Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24678 del 02/12/2016


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Cassazione civile sez. lav., 02/12/2016, (ud. 05/10/2016, dep. 02/12/2016), n.24678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1870-2011 proposto da:

A.G. C E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 2 SCALA B INT. 3, presso lo studio dell’avvocato BONANNI

EZIO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA POLLI, ALESSANDRO DI MEGLIO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5689/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/07/2010 r.g.n. 9406/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2016 dal Consigliere Dott. DORONZO ADRIANA;

udito l’Avvocato BONANNI EZIO;

udito l’Avvocato PREDEN SERGIO per delega verbale Avvocato RICCI

MAURO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO CARMELO, che ha concluso per: cessazione della materia del

contendere.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza pubblicata l’8 luglio 2010 la Corte di Appello di Roma ha rigettato l’impugnazione proposta da A.G. contro la sentenza del Tribunale di Latina, che aveva rigettato la domanda dell’appellante, avente ad oggetto il diritto al riconoscimento dei benefici e delle maggiorazioni previdenziali previsti per gli ex combattenti, profughi e categorie assimilate, ai sensi della L. 15 aprile 1985, n. 140, L. 24 aprile 1970, n. 336, art. 6, e L. 29 dicembre 1988, n. 544, art. 1, art. 6, con la condanna dell’Inps al relativo pagamento.

2. A.G. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi, cui resiste l’Inps con controricorso. Nella memoria difensiva ex art. 378 c.p.c., la A. dà atto che la sentenza impugnata è stata revocata dalla Corte d’appello di Roma con sentenza pubblicata il 13/5/2014, in seguito a ricorso per revocazione da lei proposto, e che contestualmente è stata accolta la sua domanda. Chiede pertanto che sia dichiarata cessata tra le parti la materia del contendere, con la condanna dell’Inps al pagamento delle spese processuali. L’Inps concorda sulla sola richiesta di cessazione della materia del contendere, non anche sulle spese.

3. Il collegio autorizza, come da decreto del Primo presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In ragione della sentenza di revocazione, emessa dalla Corte d’appello di Roma sul ricorso della odierna ricorrente e pubblicata in data 13/5/2014, deve dichiararsi cessata tra le parti la materia del contendere.

2. Permane tuttavia il contrasto tra le parti sul regolamento delle spese del giudizio di cassazione, il che impone al collegio di delibare il fondamento del ricorso per regolare le spese secondo il principio della soccombenza virtuale.

3. Il primo motivo di ricorso è fondato sulla violazione degli artt. 83, 125, 414, 416 e 112 c.p.c., nonchè sulla omessa pronuncia e si lamenta che la corte non avrebbe pronunciato sulla eccezione di nullità della costituzione dell’Inps per il mancato deposito della procura.

4. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112, nonchè il vizio di omessa pronuncia su tutti i motivi dell’appello, rilevando che la Corte aveva provveduto solo su quello relativo alla violazione di legge.

5. Il terzo motivo è anch’esso fondato sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. sotto il profilo del vizio di extra petizione, sul presupposto che la Corte aveva posto a fondamento della sua decisione fatti e circostanze mai allegate. In particolare, la circostanza di fatto secondo cui essa ricorrente sarebbe stata rimpatriata in Italia della Libia il 18/6/1970 per eventi non provocati direttamente dalla guerra o dal trattato di pace era smentito dai documenti in atti.

6. Il quarto motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè l’omesso esame di documenti relativi a fatti decisivi della controversia, già illustrati nel terzo motivo, e riguardanti i documenti che, ove fossero stati esaminati, avrebbero escluso la decisiva circostanza del rimpatrio in Italia successivo all’agosto del 1969.

7. Il quinto motivo ha ad oggetto la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115, 421, 437 e 445 c.p.c. e l’omessa motivazione in ordine alla mancata ammissione dei mezzi di prova richiesti fin dal giudizio di primo grado e reiterati in appello in funzione della loro essenzialità ai fini dell’accertamento della verità.

8. Il primo motivo sarebbe stato dichiarato inammissibile, per l’evidente difetto di interesse. La decisione della Corte si fonda su un’unica ragione, ritenuta assorbente, costituita dall’interpretazione della L. del 1970, n. 336 – quest’ultima non oggetto di censura da parte della ricorrente – e dalla sua inapplicabilità al caso concreto in mancanza, nella ricorrente, della qualità di profugo di guerra idonea a legittimare il riconoscimento dei benefici previsti per gli ex combattenti. La sentenza non è fondata su eccezioni e/o prove offerte dall’INPS, nè la causa è stata decisa sulla base delle regole in tema di onere probatorio, sicchè anche la questione relativa alla non contestazione è eccentrica rispetto alle ragioni della decisione. Il mancato esame degli altri motivi di ricorso, di cui la parte si duole nel secondo motivo, è conseguente alla ratio decidendi della Corte la quale, dopo aver escluso che la ricorrente potesse essere considerata come una profuga di guerra, ha evidentemente ritenuto irrilevanti tutti gli altri motivi di appello riguardanti la mancata ammissione e l’esatta valutazione delle prove.

9. Il terzo ed il quarto motivo (con conseguente assorbimento del secondo e del quinto), che per l’evidente connessione che li lega sarebbero stati trattati congiuntamente, sono parimenti inammissibili perchè con essi la parte sostanzialmente prospetta un errore revocatorio della Corte d’appello di Roma.

10. La Corte ha infatti deciso senza tener conto della documentazione prodotta dalla ricorrente da cui emergeva inequivocabilmente che il rimpatrio della sua famiglia era avvenuto nel 1942, ovvero sette mesi prima della nascita della stessa ricorrente: la decisione fondata sulla circostanza, smentita dei documenti in atti, che invece il rimpatrio era avvenuto dopo l’agosto del 1969 è evidentemente frutto di un errore percettivo, avendo la Corte ritenuto esistente un fatto inequivocabilmente escluso dagli atti di causa. Così, peraltro, si è espressa la Corte d’appello di Roma nella sentenza di revocazione.

11. La sentenza impugnata è dunque frutto di un travisamento dei fatti, ossia di un errore revocatorio, da rimuoversi a mezzo dello specifico strumento di impugnazione disciplinato dall’art. 395 c.p.c., come peraltro correttamente ha fatto la parte, rimanendo esclusa la possibilità di avvalersi del ricorso per cassazione (cfr. Cass. 20 dicembre 2011, n. 27555; Cass. 14/03/2006, n. 5450).

12. Conseguentemente, ove non fosse cessata tra le parti la materia del contendere, il presente ricorso sarebbe stato dichiarato inammissibile, con conseguente applicazione del principio della soccombenza per la regolamentazione delle spese del giudizio. Tuttavia, poichè la parte ha reso l’autodichiarazione prevista dall’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato testo dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, convertito in L. n. 326 del 2003, ed applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso introduttivo della lite depositato in data 2 agosto 2006, nessun provvedimento sulle spese deve essere adottato.

P.Q.M.

La Corte dichiara cessata tra le parti la materia del contendere. Nulla per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2016

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