Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24667 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/10/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 03/10/2019), n.24667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24835-2018 proposto da:

R.M.M., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585, PROCURA GENERALE presso la CORTE

di CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1033/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 15/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

VALITUTTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che: R.M.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 1033/2018, emessa dalla Corte d’appello di Brescia, depositata il 15 giugno 2018, con la quale è stata confermata l’ordinanza del Tribunale di Brescia che ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva;

Considerato che: con il primo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3- il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia inteso riconoscere al medesimo la protezione sussidiaria, pur sussistendo i presupposti di legge per la concessione di tale misura, e senza effettuare alcun accertamento d’ufficio D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8;

Ritenuto che: la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisca un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma. 5, lett. c) (Cass., 05/02/2019, n. 3340), escludendosi, in difetto, anche la necessità per il giudice del merito di operare accertamenti officiosi – peraltro nella specie comunque svolti, come si vedrà in prosieguo – in ordine alla situazione socio-politica del Paese di origine dell’immigrato;

l’accertamento del giudice di merito debba, invero, innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona, sicchè, qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria – con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) – nel Paese di origine, salvo che – ipotesi neppure allegata nella specie – la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass., 27/06/2018, n. 16925; Cass., 12/11/2018, n. 28862);

Rilevato che: nel caso di specie, la Corte territoriale ha, con motivazione ampia ed adeguata, ritenuto del tutto inattendibile – poichè lacunosa e contraddittoria – la versione del fatti resa dal richiedente circa le ragioni che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del medesimo, avendo lo straniero fornito dati diversi in ordine alle proprie generalità, dichiarando perfino di non ricordare la sua data di nascita, risultata dai documenti ufficiali distante di ben sei anni da quella dichiarata, ed in ordine alla esistenza in vita dei due fratelli;

del pari, è risultata del tutto non credibile l’appartenenza alla comunità dei Bihari – fortemente discriminata nel Bangladesh e che versa in condizioni di estrema indigenza – per avere il richiedente dichiarato, nella compilazione del modulo C 3 di appartenere alla diversa etnia sunnita, e per essere il medesimo in possesso del passaporto e finanche della disponibilità di una notevole somma di denaro, che gli aveva consentito di effettuare perfino il viaggio in aereo, circostanze del tutto incompatibili con la presunta appartenenza alla comunità Bihari;

Ritenuto che: per quanto concerne la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, vada rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, e che il relativo accertamento costituisca apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass., 12/12/2018, n. 32064)

Rilevato che: nel caso concreto, la Corte d’appello ha escluso – sulla base dei dati attinti da fonti internazionali aggiornate, riportate nella motivazione della sentenza – che in Bangladesh non è in atto alcun conflitto armato generalizzato, mentre il motivo di ricorso si sostanzia, per contro, in allegazioni del tutto generiche ed in astratte affermazioni di principio;

Considerato che: con il secondo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1908, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto erroneamente insussistenti anche i presupposti per il riconoscimento al medesimo del premesso di soggiorno per ragioni umanitarie;

Ritenuto che: ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria – secondo la disciplina previgente, applicabile ratione temporis (Cass., 19/02/2019, n. 4890) – sia evidente che la attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolge un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, pur partendo dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente (Cass. 4455/2018), la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi;

Rilevato che: nel caso concreto, la Corte territoriale ha accertato che lo straniero non è affetto da patologie gravi o invalidanti, peraltro irrilevanti se non sono – come nella specie – l’effetto della grave violazione dei diritti umani subita dal richiedente nel Paese di provenienza (Cass., 21/12/2016, n. 26641), che è giovane, che non ha alcun radicamento in Italia, e che ha tutta la sua famiglia in Bangladesh, Paese nel quale le criticità non assurgono, peraltro, al livello di un’emergenza umanitaria generalizzata;

a fronte di tali motivati accertamenti in fatto, nel motivo di ricorso il ricorrente si limita ad operare un astratto riferimento ai presupposti giuridici generali della forma di protezione in parola, nonchè una generica allegazione in ordine al pericolo di violazioni del diritti umani, esclusa – come dianzi detto – dalla Corte d’appello, in caso di ritorno in Patria, ed in relazione al quale il ricorrente non è stato, peraltro, ritenuto neppure credibile;

Ritenuto che: per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione degli intimati.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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