Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24671 del 19/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/10/2017, (ud. 13/09/2017, dep.19/10/2017),  n. 24671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20952/2016 R.G. proposto da:

A.O., da considerarsi, in difetto di elezione in Roma,

domiciliato per legge ivi presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCO VERDE;

– ricorrente –

contro

M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 946/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/03/2016;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 13/09/2017 dal Consigliere Dott. DE STEFANO Franco.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

A.O. ricorre, affidandosi a quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 946 del 07/03/2016 della Corte di appello di Napoli, con cui, in riforma della sentenza di primo grado che l’aveva accolta solo quanto ad alcune delle ragioni di credito contestate, è stata infine per intero rigettata l’opposizione da lei dispiegata al precetto notificatole da M.A., basato su due sentenze (nn. 1283/03 e 7792/01) ed un decreto ingiuntivo (n. 6766/92) del tribunale di quella Città, con condanna dell’opponente alle spese del doppio grado di lite;

l’intimato non espleta attività difensiva in questa sede;

è formulata proposta di definizione – per inammissibilità – in camera di consiglio ex art. 380 – bis c.p.c., comma 1, come modif. dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

non sono depositate memorie ai sensi del medesimo art. 380-bis, comma 2, ultima parte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

il Collegio ha disposto redigersi la motivazione in forma semplificata;

in primo luogo, non vi è prova del fatto che il ricorso sia stato tempestivamente notificato alla controparte: quanto all’atto spedito per la notifica il 02/08/2016, l’ufficiale giudiziario incaricato delle relative operazioni riferisce in data 05/08/2016 che il destinatario avv. Massimo Paolillo risulta trasferito altrove; ed agli atti a disposizione del Collegio non vi è altra traccia nè della non colpevolezza di tale evento, nè – soprattutto – della ripresa delle operazioni del procedimento notificatorio in tempo immediatamente successivo o, comunque, entro il breve termine che le Sezioni Unite di questa Corte ritengono fruibile (salva la rigorosa prova della necessità di un ancora maggior tempo);

in secondo luogo, ciascuno dei motivi è inammissibile, di per sè considerato;

col primo motivo la ricorrente denuncia contemporaneamente “omessa e comunque insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” ed “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, rimarcando la correttezza della sentenza di primo grado e ritenendo affetto da nullità per indeterminatezza dell’oggetto un atto di cessione che si reputasse univocamente riferito ad un credito in virtù dell’identificazione di un numero di r.g. di un procedimento: ma tanto comporta la contestazione dell’esito di un’attività di interpretazione di atti ed elementi sottoposti al giudizio della corte di merito e non integra allora, con ogni evidenza, alcuno di quei vizi di motivazione dalla gravità sola a rilevare dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come elaborato da questa Corte a partire dalle sentenze a Sezioni Unite nn. 8053 e 8054 del 2014;

col secondo motivo la ricorrente denuncia in modo articolato un vizio di interpretazione del contratto ed un vizio motivazionale: ma il mezzo di censura è anch’esso inammissibile, perchè la motivazione è tutt’altro che mancante, visto che si appunta su alcuni aspetti, benchè formali ed estrinseci, degli atti esaminati per ricostruire il contenuto dell’atto di cessione; e resta apodittica la asserzione della corrispondenza dell’interpretazione sostenuta dalla ricorrente all’interesse delle parti, neppure risultando adeguatamente indicato quale sia il concreto e specifico errore di applicazione della norma di ermeneutica contrattuale che avrebbe compiuto la corte territoriale (limitandosi la ricorrente a predicare di averlo illustrato, ma senza farlo in ricorso: v. ultimo periodo della narrativa del secondo motivo di questo); col terzo motivo la ricorrente si duole di violazione dell’art. 342 c.p.c., ma, benchè la questione sia stata rimessa alle Sezioni Unite per la delimitazione dell’esatto ambito di operatività della riforma di tale norma, comunque in questa sede resta recluso l’esame della relativa censura, non avendo la ricorrente stessa riportato in ricorso il tenore testuale dell’atto di appello, onde permettere a questa Corte di apprezzare che quello non rispettasse in alcun modo – e cioè sotto l’angolo visuale di nessuna delle ipotesi ricostruttive della norma processuale – l’invocato art. 342 c.p.c.;

col quarto motivo la ricorrente adduce “violazione e falsa applicazione… degli artt. 1343,1344,2033,2036 e 2041 c.c.”, riproponendo, “in termini di giustizia sostanziale”, le tesi già sostenute nel giudizio di appello, tra cui quelle in merito all’identità della causa di pagamento sottesa ai titoli fondanti la pretesa esecutiva ridondante in un’indebita duplicazione della pretesa creditoria, al difetto di legittimazione del cessionario dei crediti della Edisole srl, ceduti al fratello del rappresentante legale della stessa nel periodo tra il fallimento e la liquidazione della società al solo scopo di sottrarre massa attiva ai creditori, alla nullità rilevabile d’ufficio della cessione avvenuta in frode alla legge, oltre che ai creditori, all’erroneità dei calcoli relativi agli interessi e all’inesistenza delle voci inserite nel precetto: ma si tratta, con ogni evidenza, di censura non in regola con il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, (su cui, tra innumerevoli: Cass. ord. 26/08/2014, n. 18218; Cass. ord. 16/03/2012, n. 4220; Cass. 01/02/1995, n. 1161; Cass. 12/06/2002, n. 8388; Cass. 21/10/2003, n. 15751; Cass. 31/05/2006, n. 12984; Cass. ord. 30/07/2010, n. 17915, resa anche ai sensi dell’art. 360 – bis c.p.c., n. 1; Cass. 31/07/2012, n. 13677; ancora: Cass. Sez. U. 04/04/2016, n. 6451; Cass. Sez. U., 01/07/2016, n. 13532; Cass. Sez. U., 04/02/2016, n. 2198), essendo formulata semplicemente con espresso rinvio a quanto dedotto nel giudizio di appello;

in terzo luogo, neppure risulta adeguatamente impugnata la ratio decidendi della gravata sentenza sulla preclusione di ogni contestazione ulteriore derivante dalla proposizione delle relative questioni in precedenti giudizi (v. inizio di pag. 6 della gravata sentenza);

il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, ma non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, per non avervi svolto l’intimato – del quale oltretutto non vi è prova di rituale coinvolgimento in questa sede – attività difensiva;

non può che darsi atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017

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