia o transazione ha avuto l’effetto di precludere anche l’azione sociale dal medesimo proposta.

Inoltre, la deliberazione di esercizio dell’azione di responsabilità sociale, peraltro non prodotta, sarebbe stata assunta con il voto determinante della stessa So., la quale però aveva rinunciato a proporre ogni azione.

Avverso questa sentenza propone ricorso la società, affidato a cinque motivi. Si difende con controricorso l’intimato. Le parti hanno, altresì, depositato le memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso articola avverso la sentenza impugnata cinque motivi, che possono essere come di seguito riassunti:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2393,2393-bis, 2476 c.c. e art. 100 c.p.c., oltre al vizio di motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria, perchè il socio ha una legittimazione autonoma a proporre l’azione sociale di responsabilità, quale sostituto processuale ex art. 81 c.p.c. e la società è a sua volta legittimata in proprio ad esperire l’azione medesima: onde si tratta di una legittimazione attribuita in modo congiunto;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg., artt. 1418,2393,2393-bis, 2476,2478,2479,2479-bis c.c., oltre che degli artt. 18 e 19 dello statuto ed al vizio di motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria, per avere la sentenza impugnata qualificato l’atto del 28 ottobre 2010 come transazione o rinuncia da parte della società all’azione sociale di responsabilità ed averne esteso gli effetti anche al socio entrante S., divenuto tale solo il 24 novembre successivo: infatti, non è stato affatto seguito il procedimento di acquisizione del consenso scritto dei soci, previsto dall’art. 19 dello statuto, nè mai apposito verbale è stato redatto ed inserito nel libro delle decisioni dei soci, come ivi stabilito; mentre, poi, sottoscrisse quell’atto lo stesso D.R., che all’evidenza avrebbe invece dovuto astenersi;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg., artt. 1418,2363 e segg., artt. 2393,2393-bis, 2476,2478,2479,2479-bis c.c., oltre che degli artt. 18 e 19 dello statuto ed al vizio di motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria, per avere la sentenza impugnata errato nel non considerare come l’atto del 28 ottobre 2010 intendesse regolare gli assetti proprietari della società mediante la cessione delle quote di minoranza, non affatto provvedere alla rinuncia o transazione dell’azione sociale di responsabilità, semmai posta in essere dalla sola So., nè esso costituiva una decisione societaria, formalità necessaria ed inderogabile per operare in tal senso, con gli adempimenti relativi alla fissazione dell’ordine del giorno, alla discussione dei soci, alla loro informazione, al loro voto, pena la nullità ex art. 1418 c.c., della rinuncia o transazione operate, per violazione di norma imperativa;

4) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg., artt. 1418,2341-bis e segg., artt. 2392,2393,2393-bis c.c., oltre al vizio di motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria, per non avere la sentenza impugnata qualificato l’accordo del 28 ottobre 2010 come patto parasociale, come tale inopponibile sia alla società, sia all’altro socio S., ed addirittura nullo, in quanto concluso in violazione delle norme imperative di cui agli artt. 2392 e 2393 c.c., come ritenuto dal giudice di legittimità;

5) violazione e falsa applicazione degli artt. 2393 e 2393-bis c.c., oltre al vizio di motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria, per non avere la sentenza impugnata considerato che gli inadempimenti gestori dell’ex amministratore, contestati con l’azione di responsabilità e riportati nel motivo in punto di fatto, sono emersi dopo la scrittura del 28 ottobre 2010.

2. – Il primo motivo è inammissibile per difetto di interesse, non avendo la sentenza impugnata negato la legittimazione del singolo socio, ma avendo correttamente considerato che la rinuncia o transazione della società vale a precludere anche l’azione sociale di responsabilità della minoranza.

3. – I motivi secondo, terzo e quarto, che propongono la questione centrale della controversia e che, dunque, vanno trattati congiuntamente, sono infondati.

La sentenza impugnata ha ritenuto che l’accordo preliminare di cessione delle quote, concluso tra i due soci uscenti quali promittenti venditori e la terza socia, promissaria acquirente, contenesse anche la decisione societaria di rinuncia o di transazione – la duplice qualificazione procede, invero, per tutto il corso della pronuncia all’azione sociale di responsabilità da parte della Cosedo s.r.l..

Essa ha affermato che le tre parti dell’accordo del 28 ottobre 2010, all’epoca titolari di quote complessivamente rappresentative dell’intero capitale sociale, nel disporre delle rispettive partecipazioni abbiano, altresì, deliberato detta rinuncia o transazione ad opera della società: ciò ha desunto dalla clausola dell’atto, nella quale la cessionaria dichiara di non avere pretese verso la società, i suoi organi e soci, ed in particolare “di rinunciare espressamente ad eventuali azioni di responsabilità ex artt. 2393,2393-bis e 2395 c.c., nei confronti dell’arch. D.R.A. relativamente alla sua attività di amministratore unico della Cosedo srl. I sigg.ri D.R.A. e M.D.L. dichiarano, altresì, di rinunciare ad altre azioni concernenti rivendiche di un rapporto di lavoro autonomo e/o subordinato con la società”.

Argomenta la sentenza impugnata con la considerazione secondo cui la riforma del diritto societario ha ammesso le decisioni non assembleari dei soci, onde la dichiarazione riportata, emessa in un atto firmato anche dai due soci uscenti, integra in sostanza una decisione, assunta in maniera totalitaria, riferibile alla volontà sociale.

In tal modo, il giudice ha individuato i profili fattuali della vicenda e compiuto un accertamento di fatto, con riguardo agli elementi richiesti dalla legge per la decisione dei soci, alla stregua del contenuto complessivo dell’accordo, secondo i poteri che rientrano nella competenza esclusiva del giudice del merito.

Occorre ancora precisare come non rilevi in giudizio la questione di diritto circa la validità, oppure no, di un patto parasociale con il quale il socio rinunci a votare o ad esperire l’azione sociale di responsabilità di cui all’art. 2476 c.c. (su cui i ricorrenti richiamano Cass. n. 10215 del 2010; v. pure Cass. 27 luglio 1994 n. 7030), non essendo stata esperita l’azione medesima da parte della socia cessionaria, ma unicamente da parte della società stessa e dell’altro socio al 5%.

4. – Il quinto motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., introducendo una questione nuova, senza adeguata indicazione del luogo e del tempo della precedente deduzione.

5. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidate in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al 15% sul compenso ed agli accessori, come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento a carico della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di coniglio, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2019

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