Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24689 del 23/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 23/11/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 23/11/2011), n.24689

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA TACITO 23

presso lo studio dell’avvocato ARENA GIACOMO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FIANNACCA GIOVANNI, giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

IACP MESSINA, AGENZIA DELLE ENTRATE, MINISTERO DELL’ECONOMIA &

DELLE

FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 43/2006 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

MESSINA, depositata il 04/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito per il ricorrente l’avvocato ARENA GIACOMO, che deposita

preliminarmente cartolina A/R e chiede l’accoglimento del ricorso, al

termine dell’udienza deposita note di replica;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 10.10.1989 il Tribunale di Messina, adito da G.D., condannò l’Iacp al risarcimento del danno da illegittima occupazione di un terreno avvenuta nell’anno 1974. In esecuzione della sentenza, l’Iacp versò il dovuto operando la ritenuta del 20% prevista dalla L. n. 413 del 1991, art. 11. Il G. propose un’istanza di rimborso della somma ritenuta in acconto e impugnò tanto il silenzio-rifiuto quanto il successivo provvedimento negativo formalmente adottato dall’amministrazione finanziaria. Il giudizio tributario si risolse in senso sfavorevole all’impugnante, giacchè la commissione tributaria regionale della Sicilia, confermando la decisione di primo grado, reputò legittima la ritenuta sulla considerazione che il terreno occupato era stato comunque destinato alla realizzazione di edilizia economica e popolare, al di là del fatto di non rientrare – detto terreno – nelle zone omogenee A, B, C, D di cui al D.M. 2 aprile 1968. Sostenne inoltre che bisognasse aver riguardo, ai fini della tassazione, non all’anno di insorgenza del diritto, ma all’atto in conseguenza del quale l’indennità era risultata corrisposta, tale essendo la sopra detta sentenza assunta dal Tribunale di Messina nel 1989.

Propone ricorso per cassazione il G., articolando otto motivi illustrati anche da memoria. Gli intimati non hanno svolto difese.

All’esito della discussione il ricorrente ha depositato note scritte in replica alle conclusioni del pubblico ministero.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Devesi preliminarmente dichiarare l’inammissibilità del ricorso proposto contro il Ministero dell’economia e delle finanze, che non risulta aver partecipato al giudizio di merito ed essendo l’agenzia delle entrate, alla data in cui fu pronunciata la sentenza d’appello, unica titolare dei poteri giuridici strumentali all’adempimento delle obbligazioni tributarie in quanto successore a titolo particolare del Ministero in ordine a tali rapporti a decorrere dalla data relativa di operatività (1 gennaio 2001); con conseguente assunzione in via esclusiva della gestione del contenzioso e connessa spettanza dell’esercizio delle facoltà processuali in ordine all’impugnazione in sede di legittimità (cfr. sez. un. 2006/3116).

2. – Col primo motivo il ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 413 del 1991, art. 11 violazione dell’art. 23 Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi, comma 2, e art. 14 preleggi.

La tesi posta a base del motivo è che la L. n. 413 del 1991, art. 11 è norma insuscettibile di applicazione analogica in quanto “a fattispecie esclusiva”. Ciò stante, avrebbe errato il giudice tributario nell’affermare l’irrilevanza del mancato inserimento del terreno de quo all’interno delle citate zone omogenee (per essere stato comunque, il terreno medesimo, concretamente destinato alla realizzazione dell’intervento di edilizia residenziale pubblica), in quanto, in siffatti termini, avrebbe egli applicato analogicamente la disposizione tributaria.

Il motivo è concluso dal quesito di diritto “se la L. n. 413 del 1991, art. 11 nella parte in cui sottopone a tassazione come plusvalenza la percezione di indennità o risarcimenti per l’occupazione di terreni per la realizzazione di opere pubbliche o infrastrutture all’interno delle zone omogenee di tipo A,B,C,D di cui al D.M. 2 aprile 1968 ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167 sia una norma a fattispecie esclusiva, insuscettibile di applicazioni analogiche, e conseguentemente se erri il giudice del merito ad affermare che sarebbe irrilevante la circostanza che il terreno occupato non rientri nelle zone omogenee A,B,C,D (..), essendo a suo dire rilevante unicamente il fatto che il terreno occupato era stato concretamente destinato alla realizzazione di un intervento di edilizia economica e popolare”.

Col secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, è invece denunziata la motivazione della sentenza come omessa o insufficiente sul fatto controverso decisivo riguardante la non inclusione del bene all’interno delle zone omogenee A,B,C,D, di cui al D.M. 2 aprile 1968, e la mancanza di una sua legale destinazione a interventi di edilizia residenziale pubblica. Assume il ricorrente di aver depositato, nel corso del giudizio di primo grado, un certificato di destinazione urbanistica attestante che il terreno in questione “ricadeva al di fuori del piano regolatore Borzì”, e di aver dedotto (tanto in primo grado quanto) in appello (alle pag. 5 e 6 del relativo atto) che “il piano per l’edilizia economica e popolare era stato annullato”; cosicchè i terreni relativi erano da ritenere ricadenti in zona libera o bianca. Lamenta che la commissione regionale non abbia indagato quale fosse, in considerazione di dette risultanze, “la destinazione urbanistica del terreno occupato dallo Iacp di Messina (..)”. In particolare, alla luce della sintesi conclusiva lamenta un’omessa o comunque insufficiente motivazione della sentenza a misura del fatto di avere questa negato il diritto al rimborso “sulla base della circostanza di mero fatto che l’intervento ( . . ) era stato realizzato, senza prendere in esame le deduzioni e gli atti a tale scopo prodotti dal contribuente dai quale emergeva invece che i terreni occupati non avevano una destinazione urbanistica ed erano rimasti annullati gli atti con cui quei terreni erano stati destinati ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni”.

Col terzo mezzo si deduce omessa pronuncia, e violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al motivo di appello con cui era stata eccepita l’inapplicabilità della citata L. n. 413 del 1991, art. 11 ai casi di occupazione c.d. usurpativa per il fatto che sul terreno, occupato fin dal 1974, era stato realizzato un complesso di alloggi decorsi oltre cinque anni dal decreto di occupazione, senza la conseguente emissione di decreto di esproprio e senza previa dichiarazione di pubblica utilità, essendo stato annullato il piano di zona in sede giurisdizionale.

Il motivo è concluso dal quesito “se in una controversia avente ad oggetto la pretesa di rimborso delle somme ritenute, a titolo di imposta ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 11 sia omessa la pronuncia sul motivo di appello con cui il contribuente abbia eccepito che la norma tributaria non si applica ai casi di occupazione usurpativa, illecita ab origine, qualora il giudice del merito non prenda in esame tale doglianza e si limiti ad affermare, di fronte ad altro motivo di appello con cui ci si doleva che l’imposta era stata applicata nel caso di occupazione di un terreno privo di qualunque destinazione urbanistica, che è legittima l’imposizione, osservando che rilevi unicamente il fatto della concreta destinazione del terreno ad intervento di edilizia residenziale pubblica”.

Il quarto e il quinto mezzo rispettivamente deducono (a) violazione e falsa applicazione della L. n. 413 del 1991, art. 11 dell’art. 23 Cost. e dell’art. 12 preleggi, comma 2, e art. 14 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e (b) vizio di motivazione, con riguardo alla già detta avvenuta applicazione dell’art. 11 cit.

all’ipotesi di occupazione “usurpativa”. Donde il quesito di diritto “se la L. n. 413 del 1991, art. 11 nella parte in cui sottopone a tassazione la percezione di somme dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza divenute illegittime, si riferisca unicamente al risarcimento del danno derivante da occupazione acquisitiva, e conseguentemente se violi o applichi falsamente la predetta norma il giudice del merito che ne faccia applicazione anche nel caso di occupazione usurpativa”; nonchè la sintesi (conclusiva del motivo redatto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) che, in fattispecie del genere, “(..) il giudice del merito è tenuto ad indagare se le somme siano state percepite per effetto di una occupazione divenuta illegittima o se esse siano state invece percepite per effetto di un mero comportamento usurpativo della p.a., illecito ab origine, e conseguentemente è omessa o insufficiente la motivazione della sentenza che abbia negato il diritto del contribuente al rimborso sulla base della circostanza di mero fatto che l’intervento di edilizia residenziale pubblica sia stato realizzato, senza prendere in esame le deduzioni e gli atti a tale scopo prodotti dal contribuente dai quali emerga invece che l’occupazione era avvenuta in carenza di una dichiarazione di pubblica utilità”.

3. – I riportati cinque mezzi possono essere congiuntamente esaminati perchè chiaramente connessi. Essi sono infondati quanto al presupposto giuridico, e come tali vanno rigettati dovendosi solo provvedere a integrare, nel senso che segue, la motivazione dell’impugnata sentenza sui punti oggetto di censura.

Non è dubitabile, in base al contenuto del certificato di destinazione urbanistica attinente al terreno di cui è causa (dal ricorrente richiamato pure a corredo dei successivi tre motivi), che il terreno fu assegnato all’Iacp in quanto ricadente nel p.e.e.p. di Messina approvato con d.a. 356/70.

Codesto provvedimento di approvazione del p.e.e.p. venne peraltro annullato dal C.g.a. della regione Sicilia con sentenza n. 120 in data 28.8.1986.

Sennonchè, in base alla L. n. 413 del 1991, art. 11 la ritenuta del 20% a titolo di imposta non va effettuata soltanto sulla indennità di espropriazione, ma anche sul risarcimento del danno dovuto per la perdita del diritto dominicale conseguente alla irreversibile trasformazione del fondo con la realizzazione dell’opera pubblica.

Non rileva che tale perdita sia avvenuta per occupazione appropriativa o usurpativa, come qui sostenuto dal ricorrente in conseguenza dell’annullamento degli atti del procedimento espropriativo e in particolare del p.e.e.p., siccome modellato sul piano regolatore particolareggiato (L. n. 167 del 1962, art. 9 e successive modificazioni) e dunque equivalente a dichiarazione di pubblica utilità quale presupposto di procedimenti ablatori, attesa la rilevanza, invece, dell’unico profilo costituito dalla perdita della proprietà per avvenuta irreversibile trasformazione del fondo, alla base del riconoscimento di un danno risarcibile (v. per tutte, sugli evocati concetti, Cass. n. 13023/2010, nonchè sez. un. n. 20158/2010). Il menzionato art. 11, difatti, qualifica plusvalenze, che costituiscono reddito imponibile e che pertanto concorrono alla formazione dei redditi diversi di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81 Tuir (nel testo rilevante pro tempore), non solo le indennità di espropriazione, ma anche le “somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza divenute illegittime relativamente a terreni destinati ad opere pubbliche” (art. 11, comma 5). E dunque prevede (al comma 7) che gli enti eroganti devono operare una ritenuta a titolo di imposta del 20% all’atto della corresponsione delle somme “per risarcimento danni da occupazione acquisitiva”. Con ciò chiaramente riferendo l’operatività della tassazione alle plusvalenze consequenziali a tutte le vicende rientranti nel perimetro del corrispondente concetto, in coerenza con la ricostruita ratio dell’istituto, presupponente l’equivalenza degli indici di ricchezza comunque correlati al dato oggettivo del valore dei suoli non derivante da un’attività produttiva del proprietario. In questo senso è corretto affermare che la ritenuta del 20% a titolo di imposta non può ritenersi illegittima soltanto perchè alla indennità di espropriazione si è sostituito il risarcimento del danno per l’avvenuta occupazione (acquisitiva) del fondo (v. sez. un. 15232/2009). La decisione della commissione regionale, che ha ritenuto legittima la sottoposizione a ritenuta d’imposta dell’importo pagato al ricorrente, è conforme a diritto.

4. – Il sesto e il settimo motivo attengono all’ambito applicativo della L. n. 413 del 1991, art. 11 in rapporto al fatto generatore del diritto al risarcimento del danno. Il ricorrente in questo caso lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 11 cit. (sesto motivo) e vizio di motivazione (settimo), in considerazione del fatto che l’atto integrante il trasferimento, cui è conseguita la plusvalenza, fu anteriore al 1988, l’occupazione essendo avvenuta nel 1974.

In conclusione del sesto motivo è formulato il quesito “se la L. n. 413 del 1991, art. 11, commi 5 e 9 sottopongano a tassazione le plusvalenze solo se esse derivino e si ricolleghino a trasferimenti del bene in mano pubblica avvenuti in epoca successiva al 31 dicembre 1988, e conseguentemente se violi o applichi falsamente le predette norme il giudice del merito che affermi che per l’applicazione dell’imposta occorra far riferimento non al momento della perdita del diritto di proprietà ma al momento dell’accertamento giudiziale del conseguente diritto al ristoro per la perdita subita”. E, in conclusione del settimo, la sintesi “se (..) risulta inficiata da omessa motivazione la decisione in cui venga omesso l’esame e la valutazione dei fatti che comportano il trasferimento del bene e del tempo della loro verificazione”.

5. – I motivi sono infondati.

La disciplina transitoria di cui alla L. n. 413 del 1991, art. 11, comma 9 consente, con una parziale retroattività, la tassazione delle plusvalenze percepite prima dell’entrata in vigore della legge detta, condizionandola, peraltro, alla circostanza che nel triennio successivo al 31.12.1988 siano intervenuti il titolo e la percezione della somma. In particolare, e al pari di quanto precisato con riguardo all’indennità di esproprio (v. Cass. n. 3092/2006), ove si tratti di risarcimento del danno da occupazione acquisitiva, occorre che nel triennio compreso tra il 31.12.1988 e il 31.12.1991 cadano sia la sentenza che ha liquidato il danno, sia la percezione determinativa della plusvalenza. E’ allora evidente che simile disciplina nel caso di specie non rileva affatto, posto che qui la percezione della somma, cui si deve la plusvalenza, risulta avvenuta nel 1994. In tal senso va solo corretta (art. 384 c.p.c., u.c.) la motivazione dell’impugnata sentenza, che ha fatto leva, invece, sulla collocazione temporale della pronuncia di risarcimento del danno assunta dal Tribunale di Messina, stante che il dispositivo della medesima è conforme a diritto.

6. – Infine con l’ottavo mezzo si deduce violazione o falsa applicazione della L. n. 413 del 1991, art. 11 dell’art. 11 preleggi, comma 1, , degli artt. 53 e 117 Cost. e dell’art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a misura del fatto di doversi ritenere impedita (dalla necessità di evitare una doppia incidenza sul diritto fondamentale di proprietà) giustappunto un’applicazione retroattiva della disposizione della L. n. 413 del 1991 a tipo di quella che si pretende nella specie, in caso di ipotetica sottoposizione a tassazione per risarcimenti relativi alla perdita di beni avvenuta prima del 1988.

Il quesito di diritto è così formulato “se l’art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (..) impedisca l’applicazione retroattiva della L. n. 413 del 1991, art. 11 nella parte in cui tale norma sottoponga retroattivamente a tassazione anche i risarcimenti spettanti per la perdita di beni avvenuti in data anteriore al 31 dicembre 1988 (..).”.

7. – La questione posta al fondo del motivo è stata già da questa Corte negativamente risolta (v. da ultimo Cass. n. 14362/2011) a mezzo della prioritaria considerazione che l’art. 1 del protocollo addizionale richiamato (allegato alla convenzione cui è stata data esecuzione con L. 4 agosto 1955, n. 848) attiene alla necessità di rispettare il giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e il requisito della salvaguardia del diritto di proprietà, cui unicamente è rivolto.

L’art. 1 cit. riguarda, cioè, la disciplina delle fattispecie di ingerenza dell’ente pubblico sulla proprietà privata – e del quantum da corrispondere in caso di ablazione – mentre la L. n. 413 del 1991, art. 11 attiene al momento successivo dell’esercizio del potere impositivo dello Stato sui propri contribuenti, senza incidenza sugli aspetti sostanziali della vicenda espropriativa.

Una simile distinzione ben corrisponde a quanto evidenziato dalla Corte costituzionale a presidio dell’essere non irragionevole la tassazione delle plusvalenze derivanti da espropri o da atti (o fatti) equiparati (C. cost. n. 395/2002 (ord.)). Si è al riguardo osservato che il preteso effetto doppiamente espropriativo della tassazione dell’indennizzo (o, il che è lo stesso, del risarcimento) non è correttamente richiamato, dovendosi “distinguere gli aspetti fiscali da quelli sostanziali-indennitari con rigorosa delimitazione dei rispettivi ambiti di riferimento”, ed essendo la questione della congruità dell’indennizzo estranea all’area di operatività dell’art. 53 Cost., che qui unicamente rileva. E se, da un lato, l’individuazione degli indici di ricchezza e di capacità contributiva è rimessa alla discrezionalità del legislatore (v. tra le tante C. cost. 362/1995; 111/1997; 412/2000), dall’altro la nozione di reddito impone di far riferimento a ciò che, nei limiti della ragionevolezza, è dal legislatore qualificato come tale (C. cost. n. 410/1995; nonchè C. cost. n. 109/2002 (ord.)).

In ragione degli esposti rilievi anche l’ottavo motivo non merita consenso, non essendo l’assoggettamento a tassazione delle plusvalenze in contrasto, in parte qua, con l’art. 1 del ripetuto protocollo addizionale.

8. – In conclusione, il ricorso è rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta civile, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2011

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