Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24671 del 08/10/2018

Cassazione civile sez. un., 08/10/2018, (ud. 16/01/2018, dep. 08/10/2018), n.24671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25993-2016 proposto da:

A.M., nella qualità di erede legittima e titolare della

pensione di reversibilità del marito D.M.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio

dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentata e difesa dall’avvocato

FILIBERTO MORELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, DIRETTORE DELLA (OMISSIS)^ DIVISIONE PER IL

PERSONALE MILITARE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1438/2016 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 13/04/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/01/2018 dal Consigliere GIUSEPPE BRONZINI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. GIACALONE GIOVANNI, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso;

udito l’Avvocato Filiberto Morelli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza del 13.4.2016 il Consiglio di Stato rigettava l’appello proposto avverso la sentenza del TAR per la Puglia del 4 luglio 2015 che aveva dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, spettando questa alla Corte dei Conti, il ricorso in ottemperanza proposto da A.M. per chiedere la nullità del decreto di pensione per non avere inserito nella base pensionabile lo stipendio di capitano di vascello anzichè quello di capitano di corvetta come accertato con sentenza del TAR per la Puglia del 20 dicembre 2002 passata in cosa giudicata nel 2007. Il Consiglio di Stato rilevava che effettivamente il TAR per la Puglia con la sentenza del 2002 aveva riconosciuto al dante causa della ricorrente, capitano di corvetta della Marina militare collocato in ausiliaria, il diritto all’aggiornamento dell’indennità di ausiliaria percepita equiparando l’ausiliaria al servizio attivo ai fini del raggiungimento dell’anzianità prevista per legge; il Ministero della Difesa, nel determinare il trattamento di quiescenza, aveva preso in considerazione lo stipendio di capitano di corvetta e non quello di capitano di vascello sicchè la ricorrente, quale erede del D’Amato, aveva ritenuto violato il giudicato ed aveva adito il G.A. chiedendo l’annullamento del decreto di pensione. Il TAR adito aveva dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione in quanto, sulla base del petitum sostanziale, si trattava di controversia in materia pensionistica insorta quando il ricorrente era già in quiescenza. La tesi avanzata dal ricorrente per cui la particolarità della fattispecie, rispetto alla giurisprudenza anche amministrativa per cui rientra nella giurisdizione della Corte dei Conti la domanda con cui l’interessato ormai a riposo contesti i criteri di valutazione dei compensi già percepiti nel rapporto lavorativo, consisterebbe nell’avvenuta violazione del giudicato amministrativo non poteva, per la sentenza impugnata in questa sede, essere accolta sotto diversi profili. In primo luogo perchè con il giudicato del 2002 era stato esclusivamente riconosciuto il diritto all’aggiornamento dell’indennità di ausiliaria ma il TAR per la Puglia non si era, neppure indirettamente, pronunciato sullo stipendio stipendio o su questioni di natura previdenziale. Inoltre era applicabile il principio fissato dalla Corte di cassazione a Sezioni unite con la sentenza 20 2006 n. 27187 per cui le controversie relative alla determinazione del trattamento dei lavoratori in quiescenza, in quanto finalizzate ad ottenere un incremento della misura della pensione, appartengono alla giurisdizione della Corte dei Conti ed il criterio distintivo va individuato in base al petitum sostanziale, pronunciata proprio in una controversia per ottenere l’inclusione dell’indennità di ausiliaria nel ricalcolo della pensione da parte di soggetto già in quiescenza. Infine l’ampio spettro riconosciuto al giudizio di ottemperanza trova comunque un limite esterno nel riparto tra le giurisdizioni, canone di rilievo costituzionale. Come non è possibile ormai pacificamente, alla luce del pronunciamento del Consiglio di stato ad. plen. 15 gennaio 2013, n. 2, il ricorso in ottemperanza per dare esecuzione alle sentenze della Corte dei Conti, analogamente tale ricorso non può essere utilizzato per contestare un provvedimento come un decreto di pensione la cui cognizione rientra nella giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti.

2. Per la cassazione interpone ricorso l’ A. con un motivo; le parti intimate non si sono costituite. Parte ricorrente ha depositato memoria difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il motivo proposto si allega la violazione del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, n. 5 e del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 114, lett. b). Con la sentenza del 2002 del TAR per la Puglia si era riconosciuto il diritto alla omogeneizzazione stipendiale al grado superiore di Capitano di Vascello; tale diritto alla omogeneizzazione stipendiale imponeva al Ministero della Difesa – in ossequio agli obblighi conformativi gravanti sulla P.A. – di attenersi nello svolgimento dell’attività amministrativa successiva alle coordinate fissate dal detto giudicato e quindi ad includere nella base pensionabile lo stipendio di Capitano di Vascello che la sentenza del 2002 aveva definitivamente stabilito spettante al ricorrente; pertanto la domanda concernente la non corretta determinazione del trattamento pensionistico non era estranea all’attribuzione giurisdizionale del Giudice amministrativo e non era pertinente la sentenza della Corte di cassazione a Sezioni unite richiamata dal Consiglio di Stato perchè nel presente giudizio si era posto un diverso problema di ottemperanza al giudicato da parte di una Amministrazione.

4) Il motivo non appare fondato e pertanto va rigettato. La stessa parte ricorrente non contesta il principio affermato nella sentenza di questa Corte a Sezioni unite (20 dicembre 2006, n. 27187 proprio in una fattispecie relativa alla domanda proposta da Ufficiali di Marina concernente il ricalcolo della pensione con l’inclusione nel trattamento pensionistico dell’indennità di ausiliaria, per cui le domande per ottenere un incremento della misura della pensione appartengono alla giurisdizione della Corte dei Conti ed il criterio distintivo va individuato in base al petitum sostanziale. Pertanto la domanda di dichiarazione di nullità del decreto di pensione da parte di soggetto già in trattamento di quiescenza in via generale andava proposta avanti alla Corte dei Conti cui spetta la giurisdizione alla luce dell’orientamento consolidato dello giurisprudenza di legittimità; questa Corte più recentemente ha ribadito che “la giurisdizione della predetta Corte dei Conti in materia di pensioni attiene al contenuto dei provvedimenti che concedono, rifiutano o riducono la pensione, ledendo il diritto dell’ex dipendente in ordine all’an ed al quantum di essa, ed ha quindi per oggetto ogni questione relativa agli elementi formativi del diritto alla pensione e alle condizioni che determinano il diritto stesso in relazione all’ammontare dell’assegno pensionistico, ivi comprese le questioni in ordine agli emolumenti integrativi e agli assegni accessori, ancorchè la decisione sulla pensionabilità di uno di detti assegni, percepiti in attività di servizio, implichi un’indagine sul contenuto degli atti amministrativi attributivi dell’assegno medesimo, non influendo tale indagine sul pregresso rapporto di pubblico impiego (devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se anteriore al 30 giugno 1998), ma solo sul trattamento pensionistico” (Cass. Sez. un. 20 giugno 2012, n. 10131 citata nella sentenza impugnata in questa sede). Ora la tesi di parte ricorrente per la quale questa controversia si sottrarrebbe alla sfera applicativa di questo orientamento, che si condivide e cui si intende dare continuità, perchè la ricorrente aveva agito per ottemperanza appare infondata in primo luogo perchè comunque a monte, come rileva il Consiglio di Stato, non vi è stato alcun accertamento di natura previdenziale e nemmeno indirettamente sullo stipendio spettante ma solo relativamente al diritto all’aggiornamento dell’indennità di ausiliaria sicchè in realtà si vorrebbe attribuire al giudicato un significato più ampio di quello che risulta dalla decisione, ma in ogni caso l’avere scelto la strada del ricorso per ottemperanza non può condurre a trascendere quei confini tra le rispettive giurisdizioni che hanno certamente un ancoramento costituzionale inducendo il Giudice amministrativo a decidere in ordine a domande la cui cognizione è riservata alla giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti. In estrema sintesi non può accogliersi la prospettazione avanzata in virtù della quale il Giudice amministrativo verrebbe a dover decidere (almeno sotto il profilo del chiesto annullamento del decreto di pensione) in ordine ad una domanda di integrazione pensionistica sulla quale a suo tempo lo stesso Giudice amministrativo non si è minimamente pronunciato, in chiara contraddizione con i principi vigenti in ordine alla giurisdizione sulle domande di natura pensionistica prima ricordati.

Si deve quindi rigettare il ricorso e dichiarare la giurisdizione della Corte dei Conti.

Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo di cui al dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione della Corte dei Conti. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2018

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