Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24673 del 02/12/2016


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Cassazione civile sez. lav., 02/12/2016, (ud. 22/09/2016, dep. 02/12/2016), n.24673

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10116-2012 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), quale successore ex lege dell’I.N.P.D.A.P., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati DARIO

MARINUZZI, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

e

S.S., MINISTERO DELLA SALUTE C.F. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 526/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 06/05/2011 R.G.N. 528/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2016 dal Consigliere Dott. TRICOMI IRENE;

udito l’Avvocato MARINUZZI DARIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza n. 526 del 2011, depositata il 6 maggio 2011, la Corte d’Appello di Firenze respingeva l’impugnazione proposta dall’INPDAP, nei confronti di S.S. e del Ministero della salute, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Livorno n. 1039/2008, con la quale, in accoglimento della domanda del lavoratore era stato riconosciuto allo stesso il diritto a che l’indennità di specificità medica, da questi goduta nel corso dell’attività lavorativa quale dirigente veterinario alle dipendenze del Ministero della salute, entrasse a far parte della base di calcolo dell’indennità di buonuscita, con la condanna dell’INPDAP al pagamento delle differenze derivanti dal ricalcolo delle stesse, con accessori dalla data del collocamento a riposo.

La Corte d’Appello attribuiva rilievo ad un prospetto prodotto dal lavoratore e proveniente dal Ministero salute, pervenuto all’INPDAP il 26 gennaio 2009, sostitutivo espressamente di quello precedente del 30 marzo 2005, nel quale l’indennità in questione veniva indicata quale elemento della retribuzione utile al calcolo dell’indennità di buonuscita.

Faceva, altresì, riferimento all’art. 8 del CCNL 30 settembre 1997 per la dirigenza comparto ministero, che faceva rientrare la suddetta indennità nella retribuzione, e dunque con carattere fisso e non occasionale, per cui, ai sensi dell’art. 2120 c.c., la stessa andava computata nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita.

Detta indennità sarebbe stata, comunque, compresa anche nella base contributiva D.P.R. N. 1032 del 1973, ex art. 38.

3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre l’INPS quale successore INPDAP, prospettando un motivo di impugnazione.

4. Al lavoratore, assistito in appello dagli avv.ti Gambacciani e Cecchi, il ricorso è stato notificato, a mezzo posta, presso lo studio dell’avv. Cecchi. Il lavoratore è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1083 del 1973, artt. 3 e 38, dell’art. 2010 c.c., dell’art. 8 del CCNL del 30 settembre 1997, integrativo del CCNL 9 gennaio 1997.

2. Assume il ricorrente che al lavoratore doveva applicarsi la disciplina di cui al D.P.R. n. 1032 del 1973 e non l’art. 2010 c.c., in quanto si è in presenza di un trattamento di fine servizio. Pertanto, solo lo stipendio base, nonchè gli emolumenti previsto dall’art. 38 del suddetto D.P.R., sono utili ai fini della base di calcolo della indennità di buonuscita e non, al contrario, l’indennità invocata dal lavoratore nel giudizio di primo grado.

Quest’ultima è una voce aggiuntiva rispetto a quelle normativamente valutabili ai fini del calcolo della indennità di buonuscita. Nè tale computabilità può essere stabilita dal contratto collettivo.

In ragione della erroneità della sentenza di appello il ricorrente chiedeva che nessuna spesa di lite fosse posta a proprio carico.

3. Il motivo è fondato e deve esser accolto in ragione dei principi di diritto già affermati da questa Corte, ai quali si intende dare continuità (Cass., n. 17768 del 2011, n. 709 del 2012 n. 17891 del 2015, Cass., S.U., n. 14 del 2007), atteso che non risulta che il lavoratore sia stato assunto dopo il 1 gennaio 1996.

In particolare, questa Corte con la sentenza n. 17768 del 2011 ha affermato che i trattamenti di fine servizio possono essere regolati secondo le disposizioni del codice civile, con conseguente superamento della struttura previdenziale dei trattamenti contemplati dalla disciplina pubblicistica solo per i lavoratori assunti a partire dal 1 gennaio 1996. Pertanto solo in questi termini l’indennità di specificità medica può concorrere a determinare la base del calcolo dell’indennità di buonuscita.

4. Come già affermato nella citata sentenza, il D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, nell’individuare la base contributiva di calcolo dell’indennità di buonuscita, fa espresso riferimento alle retribuzioni annue, nonchè a specifiche indennità ed assegni previste da varie norme di legge (comma 1), prevedendo poi che concorrono altresì a costituire la base contributiva gli assegni e le indennità previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale (comma 2).

Deve, altresì, rilevarsi che la L. n. 335 del 1995, art. 2, ha previsto che: “Per i lavoratori assunti dal 1 gennaio 1996 alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 1, i trattamenti di fine servizio, comunque denominati, sono regolati in base a quanto previsto dall’art. 2120 c.c., in materia di trattamento di fine rapporto” (comma 5); “La contrattazione collettiva nazionale in conformità alle disposizioni del Titolo 3, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, definisce, nell’ambito dei singoli comparti, entro il 30 novembre 1995, le modalità di attuazione di quanto previsto dal comma 5, con riferimento ai conseguenti adeguamenti della struttura retribuiva e contributiva del personale di cui al medesimo comma…” (comma 6); “La contrattazione collettiva nazionale, nell’ambito dei singoli comparti, definisce, altresì, ai sensi del comma 6, le modalità per l’applicazione, nei confronti dei lavoratori già occupati alla data del 31 dicembre 1995, della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto (…)” (comma 7).

Pertanto, solo per i lavoratori assunti a partire dal 1 gennaio 1996 è previsto che i trattamenti di fine servizio siano regolati secondo le disposizioni del codice civile, con conseguente superamento della struttura previdenziale dei trattamenti contemplati dalla disciplina pubblicistica; per contro, in relazione ai lavoratori già in servizio al 31.12.1995 è demandata alla contrattazione collettiva soltanto la definizione delle modalità applicative della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto.

Deve poi tenersi conto che, a mente del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72, comma 3, ora trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 2, “In attesa di una nuova regolamentazione contrattuale della materia, resta ferma per i dipendenti di cui all’art. 2, comma 2, la disciplina vigente in materia di trattamento di fine rapporto”.

Osserva il Collegio che la locuzione “nuova regolamentazione contrattuale della materia”, siccome destinata al superamento della previgente disciplina, va riferita ad un intervento di complessiva modifica del quadro normativo concernente il trattamento di fine rapporto e non già a meri interventi su punti specifici della disciplina previgente e, per quanto qui particolarmente rileva, all’inclusione di specifiche voci retributive nella base di calcolo della indennità di buonuscita.

Ne consegue che, attesa l’inderogabilità della normativa previdenziale, nel cui ambito rientra l’indennità di buonuscita (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 14/2007), deve escludersi che l’autonomia individuale o collettiva, in difetto di specifiche disposizioni in tal senso e giusta l’inequivoco tenore del surricordato D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, possa introdurre specifiche modificazioni alla relativa disciplina legale; quindi, in particolare, la contrattazione collettiva non può interferire in ordine all’inclusione di ulteriori elementi retributivi nella base di computo dell’indennità di buonuscita.

5. Erroneamente, quindi, la Corte d’Appello ha ritenuto che la contrattazione collettiva di per sè, potesse integrare la retribuzione ai fini della base di calcolo dell’indennità di buonuscita, ai sensi dell’art. 2010 c.c., atteso che, solo per i lavoratori assunti dal 1 gennaio 1996 è previsto che i trattamenti di fine servizio siano regolati secondo le disposizioni del codice civile.

Nè può assumere rilievo, in ragione dell’inderogabilità del citato art. 38, la documentazione amministrativa richiamata in sentenza.

6. Il ricorso va accolto. La sentenza impugnata, va cassata non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito, rigetta la domanda.

7. Quanto alle spese di giudizio rileva il Collegio che le stesse devono essere compensate per l’intero processo tenuto conto dell’epoca del consolidarsi dell’orientamento di questa Corte in materia.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda. Compensa le spese dell’intero processo tra le parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2016

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