Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24665 del 05/11/2020
Cassazione civile sez. VI, 05/11/2020, (ud. 27/10/2020, dep. 05/11/2020), n.24665
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi C.G. – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1090-2019 proposto da:
C.M., G.F.R., C.P.,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 25, presso
lo studio dell’avvocato SILVIA FELICETTI, rappresentati e difesi
dagli avvocati ALESSIO MARIA EMANUELE MANTICA, GIOVANNI GIORGIANNI;
– ricorrenti –
contro
SIRI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato LAURA MANZONI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1360/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 17/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 27/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO
TERRUSI.
Fatto
RILEVATO
che:
la corte d’appello di Milano, con sentenza in data 17-9-2018, accogliendo l’impugnazione incidentale della Siri s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, ha respinto le domande formulate da C.P. e C.M. e da G.F.R. per l’ottenimento delle quote di rispettiva spettanza sulle somme da liquidare, e da acquisire iure proprio, corrispondenti agli utili dell’associazione in partecipazione cessata tra la società e il defunto C.G.;
la corte d’appello ha osservato che gli attori – per quanto eredi di C.G. – avevano esplicitamente agito per l’appunto iure proprio, vantando un preteso e autonomo diritto agli utili e all’avviamento del ramo aziendale in forza della clausola n. 8 del contratto di associazione in partecipazione stipulato tra la società e il predetto C.; mentre la volontà dei contraenti, riferibile alla pattuizione citata, non era stata quella di istituire e riconoscere un autonomo diritto agli eredi, sebbene e solo quella di ribadire che la società avrebbe mantenuto fede ai propri obblighi contrattuali anche in caso di decesso dell’associato, nel cui diritto gli eredi avrebbero potuto subentrare come tali;
per la cassazione della sentenza C.P. e C.M. e G.F.R. hanno proposto ricorso affidato a un’unica doglianza;
la società ha replicato con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
I. – i ricorrenti censurano la sentenza perchè non sarebbe vero “quanto sostenuto dalla corte in ordine alla pretesa dualità della veste iure proprio o iure successionis”; ciò in quanto esse parti avevano agito – si dice testualmente – “in virtù di quanto previsto dalla norma contrattuale sottoscritta dalla stessa Siri s.p.a. e per giunta dalla medesima proposta”;
dopodichè tale affermazione è nel ricorso sviluppata in correlazione con quanto ritenuto dal giudice di primo grado;
II. – in tema di ricorso per cassazione, l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate non costituisce un requisito formale autonomo e imprescindibile del ricorso medesimo, ma è comunque funzionale a chiarirne il contenuto e a identificare i limiti della censura formulata, sicchè la relativa omissione comporta l’inammissibilità della doglianza se gli argomenti addotti dal ricorrente non consentano di individuare le norme e i principi di diritto asseritamente trasgrediti, precludendo la delimitazione delle questioni sollevate (v. Cass. n. 21819-17, Cass. n. 25044-13);
III. – ciò è quanto accade nella fattispecie: la doglianza dei ricorrenti risulta difatti formulata senza indicazione veruna, in modo tale che risulta impossibile cogliere quale sia l’errore di diritto (se di natura sostanziale o processuale, ovvero se di ordine motivazionale, nei limiti in cui un corrispondente vizio è ancora denunziabile in cassazione) imputato alla sentenza d’appello;
IV. – le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese processuali, che liquida in Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00, per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020