Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2469 del 04/02/2020
Cassazione civile sez. III, 04/02/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 04/02/2020), n.2469
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25051/2016 proposto da:
D.D., DA.SA., elettivamente domiciliati in
PALERMO, VIA LA FARINA 13-C, presso lo studio dell’avvocato SANTI
GIOACCHINO GERACI, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
ISLAND REFINANCING SRL, in persona del legale rappresentante pro
tempore e per essa CERCED CREDIT MANAGEMENT SPA in persona della
procuratrice speciale Dott.ssa Se.La., elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO, 101, presso lo studio
dell’avvocato LUCIANO PIAZZA, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
UNICREDIT SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 872/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,
depositata il 10/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/11/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SOLDI Anna Maria, che ha concluso in via principale rigetto e in
subordine accoglimento 1^ e 2^ motivo;
udito l’Avvocato SANTI GIOACCHINO GERACI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Nel 1976 il Banco di Sicilia s.p.a. (il cui credito perverrà in seguito alla Island Refinancing s.r.l.) concesse un mutuo fondiario alla società A.D. & C. s.p.a., garantito da ipoteca sull’immobile sito a (OMISSIS), di proprietà della società mutuataria.
Nel corso degli anni l’immobile suddetto venne venduto dalla società debitrice a S.G., e da questi alienato ai coniugi Da.Sa. e D.D..
2. La banca creditrice, non avendo ottenuto la restituzione del mutuo, nel 1986 iniziò l’esecuzione forzata pignorando il suddetto immobile.
Nel 2002 i coniugi Da. – D. proposero opposizione di terzo all’esecuzione ex art. 619 c.p.c., sostenendo che il loro immobile era libero da ipoteche e che la nota di trascrizione dell’ipoteca, così come l’atto di pignoramento, indicavano quale immobile oggetto della garanzia reale non il loro, ma quello sito in (OMISSIS).
3. Il Tribunale di Palermo, con sentenza 30 giugno 2011 n. 3304; accolse la domanda, ritenendo che “fosse impossibile appurare se l’immobile pignorato fosse effettivamente quello di proprietà dei coniugi Da. – D.”.
La sentenza venne appellata dalla Island Refinancing.
La Corte d’appello di Palermo,con sentenza 10 maggio 2016 n. 872, accolse il gravame e rigettò l’opposizione.
Ritenne la Corte d’appello che l’erronea indicazione della (OMISSIS), in luogo della (OMISSIS), nella nota di iscrizione dell’ipoteca e nel pignoramento, costituisse un mero errore materiale, inidoneo ad indurre in errore sulla corretta identificazione dell’immobile pignorato, alla luce degli altri elementi contenuti tanto nella nota di iscrizione dell’ipoteca, quanto nell’atto di pignoramento: e cioè la coincidenza dei confini dell’immobile pignorato con quello indicato nei suddetti atti; l’esatta indicazione del piano (l’ottavo); dell’interno (il n. 22); la posizione della porta d’ingresso; la distribuzione degli spazi interni.
4. Ricorrono per cassazione avverso la suddetta sentenza i coniugi Da. – D. con ricorso fondato su tre motivi.
Resiste la Island Refinancing, volontariamente rappresentata dalla Cerved Credit Management s.p.a., con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso.
1.1. I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perchè pongono questioni analoghe.
Con essi i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione dell’art. 331 c.p.c..
Espongono che la società appellante (Island Refinancing) non notificò l’atto di appello alla società mutuataria, A.D. s.p.a..
Sostengono che, nonostante la Island Refinancing chiese ed ottenne un termine ex art. 331 c.p.c., per notificare l’atto di gravame alla A.D. s.p.a., non vi è prova che tale adempimento sia stato effettuato.
1.2. Ambedue i motivi sono infondati.
Si legge infatti a p. 9, 15 rigo, della sentenza impugnata, che in grado di appello la società A.D. s.p.a. “rimase contumace”.
Ciò vuol dire che il giudice d’appello ha ritenuto validamente citata, in appello, la suddetta società: altrimenti non ne avrebbe potuto dichiarare la contumacia.
Giusta o sbagliata che fosse quella valutazione, essa non è stata censurata nella presente sede. I ricorrenti, infatti, si sono limitati a dolersi della omessa notifica dell’atto d’appello alla suddetta A.D. s.p.a., ma non della valutazione con cui la Corte d’appello ha ritenuto validamente costituito il contraddittoriot e contumace la suddetta società.
Ritiene tuttavia doveroso il Collegio rilevare come siano gli stessi ricorrenti a dichiarare, nel proprio ricorso, che la società originale debitrice è “cessata per fallimento dal 31 dicembre 1981”.
L’espressione “cessata per fallimento” non può intendersi in altro senso che quale parafrasi di “cancellata dal registro delle imprese”. Deve, pertanto, concludersi che gli odierni ricorrenti non vantano alcun giuridico interesse, ex art. 100 c.p.c., che sostenga i primi due motivi di ricorso, dal momento che non vi era in grado di appello più alcun soggetto nei confronti del quale integrare il contraddittorio.
2. Il terzo motivo di ricorso.
2.1. Col terzo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 2665 e 2844 c.c..
Sostengono che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto insussistente qualsiasi incertezza nell’identificazione del bene oggetto della procedura esecutiva.
Allegano che nel caso di specie, con l’ordinaria diligenza, “non sarebbe stato materialmente possibile accertare esattamente l’errore”, ed in particolare non sarebbe stato possibile stabilire se esso consistesse nella diversa indicazione di una scala piuttosto che di un’altra, o non piuttosto “nella errata indicazione di uno dei confini dell’immobile nel quale viene indicata la (OMISSIS)”.
2.2. Il motivo è inammissibile.
Esso censura infatti un tipico apprezzamento di fatto, quale è lo stabilire se una nota di iscrizione ipotecaria sia decettiva oppure no.
In identica fattispecie questa Corte ha già stabilito che la valutazione compiuta dal giudice del merito circa l’esistenza, nella nota di trascrizione, degli elementi necessari per individuare il bene e il diritto che forma oggetto del negozio trascritto, “costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità” (Sez. 2, Sentenza n. 3692 del 10/08/1977, Rv. 387344 – 01; nello stesso senso, Sez. 3, Sentenza n. 3477 del 22/04/1997, Rv. 503870 – 01).
3. Le spese.
3.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno compensate integralmente tra le parti, in considerazione dell’alterno esito dei gradi di merito.
3.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).
P.Q.M.
la Corte di Cassazione:
(-) rigetta il ricorso;
(-) compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità;
(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Da.Sa. e D.D., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 7 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020