Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24662 del 05/11/2020
Cassazione civile sez. VI, 05/11/2020, (ud. 27/10/2020, dep. 05/11/2020), n.24662
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi C.G. – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 33555-2018 proposto da:
C.L.I., M.V.A., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 54, presso lo studio
dell’avvocato GIANFRANCO GRAZIADEI, rappresentati e difesi
dall’avvocato FRANCO DE LAURENTIIS;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS), in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 807/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 01/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 27/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO
TERRUSI.
Fatto
RILEVATO
che:
M.V.A. e C.L.I., soci della Nuova Di.Ca. Import Export s.r.l. (cancellata dal registro delle imprese) ricorrono per cassazione contro la sentenza della corte d’appello di Lecce che ha confermato quella di primo grado che aveva accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla società nei confronti del Ministero dell’economa e delle finanze, a titolo di restituzione di prelievi agricoli per operazioni di esportazione di merce verso l’Albania;
il Ministero ha depositato un atto di asserita costituzione per l’eventuale partecipazione all’udienza pubblica di discussione.
Diritto
CONSIDERATO
che:
I. – la corte d’appello ha negato il fondamento della pretesa creditoria per ragioni di prova;
in particolare ha ritenuto che dall’istruttoria svolta in primo grado fosse emerso che la società non aveva realmente effettuato le esportazioni poste a base della domanda in monitorio, atteso che l’esportazione aveva in effetti riguardato un quantitativo di merce inferiore al dichiarato in sede di destinazione;
II. – i ricorrenti denunziano nell’ordine:
(i) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., poichè le esportazioni verso l’Albania si erano perfezionate dal punto di vista formale tramite presentazione delle apposite dichiarazioni doganali, dopo l’accettazione in dogana delle bollette di esportazione regolarmente vistate in base alla normativa comunitaria;
(ii) la violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., essendo state allegati in giudizio i titoli di esportazione, le bolle e le accluse fatture dei beni viaggianti, tutte vistate da funzionari tributari;
(iii) la violazione o falsa applicazione del Regolamento 87/3665-CE, poichè i presupposti per la restituzione dovevano ritenersi incentrati sulla accettazione della dichiarazione di esportazione e sul fatto che la merce avesse lasciato il territorio doganale senza subire lavorazioni e fosse stata immessa in consumo presso il paese terzo;
(iv) l’omesso esame delle prove documentali decisive per il giudizio afferente, integrate dalle decisioni del giudice tributario e di quello penale;
III. – il ricorso, i cui motivi possono essere unitariamente esaminati per connessione, è inammissibile, in quanto tutte le censure si infrangono contro l’accertamento di fatto, dalla corte territoriale motivato con riferimenti alle prove orali assunte;
in base a tale accertamento la merce, rispetto alla quale era stata chiesta la restituzione dei diritti, non era stata realmente esportata nel paese terzo, a onta delle risultanze documentali sulle quali i ricorrenti ancora insistono;
di tale valutazione i ricorrenti tentano di sovvertire l’esito mediante riferimento alla regolarità formale dei documenti doganali e alle diverse sentenze del giudice tributario;
il riferimento a niente serve, non essendo il giudice civile condizionato, nel suo libero convincimento, nè dalla dianzi ripetuta regolarità formale nè dalla valutazione dei profili fiscali inerenti al versamento dell’Iva sui prodotti;
IV. – a fronte ben vero di quanto dedotto nel quarto motivo, deve osservarsi che l’omesso esame di elementi istruttori (nella specie documentali) non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice (Cass. Sez. U n. 8053-14); e la corte d’appello ha considerato tutti i fatti dedotti, ivi compreso l’esito dei giudizi menzionati nel ricorso;
ne segue che da ogni punto di vista il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020