Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24675 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. III, 05/11/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 05/11/2020), n.24675

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 30833/19 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato a Modena, v. Nonantolana

n. 192, presso l’avvocato Chiara Busani, che lo difende in virtù di

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna 8.4.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’8 luglio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.S., cittadino pakistano, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese poichè, in quanto aderente ad un partito attualmente all’opposizione, sia prima che dopo le elezioni politiche del 2011 era stato fatto oggetto di persecuzione ed aggressioni da parte di alcuni esponenti locali dell’avverso partito attualmente al governo.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento M.S. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Bologna, che la rigettò con ordinanza 29.4.2017.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna con sentenza 8.4.2019.

Quest’ultima ritenne che:

-) correttamente il tribunale ritenne non attendibile il richiedente asilo, dal momento che questi non aveva tempestivamente presentato la domanda di protezione, non aveva compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare tale domanda, aveva narrato un racconto estremamente generico e contraddittorio;

-) di conseguenza non sussisteva il diritto al riconoscimento dello status di rifugiato, perchè non poteva ritenersi dimostrata alcuna persecuzione in danno dell’odierno ricorrente;

-) per la medesima ragione non spettava la protezione sussidiaria, con riferimento alle ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

-) in ogni caso, con autonoma ratio decidendi, la Corte d’appello ha aggiunto che anche a volere ritenere attendibile il racconto del richiedente asilo, in tale racconto non erano ravvisabili i presupposti per il rilascio della protezione sussidiaria di cui alle lett. a) e b) di cui alla norma appena citata;

-) non spettava la protezione sussidiaria con riferimento all’ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), poichè nel Punjab, regione di provenienza dell’odierno ricorrente, non era in atto una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, citando a tal riguardo un rapporto EASO del 2017;

-) non spettava, infine, il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, perchè l’appellante non aveva “neppure prospettato alla corte specifici elementi di vulnerabilità individuale”; non aveva neppure allegato l’esistenza di un serio percorso di integrazione paese di accoglienza; e comunque pur trovandosi in Italia da quattro anni non aveva imparato “neanche le linee fondamentali” della lingua italiana, nè trovato una stabile occupazione;

-) infine, la corte d’appello ha osservato che l’infezione da HCV, da cui era affetto l’appellante, non era tale da essere ostativa al rimpatrio, e comunque l’organizzazione mondiale della sanità in Pakistan aveva avviato uno speciale programma pubblico di trattamento della infezione da HCV facilmente accessibile e largamente diffuso.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da M.S. con ricorso fondato su due motivi. Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto inattendibile il racconto da lui narrato a fondamento della richiesta di protezione internazionale.

Nella illustrazione del motivo, dopo aver premesso i principi che regolano la materia, il ricorrente sostiene che la corte d’appello avrebbe errato sia nel ritenere che egli non avesse compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la prima domanda; sia nel ritenere incoerenti le sue affermazioni; sia nel non valutare compiutamente tutti gli elementi da lui dedotti (che il ricorso non indica analiticamente).

1.1. Il motivo è inammissibile.

La corte d’appello ha dedicato una ampia ed approfondita motivazione per indicare le ragioni per le quali il ricorrente non era attendibile, rispettosa dei criteri di valutazione dell’attendibilità del richiedente di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. Sicchè, una volta rispettati dal giudice di merito i suddetti criteri, lo stabilire nel merito se una persona sia attendibile od inattendibile è un apprezzamento di fatto, non una valutazione in diritto: ed in quanto tale sfugge al sindacato di questa Corte.

Infatti il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, consente al giudice della protezione internazionale di considerare veri anche fatti non provati, in deroga al generale principio di cui all’art. 2697 c.c., quando ritenga che il richiedente abbia compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; non abbia potuto fornire ulteriori prove senza colpa; abbia reso dichiarazioni plausibili, non contraddittorie e non contraddette ab externo; ha presentato la domanda di protezione il prima possibile; si presenti come attendibile.

Tale norma contiene un periodo ipotetico la cui pròtasi (“se l’autorità competente ritiene che”) rende palese che il legislatore, con essa, non ha affatto stabilito cosa il giudicante debba decidere (nè, del resto, avrebbe potuto farlo, alla luce dell’art. 101 Cost., comma 2), ma ha stabilito invece come debba essere adottata la decisione di cui si discorre: cioè con quale iter logico e sulla base di quali accertamenti. Ne consegue che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, non potrà dirsi violato sol perchè il giudice di merito abbia ritenuto inattendibile un racconto od inveritiero un fatto; quella norma potrà dirsi violata solo se il giudice, nel decidere sulla domanda di protezione, non compia gli accertamenti ivi previsti. Per contro, lo stabilire se la narrazione, fatta dall’interessato, delle circostanze che giustificano la concessione della protezione internazionale od il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, sia stata verosimile e credibile oppur no, non costituisce una valutazione di diritto, ma è un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità (Sez. 1 -, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27503 del 30/10/2018, Rv. 651361 – 01).

2. Col secondo motivo il ricorrente impugna il rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Sostiene che a tal riguardo la corte d’appello avrebbe commesso due errori.

Il primo errore sarebbe consistito nel trascurare di considerare che la regione donde lui proviene è una regione “fortemente instabile, sì da render equiparabile ad una situazione di conflitto armato interno”.

Il secondo errore sarebbe consistito nel trascurare di considerare che egli si trova in “una evidentissima situazione di particolare vulnerabilità”, derivante dalle seguenti circostanze: ha lasciato il proprio paese da otto anni senza farvi ritorno; non ha in patria “figure che possono fornire di un effettivo supporto economico”; la sua situazione di “grave fragilità psicologica e fisica”; il suo avvenuto inserimento in. Italia, dove lavora ed è “perfettamente in grado di padroneggiare la lingua italiana”.

2.1. Il motivo è inammissibile in ambedue le censure in cui si articola. Quanto alla prima censura rileva questa Corte che il ricorrente, in violazione del precetto di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, non indica perchè mai il rapporto EASO citato dalla corte d’appello non sarebbe attendibile, e da quali diverse fonti risulti tale inattendibilità.

Quanto alla seconda censura, essa è puramente assertiva, in quanto il ricorrente si limita a negare la verità di quanto ritenuto dalla Corte d’appello (e cioè che egli non ha conseguito nessun inserimento sociale, e non ha alcuna padronanza della lingua italiana), senza indicare donde risulterebbe il contrario.

Ovviamente irricevibili, a tal riguardo, sono i documenti depositati unitamente al ricorso per cassazione, non essendo consentito nel giudizio di legittimità depositare documenti nuovi, eccezion fatta per quelli di cui all’art. 372 c.p.c..

3. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio dell’amministrazione.

Il rigetto del ricorso comporta l’obbligo del pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), se dovuto.

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

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