Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24668 del 08/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 08/10/2018, (ud. 13/09/2018, dep. 08/10/2018), n.24668

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26149-2017 proposto da:

T.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI OLMI 62,

presso lo SPIRITO SANTO ASSOCIAZIONE RINNOVAMENTO, rappresentato e

difeso dall’avvocato DONATO VITO SCIANNAMEO;

– ricorrente –

contro

HONDA INDUSTRIALE SPA, M. CICLI DI D. E

A.C. & C SAS;

– intimati –

avverso la sentenza n. 268/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 22/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/09/2018 dal Presidente dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 La Corte d’Appello di Bari, con sentenza 22.3.2017 ha respinto l’impugnazione proposta da T.C. contro la sentenza del locale Tribunale (389/2011) che aveva, a sua volta, respinto la domanda di risoluzione del contratto di vendita di un motociclo difettoso, da lui proposta nei confronti della casa costruttrice (la Honda Industriale spa) e del venditore (E. M. Cicli di D. e A. sas).

Per giungere a tale soluzione la Corte barese, premessa la necessità di una prova rigorosa a carico della parte che non abbia chiesto la verifica della cosa ai sensi dell’art. 1513 c.c., ha rilevato che nel caso di specie le risultanze istruttorie non consentivano di verificare l’integrità del mezzo da parte del consulente nominato perchè la mancata messa a disposizione del motociclo aveva impedito di stabilire se vi fossero stati interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria che potessero averne alterato lo stato.

2 La suddetta sentenza è stata impugnata dal soccombente con ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.

L’Honda Industriale spa e la E. M. Cicli di D. e A. sas non Hanno svolto difese in questa sede.

Il relatore ha proposto il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.

Il ricorrente ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con l’unico motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’omesso e/o insufficiente esame della consulenza tecnica di ufficio quale fatto decisivo e discusso della causa, nonchè la carenza di motivazione: la Corte territoriale si sarebbe limitata a richiamare pedissequamente la sentenza di primo grado, senza valutare criticamente le censure riguardanti proprio la mancata condivisione delle conclusioni peritali, facendo sorgere il dubbio di non avere letto neppure l’elaborato che, invece, aveva accertato il vizio denunziato in citazione e i danni subiti (difetto strutturale della campana della frizione e conseguente caduta per blocco della ruota), restando ininfluente la perizia sul motociclo e la sua documentazione. Richiama poi la mancata contestazione delle convenute (altro fatto decisivo) non esaminato.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Le sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 8053 del 07/04/2014 hanno affermato i seguenti principi:

– l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’artt. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie);

– la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Nel caso in esame, si è fuori da tali ipotesi estreme: i giudici di appello hanno risolto la lite in base al generale principio dell’onere probatorio circa l’addebitabilità dei vizi (evidenziandone il particolare rigore previsto dall’art. 1513 c.c., comma 2, in caso di mancato ricorso allo strumento dell’accertamento tecnico preventivo) e – contrariamente a quanto si assume in ricorso – hanno esaminato l’elaborato peritale valorizzando due dati oggettivi e fattuali, emersi proprio dalla consulenza, cioè la impossibilità di verifica dell’integrità del veicolo in quanto venduto a terzi e la mancata produzione di idonea documentazione ai fini dell’accertamento di eventuali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria che potessero avere alterato lo stato e la condizione originaria del motociclo oggetto di CTU (v. pag. 7 sentenza).

Hanno al riguardo evidenziato l’attività omissiva dell’appellante – attore, il quale non aderì neppure all’invito di indicare il nominativo dell’acquirente (ai fini di un eventuale ordine di esibizione nel giudizio di primo grado).

La ratio decisiva, che il ricorso non mostra di avere colto, sta quindi, non già nell’accertamento della rottura della campana della frizione (con conseguente blocco della ruota posteriore), ma nella impossibilità di stabilire se la condizione originaria di integrità del veicolo potesse essere stata alterata da interventi di manutenzione, mancando la relativa documentazione.

Il fatto storico decisivo (consistente nell’accertare se il mezzo fosse stato sottoposto a regolari tagliandi periodici oppure se l’attività di manutenzione fosse stata eseguita in modo non corretto o se fosse stata addirittura trascurata) è stato dunque esaminato e la motivazione al riguardo è adeguata, anche se orientata in senso opposto alle aspettative della parte ricorrente, la cui critica, anche attraverso la memoria difensiva, si risolve in una alternativa valutazione del materiale istruttorio e precisamente delle risultanze della consulenza tecnica di ufficio (che, come si è detto, i giudici hanno esaminato), sollecitandosi in definitiva una sorta di terzo grado di giudizio attraverso l’esame dell’elaborato peritale e il compimento di nuove valutazioni in fatto attività assolutamente precluse in sede di legittimità.

In conclusione, il ricorso va respinto.

L’assenza di attività difensiva delle altre parti esonera la Corte dal pronunciare sulle spese del giudizio di legittimità.

Considerato che il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato dichiarato improcedibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 – quater del testo unico – della sussistenza dell’obbligo di versamento, a carico del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. l, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2018

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