Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24659 del 22/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/11/2011, (ud. 14/10/2011, dep. 22/11/2011), n.24659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 14704-2010 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS) in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta procura speciale ad litem a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2962/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

10.4.08, depositata il 21/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO CURZIO;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. VELARDI

Maurizio.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Poste italiane chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 2 maggio 2009, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello di R.A., ed ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto a tempo determinato stipulato tra le parti con decorrenza 1 giugno 2001 e scadenza 30 settembre 2001 per esigenze tecniche organizzative e produttive anche di carattere straordinario ai sensi dell’art. 25 del CCNL sottoscritto da Poste italiane e sindacati il giorno 11 gennaio 2001.

La Corte di merito ha ritenuto che il contratto fosse nullo per violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, trascurando di considerare che tale normativa, con la disposizione transitoria dettata dall’art. 11, ha fatto salva la disciplina dettata dalla contrattazione collettiva, il che ha comportato il mantenimento dell’efficacia delle clausole contenute nell’art. 25 del suddetto c.c.n.l., stipulate ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23.

Lo specifico contratto a termine, essendo stato stipulato il 1 giugno 2001, è soggetto a tale disciplina contrattuale collettiva (che aveva scadenza 31 dicembre 2001). La disciplina normativa di riferimento, quindi, non è quella indicata dalla Corte d’appello ma quella previgente, come questa Corte ha affermato in numerose sentenze (da ultimo, a contrario, Sez. L, Sentenza n. 16424 del 13/07/2010 (Rv. 614987) “In materia di assunzioni a termine del personale postale, l’art. 74, comma 1, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001 del personale non dirigente di Poste italiane s.p.a. stabilisce il 31 dicembre 2001 quale data di scadenza dell’accordo. Ne consegue che i contratti a termine stipulati successivamente a tale data non possono rientrare nella disciplina transitoria prevista dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11 – che aveva previsto il mantenimento dell’efficacia delle clausole contenute nell’art. 25 del suddetto c.c.n.l., stipulate ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 – e sono interamente soggetti al nuovo regime normativo, senza che possa invocarsi l’ultrattività delle pregresse disposizioni per il periodo di vacanza contrattuale collettiva, ponendosi tale soluzione in contrasto con il principio secondo il quale i contratti collettivi di diritto comune operano esclusivamente entro l’ambito temporale concordato dalle parti”).

Pertanto, il contratto a termine è legittimo e il ricorso di Poste deve essere accolto. La causa deve essere decisa nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti. La legittimità dell’apposizione del termine comporta il rigetto della domanda e la conseguente condanna del ricorrente R. alla rifusione alla controparte delle spese dell’intero giudizio liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Condanna R.A. alla rifusione alla controparte delle spese dei giudizi, che liquida, per il primo grado in Euro 563,00 di cui 113 per diritti e 420 per onorari; per il secondo grado in Euro 778,00, di cui 113 per diritti e 635 per onorari e per il giudizio di cassazione in Euro 165,00, oltre 20,00 per esborsi, oltre accessori per ciascuno dei giudizi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2011

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