Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2468 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. III, 04/02/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 04/02/2020), n.2468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21275-2016 proposto da:

S.S., domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE MUFFOLETTO;

– ricorrente –

contro

D.B.F.;

– intimato –

nonchè da:

D.B.F., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

SALVATORE DONATO MESSINA;

– ricorrente incidentale –

contro

S.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1046/2016 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 19/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/11/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

principale e incidentale, in subordine accoglimento del 1 e

assorbimento dell’incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Di.Bl.Fr. convenne in giudizio S.S. chiedendone la condanna al rilascio di un immobile.

In grado di appello Di.Bl.Fr. morì, e la domanda venne coltivata dal figlio D.B.F..

La domanda venne rigettata in primo grado e sorte analoga ebbe l’appello.

Sia la sentenza di primo grado, sia quella di appello, condannarono l’attore – poi appellante – alla rifusione delle spese.

2. Il 28 giugno 2013 S.S. intimò precetto a D.B.F. per il pagamento delle spese della suddetta lite, complessivamente indicate per il primo ed il secondo grado di giudizio in 4.962,58 Euro.

D.B.F. propose opposizione all’esecuzione dinanzi al Giudice di pace di Palermo, sostenendo che:

-) il precetto era stato a lui notificato “in proprio”, e non già “quale erede” di Di.Bl.Fr.;

-) egli tuttavia non aveva alcun debito “in proprio” nei confronti di S.S., in quanto aveva accettato con beneficio d’inventario l’eredità di Di.Bl.Fr.;

-) la circostanza che egli avesse riassunto e coltivato in grado di appello il giudizio concluso dalla sentenza posta a fondamento dell’esecuzione non costituiva accettazione tacita dell’eredità, nè decadenza dal beneficio d’inventario.

3. Con sentenza 16 maggio 2014 n. 1796 il Giudice di pace di Palermo rigettò l’opposizione.

Il Giudice di pace (secondo quanto riferito nel ricorso) rigettò l’opposizione sul presupposto che Di.Bl.Fr., allorchè proseguì il giudizio introdotto dal deceduto padre, lo fece “in proprio, senza specificare la propria qualità di accettante con beneficio d’inventario”.

4. La sentenza di primo grado venne appellata da D.B.F..

Con sentenza 19 febbraio 2016 n. 1046 il Tribunale di Palermo accolse

l’appello e annullò il precetto.

A fondamento della decisione il Tribunale pose le seguenti motivazioni:

-) il titolo esecutivo posto a fondamento dell’esecuzione era “la sentenza n. 1314/2010 della Corte d’appello di Palermo”;

-) la condanna al pagamento delle spese processuali contenute in tale sentenza era solo “in parte” un debito ereditario;

-) per l’esattezza, costituivano un debito ereditario le spese di lite relative alla fase del giudizio in cui era stata parte della persona deceduta; mentre le spese di lite relative alla fase successiva alla riassunzione del processo, costituivano un debito proprio di D.B.F.;

-) il precetto era tuttavia nullo sia con riferimento alla prima aliquota di spese, sia con riferimento alla seconda;

-) per le spese relative alla fase processuale anteriore alla morte di Di.Bl.Fr., il precetto era nullo perchè non distingueva tra “la quota parte di spese riferibile al debitore, e la quota costituente debito ereditario”;

-) per le spese concernenti la fase processuale successiva alla riassunzione del giudizio, il precetto era nullo perchè “non è possibile procedere a scorporare dalle somme ingiunte l’importo riferibile alla fase successiva alla riassunzione”.

5. Tale sentenza è impugnata per cassazione da S.S., con ricorso fondato su due motivi.

Resiste D.B.F. e propone ricorso incidentale fondato su due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Inammissibilità del ricorso principale.

1.1. E’ superfluo dar conto dei motivi del ricorso principale, in quanto quest’ultimo è inammissibile per tardività.

La sentenza d’appello è stata infatti depositata il 19.2.2016, mentre il ricorso per cassazione è stato proposto con atto consegnato per la notifica il 12.9.2016, e quindi oltre il semestre previsto dall’art. 327 c.p.c..

V’è solo da aggiungere che il presente giudizio di opposizione all’esecuzione, iniziato nel 2013, è soggetto alle previsioni dell’art. 327 c.p.c., come novellato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17, in vigore dal 4.7.2009, che ha ridotto da 12 a 6 mesi il termine c.d. “lungo” per l’impugnazione; e che al presente giudizio, avente ad oggetto una opposizione all’esecuzione, non s’applica la sospensione dei termini feriali, ai sensi della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 3.

2. Inefficacia del ricorso incidentale.

21. Il ricorso incidentale è stato notificato il 10.10.2016: si tratta, dunque, d’un ricorso incidentale tardivo, il quale ai sensi dell’art. 334 c.p.c., va dichiarato inefficace, nel caso di inammissibilità del ricorso principale.

3. Le spese.

3.1. Reputa il collegio che le spese del presente giudizio di legittimità vadano compensate integralmente tra le parti.

Ferma, infatti, l’inammissibilità del ricorso principale, v’è da rilevare che se si fosse potuto esaminare nel merito il ricorso incidentale, questo si sarebbe dovuto dichiarare inammissibile per difetto di specificità, ai sensi dell’artt. 366 c.p.c., nn. 3 e 6.

Il ricorrente incidentale, infatti, ha sostenuto che “le motivazioni sottostanti la pronuncia (d’appello) non sono tali da considerarsi piena vittoria poichè non tengono conto delle doglianze eccepite in sede di appello, sulle quali il Tribunale non si è pronunciato”. In particolare il ricorrente incidentale ha sostenuto che il Tribunale abbia errato nel ritenere che le spese di lite, sia anteriori che successive all’interruzione e riassunzione del giudizio presupposto, fossero “imputabili all’erede, in quanto erede e nella sua posizione di erede e non già in proprio per la parte successiva alla morte”.

Tuttavia il ricorrente incidentale non ha correttamente evidenziato quale possa essere il suo interesse a ricorrere, dal momento che non ha ritenuto di precisare – a distanza di oltre dieci anni, quanti ne sono intercorsi tra la morte di Di.Bl.Fr. e l’introduzione del ricorso per cassazione – quale esito abbia avuto la procedura di accettazione dell’eredità beneficiata.

3.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di Cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso principale;

(-) dichiara inefficace il ricorso incidentale;

(-) compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di S.S. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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